mercoledì 30 gennaio 2013

Speciale Pubblicità insopportabili #1 - L'asilo Nilo

La scoperta più sensazionale dopo la Stele di Rosetta.
Ultimamente il tema dell'assorbenza sta cominciando ad assorbire un po' troppo la mia attività cerebrale, ma vista la sensazionale scoperta di cui sono venuto recentemente a conoscienza, ho ritenuto mio dovere morale rendervene subito partecipi prima che Giacobbo ci faccia uno speciale di Voyager.
Ricordate l'ippopotamo Pippo? Il pachiderma blu dalle folte ciglia finte che ha pubblicizzato i pannolini Lines dai tempi di Carosello ai primi anni '90 e di cui ho sempre avuto un po' paura? Pare che i pubblicitari l'abbiano ideato ispirandosi all'iconografia della dea-ippopotamo egizia, Taweret, divinità protettrice dei bambini e delle partorienti. La dea, infatti, veniva raffigurata in molti monili di lapislazzuli con le sembianze di un ippopotamo (quale dea non vorrebbe essere paragonata a tale, sinuoso animale, specialmente dopo la gravidanza?). Il colore turchese richiama il cielo, evocando la protezione divina sul neonato, mentre l'ippopotamo, unico mammifero terrestre ad aver scoperto i vantaggi del parto in acqua, è associato alla fertilità e alla femminilità.
Io stesso ho comprato inconsapevolmente un portachiavi di Taweret (dal Louvre) e l'ho attaccato, ignaro del suo significato, al mio astuccio di Topolino (spero eviterete qualsiasi commento sulla mia sindrome di Peter Pan).


Questo insospettato legame tra i pannolini staripanti di pupù liquida e l'ippopotamo sacro che popola le acque straripanti del Nilo ha colpito la mia immaginazione (già parecchio malata) e non ho potuto fare a meno di approfondire il tema, sbirciando dal buco della serratura delle antiche toilette egiziane e rovistando in cerca di reperti utili nelle insidiose nursery di Tutankhamon (di cui ho rinvenuto una tutina quasi polverizzata). Sarà forse una coincidenza che ad Halloween, quando ci si vuole travestire da mummia, per auto-imbalsamarsi, si ricorra alla carta igienica? Sicuramente no.
Per di più, sfogliando il manuale di Storia della Medicina della mia amica Anny (una lettura leggera da concedersi davanti al camino, con una tazza fumante di cioccolata calda) ho letto che il clistere era considerato un'invenzione del dio egizio della sapienza e della magia, Thot, che si sarebbe ispirato all'abitudine dell'ibis (suo animale sacro) di aspirare l'acqua col becco per poi introdurla nell'intestino e far brillare così le sue pareti rettali (un plauso va al contorsionismo dell'ibis e alla poesia delle sue abitudini igieniche).


Insomma, l'antica civiltà egizia è ormai da tempo tramontata, ma continua a regnare tacitamente nei nostri bagni. Perchè mai questa - non proprio nobile - associazione? Come mai il regno dei Tolomei si è trasformato nella patria della morbistenza? Sarà perchè, al sol parlare di Antico Egitto, la nostra immaginazione rievoca le lussuose e fumose stanze da bagno (in stile Tesori d'Oriente) di Cleopatra?
La regina che, al cinema, è quasi sempre immortalata mentre sguazza, seducente, nella sua vasca di latte d'asina, con le ancelle pronte a detergere le sue morbide forme con delicati veli a doppio strato?
Non sarebbe meglio ricordare l'Egitto per le Piramidi? Per la Sfinge? Per la straordinaria cultura egizia? O quantomeno per l'ardente storia d'amore tra Antonio e Cleopatra, celebrata da Shakespeare, Dryden e chi più ne ha più ne metta? Questa sì che è una cosa da ricordare. Una passione folle, che li ha spinti a sfidare Roma, e li ha portati a una tragica, ma per questo gloriosa, morte. Oltre che al concepimento di due figli, Elio e Selene, dal greco "Sole" e "Luna", i cui nomi sembrano anticipare le discutibili scelte onomastiche delle coppie famose di oggi: Sole e Luna possono essere considerati gli antesignani di Oceano, Apple, Chanel, Nathan Falco e gli altri innominabili pargoli delle nostre celebrities...
Hey.
Aspettate un attimo.
Elio e Selene...
Sole e Luna...
Non mi direte forse che si sono ispirati ai figli di Tonio e Cleo per... Pampers Sole e Luna?!

mercoledì 16 gennaio 2013

Dialoghi socratici alla fermata dell'autobus

Giuro che d'ora in poi mi presenterò alla fermata dell'autobus solo due minuti prima della partenza. Sì, perchè ho preso l'insana abitudine di piazzarmi lì, in barba al gelo, almeno mezz'ora prima, col rischio di beccarmi un raffreddore, o che mi si attacchi qualcos'altro. Tipo una vecchina logorroica, com'è successo oggi. 
E' iniziato tutto con un innocente "Che ora è?" e io, lo sventurato, risposi: "Le dieci e un quarto." Con un trucco vecchio come il cucco la vetusta signora mi ha intrappolato nella sua impenetrabile rete di parole, prima commentando, con aria saputa, i tragitti scelti di volta in volta dagli autisti, e poi lanciandosi in un interminabile, amaro bilancio della sua carriera di bidella presso l'illustre Liceo Classico Socrate di Bari. "E tu? Dove hai studiato?" domanda.
"Al Virgilio, Gioia del Colle."
"Ah, c'è un Liceo Classico anche lì?" si sorprende lei, rivolgendomi un sorriso sdentato e accondiscendente, quasi compassionevole. Era visibilmente dispiaciuta per me, che ero stato privato dell'onore di varcare la sacra soglia del Socrate. "Avevo dei parenti lì, a Gioia... ma poi si sono trasferiti in America... cioè, metà in Canadà e metà in America" butta lì, con aria vagamente nostalgica, ripensando al giorno in cui, ancora bambina, li aveva salutati al porto, sventolando un fazzoletto, e cercando di immaginare cos'avrebbero trovato lì, nel Nuovo Mondo, che qui non ci fosse già.
Sul viale della memoria, l'anziana signora rivisita insieme a me (ascoltatore involontario del suo incoerente monologo) i ricordi degli anni trascorsi tra le auguste aulee e gli ariosi corridoi del Socrate, dei ragazzi che ha visto crescere e maturare, ma soprattutto degli innumerevoli soprusi subiti dai colleghi
che facevano ricadere su di lei, la più anziana, i lavori più ingrati e pesanti. "Per tanti anni non ho potuto fare gli straordinari, perchè dovevo badare a mio marito, che stava sulla sedia a rotelle... poi, quando è morto (pace all'anima sua), me l'hanno fatta pagare... Ma la colpa era della Segretaria... loro, i miei colleghi, andavano da lei per chiedere delle ore di permesso e quella gliele dava sempre" mi racconta, gli occhietti neri fiammeggianti di rancore sotto le palpebre raggrinzite. "Non era cattiva... è solo che veniva dalle Scuole Elementari, quindi non capiva niente..."
Chiaramente.
Un collega, mi racconta, infervorandosi, arrivò persino a sottrarle euro cinquecento dalla borsa che lei, ingenuamente, gli aveva affidato.
Così, per quanto studenti adoranti, docenti genuflessi, e persino il Preside (!), l'abbiano supplicata di rimanere con loro, l'anziana signora è rimasta ferma nella sua decisione di ritirarsi a vita privata, delusa e disgustata dalla sozzura del mondo, una sporcizia ostinata che neanche lei, impavida Furia che brandisce terribile il Mocio Vileda, potrebbe mai scrostare. Non ha alcuna intenzione di tornare in quel luogo dove tanto ha patito. E si rifiuta anche di denunciare i torti subiti, decisa a chiudersi in un dignitoso silenzio. Lei, munifica matriarca che ha istruito, dall'alto della sua saggezza, generazioni di bidelli senza macchia. Lei che ha visto giovani virgulti crescere ed innalzare i floridi rami verso la Gloria ("Per cinque anni ho avuto anche il figlio del sindaco... era proprio un campanellino!"). Lei, che ha aspettato, paziente come Giobbe, che gli "scienziati" in visita nella scuola concludessero le loro deliranti conferenze su "la fine del mondo e altre scemenze", in modo da poter lustrare l'auditorium con pie libagioni di Ajax Pavimenti. Lei proprio non se lo meritava, l'ignobile trattamento ricevuto, amaro come cicuta.
Nel frattempo la fermata si fa gremita. I miei compagni pendolari (lavoratori, studenti, maniaci dello shopping...) mi rivolgono sorrisi solidali mentre annuisco stancamente davanti all'imperterrita oratrice. Nessuno, però, che abbia mosso un dito per salvarmi. Vigliacchi.
La signora ha continuato ad inveire a voce altissima contro la stolta Segretaria venuta dalle Elementari a sottrarle lo scettro e il titolo di genius loci del prestigioso Socrate.
Salito finalmente sulla navetta, riesco per un pelo ad evitare di sedermi accanto a lei. Poco prima di scendere alla sua fermata, però, la vecchina torna a salutarmi: "Vai all'università adesso? Io scendo alla prossima. Faccio un po' di spese. Ogni tanto incontro i miei colleghi, sai? Mi raccontano i fatti loro, i loro becchibecchi [credo intedesse "battibecchi", N.d.T.] e mi chiedono perchè non li vado mai a trovare. Ma io non ci vado. Nossignore. Non perchè ho rimasta offesa, eh... è che ce l'ho con la Segretaria."
Non so perchè a certa gente venga in mente di confidarsi con me. Non sono esattamente il tipo di persona che incoraggia le conversazioni tra estranei. Ho l'aria da seminarista, forse? O la faccia da psicologo? Che la loquace vecchina abbia visto la sua solitudine riflessa nei miei occhi irrequieti?
Probabilmente aveva solo voglia di sfogarsi e lanciare maledizioni contro la Segretaria, la sua balena bianca.
La guardo stringersi il coletto del cappotto attorno alla gola e scendere un po' traballante dai gradini, rifiutando gentilmente la mia offerta d'aiuto. Il suo vero nome è Santippe, la moglie irascibile, aspra e inflessibile, che, pur lamentandosi, borbottando e inveendogli contro ogni santo giorno, ha amato più di chiunque altro il suo ingrato Socrate.

sabato 12 gennaio 2013

"Il seggio vacante" di J.K.Rowling

Il seggio vacante di J.K.Rowling,
Salani, 533 pg., 22,'00 € 
"Il problema del fantasy è che certe cose proprio non si possono fare" ha dichiarato J.K. Rowling, dicendo addio (o arrivederci?) al genere che l'ha resa - meritatamente - famosa. "Non puoi parlare di sesso. Non così vicino agli unicorni. E' una regola incisa sulla pietra."
Non a caso, la mai abbastanza adorata autrice della saga di Harry Potter, nel suo primo romanzo per adulti, Il seggio vacante, appende al chiodo la bacchetta e si dà alla pazza gioia, mettendo in piazza il lato più ipocrita, violento e squallido della società contemporanea. Squallore reso anche dalla coprolalia di molti dei protagonisti (io stesso, leggendo la continua sequela di "cazzo" e "vaffanculo" mi sono ripromesso di spurgare il mio idioletto, nel caso a qualche scrittore venisse la malsana idea di descrivere in termini iperrealistici la mia vita quotidiana. Dubito fortemente che questa eventualità possa verificarsi, ma non si può mai sapere.)
Leggere un romanzo di J.K.Rowling che non abbia nulla a che fare con Harry Potter è un'esperienza bizzarra, e lo è ancora di più trovarci citazioni delle hit di Rihanna. O leggere di elezioni politiche e subito dopo di erezioni adolescenziali (alcuni politici italiani, pensandoci, hanno a cuore le loro erezioni quasi più delle elezioni.)
Ostico l'incipit - affollato com'è di personaggi e parentele difficili da ricordare - e il casus belli - cavillose questioni politico-immobiliari - in un primo momento farà sbadigliare qualcuno. Un sonoro "E chi se ne frega?" potrebbe sorgere spontaneo dinanzi alla notizia della morte (per di più naturale) di un consigliere comunale di una cittadina inglese e della sua battaglia in difesa dei Fields (il detestato quartiere popolare), ma questo avvenimento apparentemente trascurabile per noi uomini di mondo si abbatte con la forza di uragano sui fragili equilibri di un villaggio male assortito come Pagford. Lo scontro politico, tra reazionari e progressisti, dà presto il "la" ad una lotta "senza quartiere", in cui il nemico può avere il volto di tuo figlio o di tua moglie.
J.K.Rowling, in barba ai detrattori ad oltranza, approda con successo nel mondo Babbano: Il seggio non può colmare il posto vacante lasciato nei nostri cuori dalla fine della saga potteriana, ma è senza dubbio un'opera appagante, catartica e magnificamente scritta. L'autrice riesce, da degna ammiratrice di Jane Austen, a ricavare interi universi da realtà claustrofobiche, confezionare un microcosmo perfettamente autosufficiente, credibile e pullulante di personaggi difficili da dimenticare: il sindaco Howard Mollison (di cui, per filisteismo e sovrabbondanza adiposa, Vernon Dursley potrebbe benissimo essere il corrispettivo fiabesco - e anche un po' caricaturale) e la sua zuccherosa metà, Shirley, casalinga disperatamente devota al marito e al figlio Miles (idolatria che le costerà caro); la sensuosa Samantha, insoddisfatta, sarcastica, disgustata dal dover dividere il letto con un uomo sempre più simile al suocero, e poi ancora il dimesso Andrew Price, adolescente afflitto dai brufoli, da un padre tirannico e violento e dall'amore bruciante per la bella e idealizzata Gaia; Ciccio Wall, good boy gone bad, e i suoi genitori, Tessa e Colin, che lo temono e amano al contempo; l'avvocato Gavin Hughes, così terrorizzato dalle donne da non poterne fare a meno; la fragile Sukhvinder Jawanda e sua madre Parminder (inflessibile, anche con se stessa), fino ad arrivare a Krystal Weedon, personaggio scomodo, ragazza ribelle e forte, la cui sguaiata schiettezza e commovente ingenuità attraverseranno le vite di tutti come un lampo chiarificatore. Nessun personaggio è del tutto colpevole né innocente, ma J.K.Rowling riesce a far splendere "la luce" davvero "in ogni anima." Fa tremare parlandoci di responsabilità: responsabilità della propria e altrui felicità.
Tematiche già presenti nei romanzi di Harry Potter, ma seminascoste o ben riposte in metafore (seppure potenti), qui vengono a galla in tutto il loro orrore: povertà, classismo, razzismo, tossicodipendenza, prostituzione, violenza, omofobia, abuso di minori, autolesionismo e, non ultimo, il male, troppo sottovalutato, dell'incomunicabilità. Un'attenzione, quella di Joanne per il sociale, che avevamo già avvertito, non tanto nell'infanzia cenerentolesca di Harry (una scelta letteraria che si confaceva con l'ingenuità de La pietra filosofale) quanto nel racconto della gioventù del suo acerrimo nemico ne Il principe mezzosangue, e nella miserabile vita di Merope Gaunt (madre di Lord Voldemort), protagonista di uno dei capitoli più strazianti dell'intera serie.
Il seggio vacante, magnificato da molti come romanzo sociale nato da uno straordinario connubio di tenerezza e furore, è stato però anche criticato per l'esiguità della trama, vacante di eventi e piena di elucubrazioni. Il prevalere del pensiero sull'azione, tuttavia, obbedisce all'accuratezza psicologica prossima al mimetismo e al gusto per l'introspezione della scrittrice, che, forte del suo oscuro passato di depressione, povertà e solitudine, studia l'umanità dosando acredine e (auto)ironia, avvolgendo i più deboli, gli emarginati e i sofferenti in un abbraccio di dickensiana compassione e, spesso, dell'ancora più preziosa umana comprensione.


mercoledì 9 gennaio 2013

"La bottega dei suicidi" (gente allegra il ciel l'aiuta)


Il suicidio è senza dubbio il modo più Romantico di morire, e il più affascinante, in quanto gesto insieme eroico e disperato, condannato eppure compatito, temuto e così spesso accarezzato, l'atto estremo dell'emarginato come la fine prestabilita del Grande. E' innegabilmente il sigillo d'immortalità impresso sulle biografie di personaggi storici - come Cleopatra, morsa dall'aspide, o Socrate, che si diede la morte con un infuso di cicuta - e sulle vicende di creature letterarie - come Romeo e Giulietta, gli amanti "nati sotto una cattiva stella" o i dolenti Werther e Anna Karenina. Se Sylvia Plath scelse di infilare la testa nel forno a gas (dopo aver lasciato un bicchiere di latte e una fetta di pane e burro sul comodino dei suoi figli), Virginia Woolf preferì annegare nel fiume Ouse, mentre lo scrittore polacco Jan Potocki staccò la fragola d'argento che ornava la sua teiera per farne un proiettile e porre così fine ai suoi giorni.
Per la gente comune, però, gli aspiranti suicidi a corto di fantasia, ci sono sempre i coniugi Tuvache, pronti a dare una mano, o l'ultima spinta, offrendo un'ampia gamma di prodotti mortiferi nella loro raffinata boutique, La bottega dei suicidi: dai veleni profumati (all'ultimo grido), alle corde per impiccagione biodegradabili al 100%, dai costosi funghi assassini ai ben più economici sacchetti di plastica (da restare senza fiato). Ad aiutare madame Lucrece e monsieur Mishima nella loro lucrosa impresa, i figli Vincent e Marilyn: un simpatico, se pur tetro quadro familiare che potrebbe benissimo essere imparentato con gli Addams. La missione di aiutare chi è senza speranza è insita nei nomi dei Tuvache (genitori e figli), che alludono tutti a suicidi celebri, da Lucrezia (la matrona romana che si pugnalò dopo essere stata violata dal figlio di Tarquinio il Superbo) a Yukio Mishima (intellettuale giapponese che si tolse la vita in diretta televisiva praticando il seppuku, il suicidio rituale anche noto come harakiri), da Marilyn Monroe (ritrovata nuda sul suo letto, con la cornetta del telefono ancora in mano, dopo un overdose di barbiturici) a Vincent Van Gogh (che dopo l'automutilazione, scelse, molto probabilmente, di porre fine alla sua vita con un colpo di arma da fuoco). A contagiare questo grigio entourage familiare, col suo sorriso e l'amore per la vita, sarà l'ultimogenito, Alan, malgrado l'infausto nome (Alan Turing, matematico e crittografo inglese, perseguitato a causa della sua omosessualità, scelse per sé una morte fiabesca, dando un morso ad una mela avvelenata.)


Il primo lungometraggio animato di Patrice Laconte promette di infrangere il grande tabù della morte (auto-inflitta, per giunta). Si tratta senza dubbio di un prodotto dei nostri tempi, non proprio rosei, che intercetta il sempre crescente gusto del macabro, chiave del successo delle lugubri fiabe di Tim Burton.
Nonostante il tratto fumettistico, caricaturale, e la scelta del musical simil-disneyano, il tentativo risulta poco convincente. Un asprissimo cinismo si alterna troppo bruscamente al patetismo più lacrimoso, come se si volesse sconvolgere il pubblico e subito dopo chiedere scusa per averlo fatto. Si ha l'impressione di assistere ad un'opera lacerata: dissacrante, ma per questo afflitta da sensi di colpa.
Il lieto fine risulta superficiale, intriso di una joie de vivre vacua e un po' isterica. "Perché crepare? Meglio una crêpe!" sembrano volerci suggerire i protagonisti ravveduti (o "chi fa dolci il ciel l'aiuta"), ma un completo happy ending non è possibile. Lo sanno i Tuvache, e lo sappiamo anche noi.
L'ardua impresa di difendere la vita riesce meglio ad altre voci francesi, come Muriel Barbery ne L'eleganza del riccio, che fa sua la luminosa filosofia zen. Cosa fare quando si è stanchi di vivere? Cambiare l'angolazione da cui si guarda la vita. "Forse essere vivi è proprio questo: andare alla ricerca degli istanti che muoiono", cercare la bellezza e la gioia non "nelle grandi cose che, come le altre, sono destinate a morire", ma "nelle piccole, che, senza nessuna pretesa, sanno incastonare nell'attimo una gemma di infinito..."Un esempio? La meravigliosa giacca che ho comprato oggi in saldo.

sabato 5 gennaio 2013

Premio Giovanna 2012: il Galà delle Pubblicità Insopportabili (la premiazione)


"E' arrivata la Befana! O yeah!" recita una vecchia pubblicità epifanica che non smetterò mai di dileggiare. E insieme alla simpatica vecchina sdentata, è arrivata oggi anche la nostra brava Giovanna, volando su di un gigantesco pennello, per sigillare i nostri cuori infranti col silicone sigillante Saratoga e per dipingerli di verde speranza con il suo fido Fernovus.
Che ci avrà portato la nostra, generosa befanina Giovanna? Cosa nasconderà nelle sue autoreggenti? Una valanga di premi da assegnare agli spot più orrendi e irritanti della tv! Giovanna e Il Tè - il blog volutamente ozioso e inutile ringraziano caldamente tutti voi per aver preso parte a questo imperdibile evento: che abbia inizio la cerimonia di premiazione dell'ormai prestigiosissimo Galà delle Pubblicità Insopportabili!
(Clicca qui per ripassare le insopportabili nomination!)

1. Personaggio Femminile VIP Più Insopportabile
Consegna il premio - ça va sans dir - la nostra Giovanna ("Brava, Giovanna, brava!"). The winner is...

Belén Rodriguez per Linkem (rileggi l'articolo)
La Pellegrini quest'anno gna fa proprio a vincere. Ci è arrivata molto vicina, ma nulla di fatto. Nè la medaglia d'oro, nè la Giovanna d'Oro. Si accontenterà della Giovaninna di Bronzo o si allenerà "duro duro" per comparire in ancora tante altre pubblicità insopportabili? Intanto rivolgiamo le nostre più sentite congratulazioni a Belén e ai bebè (Stefano e Santiago). L'affascinante argentina è riuscita a svolazzare leggiadra in cima alla classifica dei personaggi femminili VIP più detestati.

2. Personaggio Femminile più Insopportabile
Consegna il premio, anche per questa categoria, la nostra Giovanna ("Visto che brava?"). The winner is...

La ragazza con micosi vaginale per Gyno Canesten (rileggi l'articolo), la povera fanciulla con una coltivazione di champignon nei Paesi Bassi si aggiudica la Giovannina d'Argento come Personaggio Femminile più Insopportabile. Visto che per quasi tutto lo spot ha una barra nera a coprirle gli occhi da invasata, la dea bendata ha pensato, solidale, di baciarla, onorandola con questo ambitissimo premio. Liana, la postina di Polident, era ormai certa di avere la vittoria in pugno, ma ahimè, ora si sta consolando "davanti a una bella fetta di lampone." La vittoria morale non te la toglie nessuno, cara, dolce Liana.

3. Personaggio Maschile più Insopportabile
Consegna il premio, dopo aver palpeggiato accidentalmente Giovanna, il padrone di casa Saratoga, con la sua vestaglia delle grandi occasioni. The winner is... 


Antonio Banderas per Mulino Bianco (rileggi l'articolo) Il suo accento spagnolo ha sciolto i nostri Cuordimela, il suo sorriso bonario ci ha illuminati come uno SpicchioDiSole, le sue parole di pace hanno fatto sì che ogni conflitto si concludesse a Tarallucci e vino. Il mondo intero si è chiuso come un Abbraccio attorno a lui, vincitore del lusinghiero titolo di Personaggio Maschile più Insopportabile dell'anno. Flauti al cioccolato suonano una marcia trionfale per il mugnaio che, per mesi, ci ha rotto le uova (nel paniere e non.)

4. Personaggio Non Umano più Insopportabile
Consegna il premio... lo scoiattolo petomane di Air Action Vigorsol. The winner is...


L'orso Bruno di Vodafone (rileggi l'articolo), l'insopportabile bestione impellicciato ruba lo scettro di re della foresta al ben più anziano Napoleone, il leone di Euronics. Bruno, una dichiarazione a caldo sulla tua vittoria? "Grazie a tutti coloro che mi hanno votato. Siete così teneri: vi mangerei tutti! Scherzo, eh..."  Mica tanto: Diego Abatantuono te lo sei spolpato per bene...

5. Jingle più Insopportabile
Consegna il premio... la grande Mina, prima interprete del celebre jingle della cedrata Tassoni: "Quante cose al mondo puoi fare, costruire, inventare... ma trova un minuto per me!" The winner is...


Buongiorno a te, Nutella. Il buongiorno che ti rovina la giornata. Piuttosto che ascoltare ancora questa insopportabile canzone, preferirei svegliarmi con qualcuno che mi gridi nelle orecchie indicibili oscenità come: "Alza quelle chiappe purulente, verminoso insaccato vagamente umanoide! Sto parlando con te, ignobile abominio nato da un rigurgito rappeso sul mento di Adamo!"

6. Peggiori Cliché
Consegna il premio, l'uomo Denim, l'uomo che non deve chiedere mai:


Ronco San Crispino (rileggi l'articolo). Questo idilliaco, rassicurante spot d'ambientazione rurale si aggiudica il premio per i Peggiori Clichè, con tutto il suo presepe di contadinelle avvinazzate, allevatrici sedute in modo poco femminile che danno da mangiare alle galline, vecchi nonni saggi come Nestore e tavole imbandite di formaggi e vino scadente. Alla vostra salute!

7. Peggior Slogan
Consegna il premio... Stefano Accorsi, celebre per il suo "Du gust is megl che uan." The winner is...

"Poltrone e Sofà, artigggiani della qualità." Quando sentite parlare di Sabbbrina Ferilli non vi viene in mente l'eleganza e la raffinatezza di Audrey Hepburn in Sabrina? No? Neanche a me. Eleganza e raffinatezza le sono del tutto estranee. Una bella ripassata di dizione non sarebbe male. Sabbri, credo ci siano anche dei corsi online, così puoi imparare e, nel frattempo, continuare a poltrire in poltrona. Cercasi professor Higgins per trasformare la nostra Sab-burina in una fair lady.

8. Pubblicità più Insopportabile
E infine... la Pubblicità più Insopportabile di tutte. Ho l'onore di consegnare questo agognato premio a...

Gioca Jouer, Enel Energia con Federica Pellegrini. Federica di certo avrebbe preferito un premio individuale, ma dovrà dividerlo con la ciurmaglia di esaltati che ballano, sorridendo istericamente, sulle note di un Gioca Jouer incredibilmente più odioso dell'originale: "Cucinare!", "Caffè!", "Doccia!", "Risparmiare!", "Sbattere forte la testa contro il muro!", "Suicidio di massa!"...

Un intero anno di pubblicità insopportabili si è gloriosamente concluso. Quali nuovi, irritanti spot infesteranno il 2013? Per scoprirlo basta accendere la tv... o, meglio ancora, continuare a seguire Il Tè - il blog volutamente ozioso e inutile!

Grazie! Che la Befana regali a voi tutti autoreggenti straripanti di dolciumi!

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