giovedì 31 maggio 2012

Pubblicità insopportabili #6 - Ma Uma che si fuma?

La mia personale intervista a Uma Thurman (cercherò di non sudare come il tizio dello spot).
Ma lei, Uma, che si fuma? Sì, intendo "quali sostanze stupefacenti usa"? Perchè è truccata come una drag queen e vestita come la Regina dei Mari del Sud? Pensa veramente che le parole Schweppes e sex abbiano la benché minima somiglianza, oppure è un'idea burlona dei suoi autori? Non bastavano già tutte le altre pubblicità allusive? Bisognava usare anche la parola "sesso"? Non trova anche lei che la parola "sesso" sia troppo scientifica, fredda e meccanica per essere sexy? Sentirla pronunciare in uno spot pubblicitario trasmesso a ripetizione non è un po' stridente e fastidioso? Come leggere la parola "aerofagia" in una poesia? Ei fu, siccome in stato di morte cerebrale... oppure, Cantami, o diva, del Pelide Achille il comportamento passivo aggressivo...Oh Romeo Romeo, perchè sei tu Romeo? Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo antroponimo... Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea nei bulbi oculari tuoi, ridenti e fuggitivi? Sa', Uma, che inizialmente non mi piaceva molto come attrice, ma col tempo l'ho rivalutata? E sa che dopo questa performance ha perso gran parte dei punti che aveva acquistato? Come dice? L'idea di aver deluso un ragazzino qualunque la distrugge? Pensa che la sua carriera sia finita?
Hey, Uma, che ti aspettavi?

mercoledì 23 maggio 2012

"Il Trono di Spade": il gioco delle tro... ehm... dei troni

Eccomi qua, anch'io a parlare de Il Trono di Spade, come se ce ne fosse bisogno!
Il motivo di questo ritardo? Sono sempre diffidente circa il fantasy puro, cioè "spade e draghi", probabilmente perchè le saghe di cui sento parlare mi sembrano tutte delle dozzinali imitazioni de Il Signore degli Anelli, di quelle che le case editrici sfornano in continuazione sfruttando il successo del genere e/o l'ingenuità di qualche lettore occasionale e/o orfano di saghe più meritevoli (oggi scrivo come Francesca, la stagista di Simona Ventura).
Non ho ancora avuto modo di mettere le mani sui libri di George R.R. Martin, ma incuriosito dal clamoroso successo della serie, ho preso letteralmente a morsi la prima stagione e posso affermare di esserne stato subito conquistato, senza neanche bisogno di assedi e contrattacchi, sin dalla meravigliosa sigla, una gioia per gli occhi e per le orecchie (gustosissima anche la parodia simpsoniana, che mostra un'inedita Springfield in salsa epica). Dopotutto cosa potrei volere di più?
I Borgia incontrano I Tudors in un mondo immaginario e pericoloso, pieno di minacce e cospirazioni, con un quadro politico talmente traballante da fare invidia anche all'Italia preunitaria. Meraviglioso, no?
Certo, ho dovuto recuperare: ho studiato approfonditamente le carte geografiche di Westeros ed Essos e la genealogia delle casate nobiliari dei sette regni. Inizialmente tutti quei cognomi mi avevano un po' atterrito, ma mi sono detto: "Se sei riuscito a comprendere e a memorizzare tutti i rapporti di parentela dei personaggi di Centovetrine in una sola settimana, riuscirai anche in questa difficile impresa". In ogni caso le famiglie che bisogna ricordare davvero sono solo le quattro del logo: il lupo, cioè gli Stark (i signori del nord, con a capo il fiero Eddard, per gli amici Ned, i figli Robb, Bran e Rickon, le figlie Sansa e Arya, e il figlio illegittimo Jon Snow), il cervo, cioè i Baratheon (ovvero Robert, che siede sul Trono di Spade, i fratelli Stannis e Relny, e il figlio Joffrey), il leone, ovvero i Lannister (ricchi, ambiziosi, biondi, blond and beautiful: la regina Cersei, il fratello gemello Jaime e il "folletto" Tyrion) e il drago, ovvero i due fratelli Targaryen, Viserys e Daenerys, decisi a rimpossessarsi del trono sottratto col sangue al loro dispotico genitore, il Re Folle (sono quelli con i capelli biondo platino, la palette preferita dai cattivi, vedi Lucius e Draco Malfoy). Rassicurazione per i neofiti come me: se non ci avete capito un tubo, ci pensa Wikipedia a chiarire ogni dubbio (ma non esagerate se non volete incorrere in spoiler), o, meglio ancora, leggete i libri (cosa che dovrò fare, quando la montagna di libri che attendono impazienti sul mio comodino la smetterà di lanciarmi occhiate astiose...).


A Il Trono di Spade posso rivolgere solo una critica: l'efferata violenza e le scene di sesso del tutto gratuite che affollano la serie. Prostitute ovunque, altro che Arcore! Non c'è episodio senza un top-less (sul serio, neanche uno). Cosa non si fa per tenere incollato allo schermo il pubblico maschile?
Io proporrei anche dei titoli alternativi alla serie, come Game of Whores oppure Sex and the Kingdom (dopotutto le avventure sessuali di Carrie e quelle della nobiltà andala non sono poi così lontane, e  in più sono trasmesse entrambe da HBO).
Ci sono intere conversazioni condotte durante scene di sesso più o meno esplicito: quella che mi ha divertito di più è la dissertazione tra Viserys e la sua concubina sull'argomento "draghi", mentre i due erano intenti in atteggiamenti decisamente poco casti nella vasca da bagno. In fondo, però, è comprensibile: quale argomento è più erogeno dei draghi? Quale ragazzo non ha tirato fuori, almeno una volta, la carta del drago per rimorchiare?
Accanto a queste troviamo anche dialoghi, colloqui e confidenze scambiate durante le procedure più disgustose: Jamie Lannister, per esempio, chiacchiera amabilmente con suo padre mentre quest'ultimo è impegnato a scorticare la carcassa di un cervo. Altro grande "merito" della serie è quello di aver sdoganato anche il tabù dell'incesto.
Il linguaggio, poi, è spesso un lussureggiare di espressioni altamente liriche. Qui riporto perle come: "tuo figlio non ha ancora i peli che gli scaldano le palle" o "tua madre starebbe ancora mungendo vacche se non ti avessi schizzato nel suo ventre". Bonjour finesse!
Insomma, è evidente il gusto tutto senechiano per i dettagli più disgustosi, osceni e macabri.
Ancora una volta, per di più, l'immagine della donna è mortificata e mercificata. Si può dire, come si è detto, che la storia è ambientata in un Medioevo immaginario, e perciò rappresenta la condizione femminile di quell'epoca, ma, trattandosi di un'opera di fantasia, l'autore aveva tutta la libertà di cambiare le cose. Ad eccezione forse solo di Daenerys (col tempo sempre meno dimessa), gli unici personaggi femminili "moderni" sono anche quelli per cui lo spettatore maschile non rivolge il benché minimo sguardo voluttuoso: la fiera e intrepida Catelyn, che non è esattamente nel fiore degli anni, e sua figlia, la principessina ribelle Arya. Negli altri casi, "giovane" e "vestita" sono due aggettivi che sembrano non poter coesistere.
Interessante la figura della regina Cersei, sottomessa e per questo rancorosa, moglie e madre prepotente e ambiziosa, ma allo stesso tempo suddita del marito e del figlio, una Messalina per il primo e un'Agrippina per il secondo.
Tralasciando questi aspetti (che pure hanno il loro peso sul mio giudizio complessivo), Il Trono di Spade, senza ombra di dubbio, ha segnato una svolta nell'ambito della serialità televisiva, dimostrando, a chi ancora non ci credeva, quanto il telefilm sia vicino a strappare al cinema la corona dell'intrattenimento.

martedì 15 maggio 2012

"Dark Shadows": Tim Burton vampirizza Tim Burton?

La mia espressione perplessa mentre
guardavo il film era più o meno così.
Il post contiene tracce di spoiler.
Dark Shadows
: ombre oscure. Infatti il film non brilla, ma... soprattutto non brillano i vampiri, ed è già qualcosa!
Possiamo tirare un sospiro di sollievo: di sfavillante c'è solo la palla da discoteca.
Finalmente un succhiasangue come si deve! Barnabas Collins (Johnny Depp) è cadaverico, famelico ma sempre elegante, con occhi incavati, canini affilati, lunghe dita artigliate e capelli corvini. Ma soprattutto è un vampiro col pedigree: piuttosto che dormire su sette guanciali, preferisce la rassicurante imbottitura di una bara, gli specchi non riflettono la sua immagine, è altamente combustibile se esposto alla luce del sole e in più con il suo sguardo magnetico è in grado di ipnotizzare chiunque e renderlo suo schiavo. Insomma, proprio quando pensavo non ci fossero più i vampiri di una volta, quando temevo che si fosse perso lo stampino, ecco un vampiro vecchio stile, discendente diretto del Conte Dracula e di Nosferatu. Purtroppo non si trasforma in pipistrello, ma bisogna accontentarsi. Almeno non zompetta da un albero all'altro come una bertuccia, caricandosi l'amata sulla schiena a mo' di zainetto.
Come avrete intuito, sto parlando dell'esangue protagonista dell'ultima fatica di Tim Burton. E quando dico fatica, intendo letteralmente, perchè a me Tim ultimamente sembra un po' "stanco e fuori-forma".
La trama ruota intorno a Barnabas Collins (Johnny Depp), che, maledetto dalla perfida strega Angelique (Eva Green), da lui respinta, viene trasformato in un vampiro e sepolto vivo, fino al 1972, quando verrà liberato accidentalmente. Spaesato e confuso, Barnabas è però deciso a risollevare le sorti della sua famiglia, ormai caduta in disgrazia, e a liberare sè e i suoi discendenti dalla terribile maledizione che grava su di loro.
La disco music del trailer mi aveva guidato seducente verso la sala cinematografica più vicina, promettendo un'esilarante commedia gotica a metà strada tra la famiglia Addams, Scooby-Dooh e La febbre del sabato sera.
In realtà, nonostante i siparietti e le battute mordaci, la narrazione procede vivace e incalzante quasi quanto l'andatura di uno zombie. Escludendo la spumeggiante colonna sonora, il ritmo è da marcia funebre.
Poi ci sono le scene à la Frankenstein, cioè cucite insieme alla bell'e meglio e senza un motivo apparente (il ruolo del padre degenere, per esempio, non ha ragione d'essere, anche se l'abbandono paterno è un topos burtoniano), e in più alcuni misteri rimangono senza soluzione (la padrona di casa, Elizabeth Collins Stoddard alias Michelle Pfeiffer non me la conta giusta). A giudicare dal finale, però, non escluderei un seguito. D'altronde il film è tratto da una soap-opera...
Insomma, Dark Shadows non è una delusione totale, ma neanche un capolavoro. Tim Burton non sembra quasi più in grado di reggere il confronto con se stesso e replicare quell'incanto gotico che ha reso Nightmare Before Christmas, La sposa cadavere o Edward mani di forbice i suoi capolavori.
Detto questo, il film non manca di aspetti gustosi: la citazione, nel finale, del capolavoro trash La morte ti fa bella  è una perla preziosa, e, più in generale, Burton non delude mai con le sue atmosfere malinconiche. Straordinari il maniero di Collinwood, con i suoi ingegnosi passaggi segreti e le grandiose decorazioni gotico-ittiche, o il cupo villaggio costiero di Collinsport (personalmente stravedo per i paesaggi marittimi tenebrosi). Non manca il romanticismo orfico e malato delle storie d'amore burtoniane, sempre sospese sul baratro dell'ultraterreno, come uscite dalla penna di Edgar Allan Poe. Il finale ricorda un po' troppo Stephenie Meyer, ma qui le scene conclusive hanno un'intensità drammatica da film in bianco e nero che eclissa totalmente la recitazione da film porno di Eclipse o Breaking Dawn (non che ci voglia poi molto). Da brividi le scene che raccontano la spettrale infanzia della misteriosa istitutrice Vicky, interpretata dall'ectoplasmatica Bella (!) Heathcote, una pallida ninfa burtoniana, sfuggente ed eterea come una novella Euridice.
La storia d'amore tra Vicky e Barnabas, però, sembra staccarsi come un film a sé stante dal resto della trama: questo amore che sfida la morte, infatti, è poco credibile se accostato alla generosità sessuale random del protagonista. Voi ci andreste mai a letto con una che ha ucciso i vostri genitori e la vostra fidanzata, vi ha trasformati in vampiri e vi ha rinchiuso in una bara per duecento anni? Per quanto possa essere ben conservato il suo décolleté?
Poco convincente, poi, è anche l'interpretazione della stessa Eva Green (la strega Angelique). Devo ammettere però che la parrucca bionda in contrasto con le sopracciglia scure erano davvero da film horror (ma non quanto Anne Hathaway in Alice in Wonderland). Prevedibilmente impeccabili, invece, Michelle Pfeiffer, nel ruolo della sorniona padrona di casa, e le due muse maledette di Burton: la moglie Helena Bonham Carter (la vanitosa psichiatra di casa Collins) e Johnny Depp, ormai suo figlio adottivo.
Detto questo, non ci resta che aspettare Frankenweenie, anche se la scelta di portare sullo schermo il remake di un suo vecchio cortometraggio la dice lunga sul blocco creativo di un genio del male come Tim Burton.


giovedì 10 maggio 2012

Pubblicità insopportabili #5 - Meno male che Ceres c'è!


La città ha bisogno di eroi. Ceres c'è.
Aspetta... mi stai dicendo che per risolvere tutti i miei problemi basta una birra? (e qui mi parte la faccia "per-tutte-le-occasioni" di Barbara D'Urso). Propio quando stavo per chiamare il gigante e chiedergli "Gigante, pensaci tu!", sono arrivati loro, i quattro eroi della Ceres: c'è il Bello & Bastardo (in altre parole, il tizio in cui lo spettatore-target* non vede l'ora di identificarsi), il Re degli Scherzi (ovvero l'amico che ti vergogni di presentare ai tuoi veri amici), il Genio (o Nerd alcolizzato) e Miss Inferno (una specie di Wonder Woman con un nome d'arte da spogliarellista). Sono loro i benefattori dell'umanità, gli angeli della notte che salveranno la vostra serata, rendendola più spumeggiante che mai.
So cosa state pensando, che ultimamente sono ossessionato dagli spot alcolici, ma proprio non resisto! Non posso non esprimere tutta la mia amirazione per gli ideatori di questo meraviglioso esempio di arte promozionale. In particolare, sono impressionato dalla profondità psicologica dei personaggi femminili, come le due ragazze legnose o la fidanzata-polipo ("Le relazioni serie e stabili sono asfissianti, vero? Perchè non lasciate le vostre ragazze e andate a bere con gli amici?" sussuranno i pubblicitari all'orecchio del vostro fidanzato/marito/fratello/padre/Ex Premier*). Ma soprattutto a conquistarmi è stata lei, la nostra supereroina! Miss Inferno!
Vi chiederete, quali sono gli strabilianti poteri di questa combattente che veste alla marinara? O meglio, alla puttanesca? (Il suo consulente di immagine sarà sicuramente uno di loro*).
Udite, udite: il super-potere della nostra paladina è... sedurre col suo sguardo più languido.
Mi sembra ovvio, no?


Quale altro potere potrebbe mai avere una donna se non fare la gattamorta?
Nella mia sconfinata generosità, propongo agli ideatori dello spot qualche altro suggerimento sessista, denigrante e umiliante: perchè non le fate sparare schizzi di latte acido o raggi laser dai capezzoli? Oppure fatele usare le buste della spesa come armi! Gli spigoli delle confezioni tetra-pak fanno male nelle cavità oculari del Crimine! O magari potreste farle ricamare a punto croce insulti pesanti da appendere in un grazioso quadretto...
Insomma, sono pronto a condividere tutta la mia creatività con voi pubblicitari, che siete i miei veri eroi! Nessuno come voi riesce a lusingare l'ego già smisurato della maggior parte di loro*. O tempora, o mores! Publicitas: speculum virorum* dementiae!
Insomma, meno male che Ceres c'è (da intonare come una famosa canzone). E meno male che ci sono questi quattro incredibili Avengers, eroi senza macchia  e senza paura, pronti a difenderci dalla più terribile delle supercattive: Poison Ivy? Mystica? Catwoman? No... Astemya! L'orrendo mutante il cui obbiettivo è rendere la tua vita noiosa e ordinaria.
Bere potrà anche farvi sentire dei supereroi, ragazzi, ma io un eroe con "la pancia della birra" non l'ho mai visto...

* uomini eterossessuali tra i 18 e i 60. Nel caso di (pseudo)politici et similia la fascia di età si allarga: da 6 a ∞.

domenica 6 maggio 2012

Pubblicità insopportabili #4 - Che fatica essere figo!

Lo aspettavate con ansia. Cominciavate a temere che non sarebbe mai tornato... e invece, è qui: il quarto imperdibile appuntamento con le pubblicità più irritanti che abbiano mai osato interrompere il palinsesto televisivo (anche se non potranno mai essere più irritanti del palisesto vero e proprio).Sarà che non bevo birra, ma lo spot della Heineken per me ha decisamente troppe bollicine. L'elemento di disturbo, almeno per quello che mi riguarda, è il protagonista, il biondino che è chiaramente sopraffatto dall'inebriante consapevolezza di essere un gran figo ("Se potessi, mi ammazzerei di baci"). Il suo scopo è sedurre la sua bella cimentandosi in una serie di imprese eroiche all'interno di un ristorante cinese. Ma quali sono le grandi fatiche di questo novello Ercole?
Innanzitutto fare il suo ingresso trionfale dalle cucine, acclamato da uno stuolo di chef e aiuto-cuochi adoranti, per poi stupire la fanciulla affettando a velocità supersonica un alimento non meglio identificato ("E' proprio da sposasare!" pensa lei). A un certo punto prende in mano anche un pesce gigante per farlo tuffare nella farina e, subito dopo, i due lasciano le cucine tenendosi per mano... un "ti sei lavato le mani, tesoro?" alla Anna Moroni ci stava tutto. Ma evidentemente la ragazza è troppo presa dal suo paladino per badare a queste piccolezze. Lui la protegge da pericoli e insidie, come il feroce carrello del cameriere, determinato a investirli, e per di più resiste alle tentazioni di un'avvenente sirena che gli lancia sguardi a dir poco lussuriosi. Poi l'eroe si esibisce in prove di forza a cui nessuna donna può rimanere indifferente: getta scompiglio fra le anguille e, soprattutto, dall'alto della sua semidivina bellezza, si ferma a sistemare il riporto di un comune mortale. Le donne, d'altronde si sa, trovano irresistibile che il proprio uomo ridicolizzi qualunque altro essere umano... cosa c'è di più sexy?


Ci tengo a sottolineare che per ora lui non ha ancora bevuto un goccio di birra. E' così al naturale.
Quanto il pericolo sembra passato, ecco che i due amanti sono osteggiati da un perfido illusionista che sfida il nostro impavido eroe in una gara di magia all'ultimo incantesimo. Lo stregone fa apparire dal nulla un coniglio bianco (mi congratulo con i responsabili degli effetti speciali... che programmi avete usato, Paint?), ma il nostro eroe non batte ciglio e si esibisce in un prodigio sensazionale, da lasciare letteralmente a bocca aperta: finge di tirare fuori una bottiglia di Heineken dal cavo orale, un trucco che chiaramente ha ereditato da i due Casanova, sia il seduttore che l'illusionista. Il mago, sconfitto, si mangia coniglio e cilindro dall'invidia, ma giura vendetta.
Dopo una corsa a perdifiato in una foresta di braccia e mani che reclamano bramose il suo corpo, il piè veloce deve affrontare un nuovo, temibile nemico: un enorme drago cinese!
Novello Ruggero, sguaina il brando contro la terribile belva e salva l'indifesa Angelica, per poi catapultarsi in pista squarciando un paravento (non so perchè, ma ora che l'ho messo per iscritto, non posso fare a meno di pensare che drago e paravento violato siano un'allusione oscena al dopo-cena). Finalmente i due amanti, dopo tante tribolazioni, possono cantare vittoria! Anzi, ballare la danza della vittoria, al ritmo di un rock'n'roll in salsa al curry. Con che grazia il nostro eroe omaggia l'arte di Tersicore! Mio padre al confronto è Fred Astaire.
Con una piroetta leggiadra quanto una tromba d'aria, la povera ragazza si accascia al tavolino, accalorata, stremata e ormai completamente soggiogata dalla sex-appeal del suo cavaliere. Lui la raggiunge con passo felino e i due si scambiano uno sguardo eloquente, della serie: "a casa tua o a casa mia?"
Ma dove volete! Fuori dalle balle, però, sta per cominciare La signora in giallo...

Al prossimo appuntamento! Baci da Raffy, oggi più zitello acido che mai.

mercoledì 2 maggio 2012

"Dolce come il cioccolato" di Laura Esquivel

No, tranquilli, non è quella Laura Esquivel. Non lasciatevi spaventare dall'omonimia con quel patito feo de Il mondo di Patty.Il titolo italiano non è un granché, e neanche quello originale (Como agua para chocolate, "come l'aqua per il cioccolato", si riferisce al fatto che in Messico la cioccolata calda si prepara con l'acqua anziché col latte, in più da quelle parti dire che due persone sono "come acqua per il cioccolato" è un po' come dire che sono sono "come il limone sul pesce. E' la morte sua!"), ma ¡ay, caramba! se non è un buon libro. 
All'inizio pensavo fosse uno dei tanti titoli sdolcinati come Il suadente profumo del karkadè in fiore, Il fascino segreto del cardamomo, Un amore che sa di cannella o La ragazza dall'alito pepato (Okay, questi titoli li ho inventati io ma se fate un giro in libreria ne troverete anche di peggiori). Insomma, diffido sempre dei romanzi culinari, perchè mi sembrano più o meno tutti uguali e, ironia della sorte, insipidi.
Dolce come il ciccolato,
di Laura Esquivel,
Garzanti, 184 pg., 9,90 €
Questo però non è il caso di Dolce come il cioccolato, forse perchè è stato scritto nel 1989 A.C. (Avanti Clerici), quando Benedetta Parodi faceva... ehm... qualunque cosa facesse prima di darci dentro col mattarello.
Ogni capitolo di Dolce come il cioccolato inzia con una ricetta, una per ogni mese dell'anno: si elencano gli ingredienti e si procede con la preparazione, che però è sempre interrotta dal racconto della vita di Tita. Per un'assurda tradizione di famiglia, è tenuta a rimanere nubile per accudire sua madre nella vecchiaia, perciò quando Pedro, di cui è follemente innamorata, chiede la sua mano, la tirannica Mamà Elena oppone un netto rifiuto. Al giovane non resta altra scelta che sposare Rosaura, la sorella maggiore di Tita: è l'unico modo per non perdere per sempre la donna che ama...
Ogni ricetta porta con sè un frammento delle vicessitudini della protagonista, episodi quasi agiografici, che ruotano intorno alla cucina, luogo del sacro, del mistero, del magico e dell'ancestrale, dove convivono realtà e prodigio.
Una lettura torrida, piccante e coinvolgente, a metà strada tra un romanzo rosa, un ricettario e un suggestivo libro di leggende.

Se vi dovesse interessare la cucina messicana, potete trovare su questo blog (in inglese) le ricette di Dolce come il ciccolato. Vista la difficoltà, pensavo di cimentarmi con qualcosa di più semplice come i tamales, ma mi sono arreso ancora prima di leggere tutti gli ingredienti: mi sono fermato a "farina di mais". Spero che voi ragazzi di città siate più fortunati di me nella ricerca di ingedienti esotici! Io intanto mi gusto il film (Come l'acqua per il cioccolato, 1992), sperando che sia caliente quanto il libro.

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