lunedì 15 settembre 2014

Sulle orme del gigante

"...Come away, oh human child!/ To the waters and the wild/ With a fairy, hand in hand./
For the world's more full of weeping/ Than you can understand." (The Stolen Child, W.B.Yeats)
"...Vieni via, o bambino umano!/ Verso le acque e le lande selvagge / Mano nella mano con una fata. / Perché al mondo ci sono molte più lacrime / Di quanto tu possa mai comprendere." (Il bambino rapito, W.B. Yeats)
Dopo aver ammirato l'umile bellezza di Dublino, il richiamo delle "acque" e delle "lande selvagge" è diventato troppo forte per essere ignorato.
Prima mi conduce nel vicino porto di Howth, paesino di pescatori  flagellato dal vento salmastro, dove le lucide testoline color piombo delle foche affiorano di tanto in tanto dall'acqua e scivolano via in un attimo verso il faro.
Poi mi persuade ad avventurarmi sulle ventose Wicklow Mountains, con le loro gelide brughiere assediate dalla bruma. Là dove osano solo le pecore, e domina ovunque il viola dell'erica e il giallo dell'erba di S.Giacomo. Da lì mi addentro per i pendii boscosi della valle di Glendalough, tra querce, betulle e noccioli secolari, drappeggiati di scialli di muschio, e cespugli di more e mirtilli selvatici avvolti da una nebbiolina argentata. Suggestionabile come sono, il gorgogliare dei ruscelli e il fruscio delle foglie mi spingono più di una volta a girarmi di scatto, credendo di trovare gli occhietti di un folletto o di una fata a spiarmi tra i rovi. La nostra guida, d'altronde, una donna di mezza età di nome Tallula, prima di scendere dal pullman mi ha messo addosso una certa ansia: "Il percorso è accidentato e lungo, perciò fate attenzione a non perdervi. Venite con me, state con me, tornate con me. Finché resteremo insieme non vi accadrà nulla di male. Non staccatevi dal gruppo. Venite con me, state con me, tornate con me. Se doveste smarrirvi saremmo costretti a lasciarvi qui. Sono certa che non vorrete trascorrere la notte da soli nella più completa oscurità. Perciò, venite con me, state con me, tornate con me." La donna, in realtà, parla con un forte accento del Sud di Dublino, il che la porta a sostituire ogni "t" col suono "sh", perciò sarebbe più corretto riportare in questo modo il suo ansiogeno mantra: "Venishe con me, stashe con me, shornashe con me." Forse teme davvero che chi dovesse rimanere in coda al gruppo possa essere fatalmente attratto dalle voci insidiose della foresta.
Oltre le acque grigie dei laghi, svetta quella che sembrerebbe la torre di Raperonzolo, ma in realtà è il campanile rotondo del monastero di San Kevin, dove i fuchsia oscillano come campanelle tra le lapidi sbilenche e coperte di licheni. Una ragazza dell'Est-Europa, con una dentatura cavallina, abbraccia appassionatamente una croce celtica. Tallula ci assicura che non lo fa per dar sfogo alla sua ardente devozione: secondo la tradizione, se si riesce a toccarsi le punte delle dita abbracciando una croce ci si sposerà entro l'anno. Infatti un bel ragazzo alto e biondo la guarda con un'espressione infinitamente dolce. Non mi capitava di vedere una scena ambientata in un camposanto che fosse così romantica dai tempi de La famiglia Addams.


Il cimitero e la Round Tower del monastero di San Kevin a Glendalough.
 
Le brughiere del Sally Gap, nelle Wicklow Mountains. Sì, so che non si vede
nulla, ma non è affascinante proprio per questo? Sembra che da quella nebbia possa
emergere di tutto... una banshee o magari un pùca! La prima è uno spirito
femminile che, se appare ad un irlandese, preannuncia col suo grido agghiacciante
l'imminente morte di un familiare. Ognuna di loro serve un solo clan (quelli
più nobili, con i cognomi che iniziano per "Mac" o "O'"), mentre un coro di
banshee presagisce la morte di un personaggio importante, come un re o un santo.
A differenza degli allegri  e servizievoli Lepricauni di verde vestiti, i pùca sono
folletti spaventosi e mutevoli, tanto per l'aspetto che per l'attitudine: possono
apparire nelle sembianze di un caprone o di un cavallo nero, e, per quanto alle volte
 possano rivelarsi benigni, sono per lo più dispettosi, se non proprio malvagi.
In genere si mostrano agli umani nel mese di novembre, divertendosi a terrorizzare
i viandanti.

Il rientro a Dublino è solo una breve sosta prima della levataccia per la prossima, remota destinazione: il Selciato del Gigante (Giant's Causeway), nell'Ulster. Colui che ci guiderà in questa seconda avventura, un uomo che chiameremo convenzionalmente Seamus (dato che non ho capito il nome), parla una lingua che inizialmente ho riconosciuto come gaelico. In realtà è semplicemente inglese, ma non mi riesce di capire alcunché di quello che dice, forse per l'incomprensibile accento nord-irlandese, o magari per via di quella sua voce bassa e sexy - neanche stesse sussurrando sconcezze all'orecchio della fidanzata - che fa di lui un possibile, promettente acquisto per l'industria della cinematografia erotica ma un pessimo cicerone.
Lo spettacolo che scorre al di là del finestrino, però, parla da solo. Da un lato del finestrino, la verdeggiante Causeway Coast si getta sul mare argenteo, tra le cui onde, vicino alla riva ciottolosa, mi sembra di distinguere un volto umano: una visione, durata nemmeno un secondo, che l'angolo medioevale della mia mente registra subito, ovviamente, come l'avvistamento di una sirena.
Dall' altro lato, invece, si inseguono colline e prati verde brillante, dove sgambettano frotte di pecorelle fresche di tosatura. E innumerevoli agnellini. Dolcissimi agnellini ovunque: belli come appena usciti dalle illustrazioni naif di un libro di catechismo.

Le sirene delle isole britanniche. Le selkie, originarie dei mari scozzesi, ma presenti anche nelle 
leggende irlandesi, islandesi e faroesi, finché restano in acqua hanno l'aspetto di comuni foche,
ma possono liberarsi della pelle e approdare a riva nelle sembianze di bellissime fanciulle. Se un
uomo riesce a rubargliela, però, la selkie sarà costretta a vivere sulla terra e sposarlo.
La sirena, tuttavia, continuerà a guardare con nostalgia l'oceano e, qualora un giorno dovesse ritrovare
la sua pelle di foca, vi farà immediatamente ritorno, abbandonando senza alcuno scrupolo marito
e figli. Similmente, se si ruba il cappello rosso di una sirena irlandese, detta merrow, potrà vivere
sulla terra e camminare su due gambe umane. Le merrow, però, data la proverbiale bruttezza
dei maschi merrow, sono decisamente più inclini delle loro cugine selkie a flirtare con gli
avvenenti pescatori, sebbene le loro avventure abbiano spesso esiti tragici, come racconta
W.B. Yeats: “A mermaid found a swimming lad,/Picked him up for her own,/Pressed her
body to his body,/Laughed; and plunging down/Forgot in cruel happiness/That even lovers drown.”
(Una sirena trovò un ragazzo che nuotava,/Lo prese con sé,/Strinse il suo corpo al suo corpo,/
Rise, e tuffandosi giù negli abissi,/Presa da crudele felicità, dimenticò/Che anche gli amanti
possono annegare.")
Mentre la pioggerellina cede il posto al sole, anche la parlata di Seamus sembra rischiararsi, per quanto solo a sprazzi. Ci indica al microfono un'altura che scompare subito dopo dietro una curva: si dice che se un albero cresce solitario al centro di un campo è perché abitato dalle fate, dunque non va abbattuto per nessun motivo, sempre che non si voglia subire la loro terribile vendetta.
Poco più in là si delinea il profilo di Cavehill, la collina dal volto umano che ispirò a Jonathan Swift le peripezie di Gulliver, prima imprigionato dai Lillipuziani, poi sballottolato dai giganti di Brobdingnag, quindi issato sull'isola fluttuante di Laputa e infine approdato sull'isola degli Houyhnhnms, cavalli parlanti dotati di straordinaria intelligenza e saggezza, al contrario dei selvaggi e incolti Yahoo, che di umano hanno solo l'aspetto. Ho sempre trovato estremamente inquietante il finale dei satirici viaggi di Gulliver: tornato a casa, può finalmente riabbracciare moglie e figli, ma scopre di non riuscire più a sopportare il loro odore, che gli ricorda terribilmente quello degli yahoo, tanto da scegliere di dormire nella stalla.
Intanto, mentre proseguiamo verso nord, rifletto sulla curiosa toponomastica irlandese, che, attingendo più volentieri al gaelico che all'inglese, suona sempre alquanto esotica. Nel corso del viaggio mi sono appuntato i nomi più simpatici. Per il momento, i miei preferiti sono Lisnagunogue, Drumcondra, Carrigaline e Annamoe. Potrebbero benissimo essere terre fantastiche come quelle visitate da Gulliver, magari confinanti con Brobdingnag.
A proposito di nomi strani e mirabolanti avventure, la prima sosta è il Carrick-a-rede, il vertiginoso ponte di corda sospeso sul mare. Una volta portato a termine il traballante attraversamento, la pelliccia erbosa dell'isolotto, pettinata dal vento, è così morbida che sembra di camminare sul dorso di un enorme essere vivente: viene quasi da fargli un grattino.



La vista dal Carrick-a-rede.
 Poco dopo si arriva finalmente alla tappa che attendevo con più trepidazione: il Selciato del Gigante, bizzarra architettura naturale composta da colonne di basalto dalla forma perfettamente geometrica, per lo più esagonale. Questo luogo così singolare è associato a Finn McCool (o meglio, Fionn mac Cumhall), leggendario guerriero e veggente, che, come molti personaggi della mitologia celtica, ha subito nel corso della storia un curioso ridimensionamento: con l'avvento del Cristianesimo, gli antichi dèi pagani si sono rimpiccioliti nell'immaginario collettivo fino a trasformarsi in fate e folletti, mentre gli eroi hanno acquisito proporzioni gigantesche. Così sarebbe stato Finn McCool, forte della sua imponente stazza, a costruire il Selciato del Gigante per raggiungere a piedi la Scozia e affrontare il suo altrettanto gigantesco rivale, Benandonner. Visto da vicino, però, il gigante scozzese risultò molto più grande di quanto Finn avesse previsto, così, dietro suggerimento di sua moglie, si travestì da infante. Una volta raggiunta la costa irlandese, di fronte alle proporzioni del "bambino", Benandonner non ebbe alcuna voglia di incontrarne il padre e se ne tornò in fretta in Scozia.
Malgrado questo inganno, a Finn non mancò l'esperienza della paternità: suo figlio Oisin (o Ossian), guerriero e poeta, è il protagonista di una struggente leggenda che mi è stata raccontata con grande pathos dalla saltellante cantastorie del Museo dei Lepricani di Dublino. Partorito quando sua madre, vittima dell'incantesimo di uno stregone malvagio, era ancora una cerva, Oisin ("cerbiatto") si unì alla Fianna, gruppo di valorosi guerrieri capeggiato da suo padre Finn. Una notte, mentre il ragazzo si allenava nel bosco, incontrò una bellissima dama a cavallo, la fata Niamh dai Capelli d'Oro, che, innamoratasi di lui, lo portò con sé nel regno di cui era principessa, Tir na n-Og ("La Terra della Giovinezza"), i cui abitanti non conoscono né la vecchiaia né la morte. I due amanti vissero insieme felici, ma dopo tre anni Oisin cominciò a sentire la mancanza di suo padre e chiese a Niamh di potergli fare visita, anche solo per poco tempo. La fata, sebbene preoccupata, accettò di prestargli il suo cavallo, Embarr, capace di galoppare a gran velocità senza toccare terra, ma lo avvertì di non smontare mai dal destriero, o un'orribile sciagura sarebbe caduta su di lui. Oisin, dopo averle assicurato che sarebbe stato attento e che avrebbe fatto presto ritorno a Tir na n-Og, salì in groppa al cavallo fatato e tornò in un lampo nel luogo esatto da cui era partito, che però gli apparve molto cambiato. Raggiunto un villaggio, chiese di suo padre Finn e dei guerrieri della Fianna, ma nessuno seppe dirgli nulla. Solo un vecchio ricordava di aver sentito parlare di Finn McCool da suo padre, che a sua volta aveva udito delle sue eroiche imprese da suo nonno. Oisin apprese così che per ogni anno trascorso a Tir na n-Og, in Irlanda ne erano passati cento, e dunque tutti i suoi cari erano morti ormai da tempo. Terribilmente afflitto, si volse indietro, ma durante il tragitto si fermò ad aiutare un uomo che, per quanto si sforzasse, non riusciva a issare una pietra su un carro. Questo atto di altruismo, però, gli costò caro: mentre cercava di sollevare il masso le redini si spezzarono e Oisin cadde da cavallo. Nel momento stesso in cui il suo corpo toccò terra, tutti i trecento anni trascorsi piombarono su di lui, facendone un vecchio ormai in fin di vita. Riuscì a sopravvivere appena in tempo per essere battezzato da San Patrizio, poi esalò l'ultimo respiro. Niamh, non vedendolo arrivare, si mise alla sua ricerca, ma quando lo trovò era ormai troppo tardi.

Le rocce "a nido dape" del Selciato del Gigante.


Smarrito nelle mie fantasie, mentre saltello malfermo sulle rocce del Selciato, perdo anch'io la cognizione del tempo e ritorno al pullman con sensibile ritardo. Il risultato è un'incomprensibile lavata di capo da Seamus. Gli irlandesi, così come gli inglesi d'altronde, hanno un modo davvero grazioso di perdere le staffe. Non si sognano nemmeno di urlare: la voce si riduce a un falsetto, mentre il viso raggiunge una tonalità color pulce. Poi, in genere, riprendono il sorriso in breve tempo, con la facilità con cui il sole si affaccia tra gli intervalli di pioggia.
Sulle note acute di questa ramanzina si conclude la mia visita dell'Isola di Smeraldo. Sperando in cuor mio che i sette giorni trascorsi in Irlanda equivalgano a settecento anni in Italia e che quindi la mia facoltà sia ormai ridotta ad un cumulo di rovine, mi abbandono sullo schienale, cercando a fatica di ignorare la famiglia allargata che occupa metà dell'aereo. E dico "allargata" non solo per il numero - a mio giudizio, eccessivo - dei suoi membri, ma anche per la loro tendenza ad allargarsi troppo in termini di buona educazione. "Che caldo che fa qua! Ma perché non accendono l'aria condizionata? Che aspettiamo a partire? Chiedi a quella! Quant'è brutta! Mai hai visto che brutta l'hostess?! Sembra quella là... quella della famiglia Addams... Mortimer? Ah, sì, Morticia! Ma tu l'hai visto quel video? Quel video dell'aereo? Quello in cui non si apre bene il carrello e il pilota fa un atterraggio assurdo? Che ha detto? Ah, è tutto a posto? Cos'è che ha detto? Io non sento nessun odore strano! Ah, dice che è normale? C'era un problema al condizionatore allora... ecco perché non partiamo! E' tutto okay quindi? Sicuri? Signorina, partiamo? Sì, stiamo decollando, non lo senti il motore? Madonna, guarda che spettacolo le nuvole! Cos'è che dice quello all'altoparlante? Oh, ma qua stiamo andando in Italia, parlate italiano!! Se atterra bene però glielo faccio l'applauso. Magari lo facessero a me un applauso, quando finisco di lavorare...!" e così via. Un interminabile flusso di coscienza joyciano per tutte la durata del volo.
Nel frattempo, per quanto l'hostess identica ad Anjelica Houston mi abbia rassicurato, l'odore strano che pervade la cabina continua ad inquietarmi. Non riesco a definire di cosa si tratti, ma è alquanto sgradevole. Mi rifugio in bagno e lo scarico verde smeraldo, vorticando come una pozione nel calderone, emana un aerosol di disinfettante. Quando torno al mio posto, però, l'odore c'è ancora. Dietro di me sento ancora risatine infantili e gente che si sporge sul corridoio per chiamare le assistenti di volo con grida sguaiate: "HOSTESS!!!"
Adesso capisco cos'è questo odore: è puzza di yahoo.

8 commenti:

  1. Niamh!!!! È stata la mia mentore dublinese all'archivio, ora ha lasciato l'archeologia per dedicarsi all'insegnamento. È un nome molto comune per le irlandesi, anche se la storia l'ho scoperta dopo grazie ad un'illustrazione, prima di conoscere la mia Niamh pensavo che fosse indiana.. Pensa un po'! Bellissimo viaggio comunque è bellissime sirene ;-)

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    1. Si pronuncia "niav"? :) Immagino non abbia i "Capelli d'Oro" se l'hai scambiata per indiana! :D
      Comunque, grazie! Come avrai notato ho il pallino del folklore e della mitologia, era da un po' che volevo mettermi d'impegno con un'illustrazione. Le sirene mi hanno tenuto occupato un giorno e mezzo, perciò sono contento che ti piacciano! :)
      Avrei voluto pubblicare più foto, ma il cielo coperto fa troppo riflesso e ha finito per rovinarne un bel po' :(

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    2. Ha i capelli neri, ma pensavo fosse indiana prima di conoscerla, quando ho letto per la prima volta il suo nome, e dato che di cognome non fa O'Brien non potevo immaginare fosse irlandese.
      Fanne di più di questi disegni, le storie mitologiche sono sempre belle! :-D

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    3. Sarebbe bello bissare una collaborazione come quella degli dei vudù! *-*

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    4. Non volevo proportelo perché li hai già fatti tu i disegni! ;-D
      Ora ho una crisi stilistica.

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    5. Io ne ho fatto solo uno dei tanti possibili e poi la tua interpretazione sarebbe sicuramente diversa... oltre al fatto che riesci a dipingere un capolavoro in cinque minuti (tipo la tua cover la pagina fb de Il Tè) *-*

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  2. Da dove cominciare i complimenti? foto, scrittura, disegni...? *-*
    Le sirene sono bellissime, mi mancavano i tuoi disegni romantici...a scuola ne facevi uno al giorno nelle ore di matematica *-*
    Per il resto....mh, come posso dirti in modo diverso dal solito che scrivi troppo bene? Verrai a raccontare queste storie ai miei figli Raffy? *-*
    L'ultima storia, quella di Oisin è proprio struggente, penso che anche io avrei fatto tardi al pullman ...<3

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    1. Aspetta, ma quelle erano ore di matematica? Ecco perché ve ne stavate a scribacchiare numeri tutto il tempo! o_o
      Comunque grazie, bobo, certo che racconterò queste storie ai tuoi figli! Se vuoi inizio da Ciccio, anche se temo sia un pubblico difficile :P
      :* <3

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