mercoledì 30 aprile 2014

Pubblicità insopportabili #32 - Gli aperitipi

Se la guardi, dicono, l'acqua non bolle. Cracco, con quel suo sguardo
 da tenebroso, la fa evaporare.
Adesso ci vogliono far credere che anche gli chef stellati come Carlo Cracco scrocchiano patatine. Crick, Crock, Cracco. Non si stancano mai di farci sentire in colpa per la nostra scorta di tonno in scatola e passano la vita a vantarsi di cucinare solo tragopani di Temminck cacciati da loro, spennati ed eviscerati con le loro mani, conditi con fellandrio e pelargonio coltivati da loro, cotti in pentole d'oro forgiate da loro, su un fuoco che loro stessi hanno rubato agli dèi per il bene dell'umanità... e poi li vedi in televisione che cercano di far passare per alta cucina una patatina di produzione industriale. O una sfoglia pronta. Volete che muoramo?


Cracco ci schiaffa praticamente di tutto su quel misero petalo di tubero fritto: alici, pepe rosa, caviale di limone, alghe croccanti. Il miglior modo per rovinare una patatina. Poi pontifica, con quel broncio sexy da bracco che si è fatto scappare un fagiano: "Perché in cucina ci vuole audacia."
Lungi da ma correggere un cuoco di fama internazionale, ma io ci aggiungerei anche un pizzico di coerenza q.b.
Poi, mi chiedo... porca bottarga, ma che cappero è il caviale di limone? Okay, un goccio di limone ci scappa sempre sul pesce, ma che uno storione possa fecondare un agrume non avrei mai potuto sospettarlo. Dove lo vado a pescare io adesso un caviale di limone? Dal fruttivendolo o al mercato ittico? Cresce sugli alberi... delle navi?
Vedi un po' tu se per gustarci un pacco di rustiche dobbiamo andare a cercare chissà dove un frutto che sembra inventato da Lewis Carroll.
E' deprimente come la crème de la crème della haute cuisine sia disposta a vendersi senza esitazioni nel patetico tentativo di dare una rimestata ormonale a qualche telespettatrice.
E a proposito di gente che si vende, è tornato anche Rocco Siffredi, questa volta accompagnato da una Ornella Muti abilmente ricostruita al computer. Il doppio senso è quello squallido di sempre. Roba da ammutolire dalla vergogna. Si sa, le Pubblicità insopportabili sono come le patatine: una tira l'altra.


Ora però persino divi di Hollywood si scomodano a volare fin qui per fare i cascamorti con sospiranti casalinghe che sembrano uscite dagli anni cinquanta, madri di famiglia in libera uscita e graziate per qualche minuto dall'allevamento della prole e dalle pulizie di casa. Ma se chiedi a Kevin Costner perché sia approdato sulla Costiera Amalfitana, ti risponderà che è per gustarsi la buona cucina italiana. Sì, il tonno in scatola.



Una curiosità: la torre saracena che domina il golfo è stata sostituita, grazie agli effetti speciali, da un faro. Non si è capito bene perché, forse perché ha una forma più sexy. O forse perché fa tanto Nicholas Sparks. In ogni caso è stato un boccone amaro che i cittadini di Amalfi non hanno mandato giù.
Come se non bastasse, "So good" è pure una schifezza di slogan.


Ricapitolando. Le patatine? Ci sono. E anche di due diversi tipi.
Il tonno per le tartine? C'è.
All'aperitivo, ci pensa il Biondo con l'analcolico che fa impazzire il mondo, per la spritzante gioia di un target anagrafico leggermente più basso. Con quel naso rubato a un moai dell'Isola di Pasqua e quel tetto di paglia che gli fa sembrare la testa un bungalow o una palafitta polinesiana, Owen Wilson suscita in me un odio profondo da quella volta che andai al cinema per guardare Marie Antoinettesenza sapere che era stato rimosso anzitempo dalla programmazione, e mi costrinsero sciaguratamente a entrare nella sala dove proiettavano Tu, io e Dupree, anche conosciuto come Tu, io e due palle (un film più che comico comatoso, talmente noioso, scontato e soporifero da indurmi alla Danza della Disperazione, una cosa che faccio sempre quando la pellicola che sto guardando mi ferisce nel profondo dell'animo: mi contorco sulla poltrona ed emetto flebili, strazianti guaiti.)
Almeno però Owen ci ha rispedito nella jungla lo storico scimmione. Sapete quanto io detesti le pubblicità esopiche!
Comunque, dopo l'happy-hour, che fate, non vi concedete due salti in discoteca? O forse siete tipe da balera? In ogni caso, per la colazione dopo la notte di baldoria, cornetti caldi da Banderas!
Dal fighetto sofisticato al latin lover incravattato, financo al rustico paesano: ci sono sex-symbol senescenti per tutti i gusti. A pranzo, colazione, aperitivo e cena.

giovedì 17 aprile 2014

Pubblicità insopportabili #31 - Allarme rosso!

"Arrendersi sempre, crederci mai!"... o forse era il contrario?
E' nata una nuova Gorgone, che pietrifica qualunque spettatore si soffermi incautamente davanti al televisore acceso. Parlo, naturalmente, della bellicosa Simona Ventura, che guida fiera la marcia di Pittarosso, una campagna militar-pubblicitaria che ha fatto arrossire di vergogna l'Italia intiera. Per calpestare così la propria dignità, per farsi mercenaria di tale ingloriosa causa, viene da pensare che la presentatrice abbia il conto in rosso. Anzi, ci sarebbe quasi da sperarlo.
Le diverse interpretazioni si accavallano l'una sull'altra, fazioni opposte di pensatori si danno guerra tra loro, armati delle loro convinzioni: c'è chi spiega i fiumi di porpora che scaturiscono dai piedi della Ventura come un'allusione al ciclo mestruale, e chi vede in SuperSimo un nuovo Garibaldi a comando delle camicie rosse. Alcuni teorizzano una ribellione neo-ghibellina contro la gigioneria papale, altri un'improbabile conversione di Simona al marxismo.


Guardando quelle scarpe scarlatte si potrebbe anche immaginare un prequel low-cost de Il Mago di Oz, in cui la perfida Strega dell'Est tiranneggia i Munchkin prima che la casa di Dorothy le si schianti sulla testa. Per i più, però, questo spot rimane una visione infernale, un rituale satanico con Simonessa nelle candide vesti di gran sacerdotessa, colta nell'atto di imbrattare di sangue tutta Lodi.
Ma quale che sia l'esegesi corretta, sarà impossibile lavare via dalla memoria collettiva queste immagini, come sarà impossibile dimenticare la malferma coreografia: ho visto vigili urbani e assistenti di volo Ryanair muoversi con più grazia e convinzione. Posso sentire distintamente lo scricchiolio delle articolazioni in legno di ciliegio ad ogni movimento di Simona, per quanto starnazzi a pieni polmoni il più imbarazzante inno mai concepito da un pubblicitario. Riporto qui di seguito le ferventi parole di questo peana, dovutamente annotate:

Pit-ta-rosso!
Pit-ta-rosso!
Scarpe a più non posso!
Ve lo dice...
...la Simona...
...in rosso!
1Pit-ta-rosso!
Pit-ta-rosso!
Pittarello diventa
2Pit-ta-rosso!
Pit-ta-rosso!
Scarpe a più non posso!


1 Più di un commentatore ha osservato la contraddizione tra il presente verso e il vestito bianco ottico indossato dalla presentatrice, che tra l'altro la ingrassa in modo impietoso.
2 E' opinione condivisa che l'anonimo poeta si sia ispirato alla formula impiegata dai Digimon per digievolvere: "Agumon digievolve... Greymon!"

venerdì 11 aprile 2014

Un biglietto per "The Grand Budapest Hotel" e una suite, per favore

Non avrei mai potuto spendere meglio i cinque klubek e cinquanta centesimi del biglietto.
Pochi luoghi a questo mondo sono più affascinanti degli hotel: le stanze e i corridoi di moquette sono sempre pressoché gli stessi, ma ogni giorno animati da storie e personaggi diversi. In quanto a bizzarri figuri, però, anche i cinema multisala non sono da meno. Anny ed io non abbiamo neanche dovuto sforzarci di consultare il biglietto per sapere in quale sala proiettassero The Grand Budapest Hotel. Dopo esserci scambiati uno sguardo d'intesa, ci è bastato seguire una coppia di hipster: un tizio barbuto dall'aria ennuyé e la sua ragazza, con un foulard a fantasia tenuto fermo sulla testa da una lucente spilla d'oro a mo' di ingarbugliato turbante, le labbra rosso lacca e ticchettanti kitten heels retrò. Per sembrare una delle attempate aristocratiche ospiti del Grand Budapest le mancava solo una panache sulla testa.
Panache è una parola francese che allude a un comportamento eccentrico e a un avventato coraggio, ma letteralmente significa "piuma", come quella portata sul cappello dal godereccio, cinico ma amatissimo re francese Enrico IV, il cui motto era: "Seguite la mia piuma!" Cyrano de Bergerac, poi, lo spericolato spadaccino e poeta dal naso leggendario nato dalla piuma di Rostand, dedica al suo pennacchio le sue ultime parole: "Eppure, c'è qualcosa che sarà sempre mio, e quando sarò in presenza di Dio, lì la toglierò e spazzerò il pavimento celeste con un gesto: da questo mondo porterò con me qualcosa che è ancora senza macchia... la mia panache!"
E non può essere un caso che l'eau de parfum di cui il protagonista del film non può fare a meno si chiami Air de Panache. Entrambi i sopraccitati personaggi potrebbero essere ideali antenati di Monsieur Gustave H., concierge di delicata, quasi effeminata eleganza e maniacale cura del dettaglio, galante consolatore di vecchie e facoltose pensionanti e infine poeta romantico un po' svampito. Col suo ardore e la donchisciottesca amicizia per il garzoncello mediorientale Zero Moustafa, Monsieur Gustave dimostra che c'è ancora una "scintilla di civiltà in questo barbarico mattatoio un tempo chiamato umanità. Invero quello che abbiamo da offrire nella nostra modesta, umile, insignificante... oh, fanculo."

L'ascesa di Ralph: da Un amore a 5 stelle a The Grand Budapest Hotel.
Forse Jennifer Lopez come partner era solo un tantino più carina...
Gustave (un sublime Ralph Fiennes), si presenta prima di tutto come l'affascinante genius loci di quella barocca casa di bambole che è il Grand Budapest. Dal rosa pastello dell'albergo alle divise viola del personale, Wes Anderson tinge le sue simmetriche inquadrature con i colori della Parigi dell'Est (e su questi ci sarebbe da scrivere un post intero - ah, no, un momento, l'ho già fatto qui) e anche lo stesso hotel si rifà senza dubbio al Géllert, la storica spa della capitale ungherese. Ma l'ambientazione termale non deve trarre in inganno: non c'è tempo per il relax o la noia. L'omicidio della miliardaria ottuagenaria Céline Villeneuve Desgoffe und Taxis innesca il perfetto meccanismo ad orologeria di questo film, un assurdo ma precisissimo carillon in cui stravaganti personaggi si muovono, scivolano, si arrampicano, saltano, scappano e si inseguono sul fondale alpino della fantomatica Repubblica di Zabrowka, chiaramente ispirata al vecchio Impero Austro-Ungarico.
Giallo, fiaba, fantapolitica, humour inglese, racconto picaresco e di formazione, insieme a qualche tocco di grand-guignol, si uniscono per lasciare in eredità al pubblico un messaggio pacifista e un invito ad abbattere ogni barriera, della geografia reale e no (temi più che mai di scottante attualità).
La reception della pellicola da parte della critica è stata entusiastica, e anch'io, da modesto spettatore, penso che, se non avessi avuto il mal di gola, avrei salutato The Grand Budapest Hotel con un rimbombante yodel di piacere.

venerdì 4 aprile 2014

Pubblicità insopportabili #30 - Shakera il tuo intestino!

Un post con appendice.
Al principio fu Alessia Marcuzzi, che, dando prova di grande spirito di sacrificio, ci mise la faccia per il bene della nostra naturale regolarità. Poi Activia chiamò a sé gente a casaccio, da Geppi Cucciari ad Alessandro Borghese finanche Tosca D'Aquino. Chiunque, insomma, purché dotato di apparato digerente.
Ma mai avrei potuto immaginare che il nuovo capro spurgatorio del famigerato yogurt potesse essere Shakira, l'unica pop-star capace di shakerare i glutei come una forsennata senza mai perdere quell'aria serafica e innocente che la contraddistingue. E adesso mi passa dalla Colombia al colon. Da Waka Waka a Vaccagà. La vediamo proliferare come un batterio intestinale su ogni rete televisiva, scissa in decine di cloni che ballano la danza del ventre nel bel mezzo di una verdeggiante flora amazzonica, mentre una specie di Trilly sparge tutt'intorno polvere di fata.


Il mal di pancia, però, me lo dà soprattutto il pensiero che il suo connazionale Gabriel García Márquez, quel buongustaio di un Nobel per Letteratura, avrebbe tanto voluto che vestisse i panni di Fermina Daza nella trasposizione cinematografica di L'amore ai tempi del colera, ma Shakira non si è sentita all'altezza di interpretare un ruolo così importante nella sua prima prova di attrice, scegliendo di limitarsi a lavorare alla colonna sonora. Il che è comprensibile. Tuttavia mi chiedo, se non se l'è sentita di dire di sì al maestro del realismo magico, cosa dobbiamo dedurre dal fatto che abbia accettato invece la proposta di Activia? Si sente una cacca?
E' questo il problema paradossale dei grandi talenti: l'autostima ballerina.


"... Una delle piacevolezze della vecchiaia sono le provocazioni che si 
permettono le amiche giovani che ci credono fuori servizio."
(Gabriel García Márquez)
Avrà anche scansato Il colera, che ricordiamo essere un'infezione enterica, ma il destino l'ha condotta comunque sulla contorta via dell'intestino.
Comunque come sottofondo musicale dello spot ci sarebbe stata bene anche La tortura. Oppure una rivisitazione di Gypsy, cambiando il titolo in Stipsi. Ma magari se le conservano per la nuova campagna pubblicitaria di Enterogermina.

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