sabato 28 luglio 2012

Olimpiadi di Londra 2012: vince chi rimane sveglio

Ieri sera, infervorato dalla fiamma olimpica e con gli occhi ancora luccicanti per la meravigliosa cerimonia d'apertura di Pechino, ho pensato di dare un'occhiata a cosa combinavano in quel di Londra. L'inaugurazione delle Olimpiadi 2012 si è aperta con una leziosa scena bucolica: colline verdi, nuvolette di ovatta, bimbi che giocano, leggiadre fanciulle che danzano intorno al maypole, pecore belanti e tutte le bestie di zio Tobia. Insomma, ci mancavano solo gli Hobbit.
Di carnevalate come queste non ne vedevo da tempo.
 Ma poco dopo tutto cambia: arriva la Rivoluzione Industriale, introdotta da Kenneth Branagh (l’attore scespiriano per eccellenza, relegato al noiosissimo ruolo di ingegnere) e dalle percussioni di una batterista vestita (più o meno consapevolmente) da strega.  La Contea si trasforma in un’inquietante Mordor operaia, affumicata da colossali ciminiere e risuonante di martelli e incudini. Intanto gentlemen dell’alta borghesia e proletari sporchi di grasso imitano (o meglio, avrebbero voluto imitare) i movimenti degli operai a lavoro, ma in realtà sembravano impegnati in una bizzarra danza, un indecente ibrido tra la Macarena e l’haka dei rugbisti neozelandesi: presumo che la coreografia fosse di Mr.Bean.
 Ma non c’è mai fine al peggio: parte a tradimento il video di Daniel Craig nei panni di 007 (il meno 007 di tutti gli 007) che sfila per Buckingham Palace, affronta indomito i cagnolini di corte, e raggiunge lo studio privato di Sua Maestà la Regina, la quale lo ha convocato per una missione di vitale importanza: darle un passaggio allo stadio olimpico.
 Elisabetta, Bond girl per una notte (altro che Ursula Andress!), sale sull’elicottero insieme a James Bond, che l’accompagna in un mozzafiato giro aereo di Londra (a un certo punto la statua di Churchill fa l’occhiolino a 007, e in quel momento avrei tanto voluto la licenza d’uccidere per far fuori il regista di questa pagliacciata). Infine, giunti all’Olympic Stadium, la “Regina” si “lancia col paracadute” sulla folla in estasi.
Qualche secondo dopo questo siparietto, più demenziale che ironico, la vera Elisabetta fa la sua apparizione in tribuna d’onore, con la piuma del cappello sventolante, il suo prezioso abito rosa pesca e l’espressione smarrita della serie “Ma dove acciderbolina sono?” (oppure “Ma quanto soldi ho speso per farmi prendere per il Regale Deretano?”, o “Gosh, mi sono dimenticata le pillole di Filippo!”)


 Successivamente inizia il segmento dedicato al servizio sanitario, introdotto dall’insensata colonna sonora dell’Esorcista e in seguito ravvivato dall’isterico rock’n’roll di crocerossine e medici in camice bianco. Inutile dire quanto fossi perplesso di fronte a questa scena. Mi aspettavo anche un balletto sul servizio postale o sui trasporti. Fortunatamente ce l’hanno risparmiato.
 Da Potterhead fino al midollo quale sono, l’unico brivido me l’ha regalato la mia adorata J.K.Rowling quando ha declamato l’incipit di Peter Pan. E’ iniziata così l’atto dedicato ai classici inglesi della letteratura per l’infanzia, con i bambini addormentati nei loro letti fluorescenti e tutti i “cattivi” delle storie più famose che si materializzano per turbare il loro sonno: la Regina di Cuori, Voldemort (appunto per i commentatori dell’evento, tra cui Caprarica: si chiama Voldemort, non Valdemar o Valdemòr), Crudelia Demon e compagnia bella. Ma presto gli incubi infantili sono spazzati via dal vento dell’ovest, che gonfia gli ombrelli di un esercito di Mary Poppins volanti.
 Questa è stata senza ombra di dubbio la parte migliore e anche quella meno sfruttata: perché non dare più spazio alla dimensione del sogno e del meraviglioso anziché dilungarsi nella noiosissima e poco ispirata ricostruzione storica iniziale?
E a proposito di noia: arriva il segmento dei teenager in tenute psichedeliche. I giovani June e Frankie tubano telefonicamente durante un’interminabile amarcord musicale dagli anni ’60 a oggi. Solo alla fine, dopo un susseguirsi ininterrotto di balletti banali e affollati da sms, i due innamorati si incontrano e possono aggiornare il loro stato di Facebook, da “single” a “impegnato”. Ma non finisce qui: i piccioncini, non contenti, si esibiscono anche in un passo a due in soffitta (e confesso di aver fantasticato malignamente sulla botola aperta pochi passi dietro di loro.)
 Intanto, su un motoscafo, David Beckham, col sorriso sornione proprio di chi ha mostrato a tutto il mondo la propria mercanzia in una pubblicità di intimo, accompagna l’ultima tedofora alla meta.
 A questo punto, però, non ricordo più nulla: io e il principe Filippo ci siamo addormentati e ci siamo risvegliati solo al momento della marcia-maratona degli atleti. In un clima di “volemose bene” generale (un we are the world che non convince per niente, viste le bizze della Corea e la tregua olimpica che oramai è solo una leggenda) le delegazioni sfilano a passo svelto lungo lo stadio (i tamburi battevano a ritmo più veloce del solito per non portarla troppo per le lunghe, e non  è stata una cattiva idea.)
 La sfilata, lo ammetto, è sempre interessante: ti permette di conoscere i costumi tradizionali dei vari popoli e di adocchiare gli/le atleti/e più graziosi/e. In più è un ottimo modo per scoprire paesi mai sentiti prima, come il Kiribati, Grenada, Comoros, Palau, Nauru e San Kitt and Nevis. Trovo però fastidiosissimi i ridondanti, chilometrici nomi di certe nazioni, senza contare i doppioni: se c’è una “Narnia”, da qualche parte c’è anche una “Repubblica Democratica di Narnia”. Cito Narnia per evitare antipatiche dichiarazioni di guerra, ma, insomma, le nazioni in questione sanno di chi sto parlando. Basta con i capricci e unificatevi!
 Ma niente mi ha irritato di più dei commenti di Caprarica, che faceva i conti in tasca ad ogni benedetta nazione.  Proprio lui non dovrebbe parlare, visto che spende una fortuna per rifornire il suo portacravatte degli orrori.
 Come in tutte le sfilate, anche la marcia olimpica ha i suoi in e i suoi out. Ho ammirato i fantastici turbanti paisley della delegazione dell’Oman, ma sono state tantissime le scelte sbagliate, e non mi riferisco agli abiti tradizionali che, in quanto tali, sono sacri (anche se alla vista degli atleti delle Bermuda in bermuda non sono riuscito a trattenere un sorriso). Le mise peggiori, come al solito, sono quelle dei tedeschi: un giubbottino rosa shocking per le donne e uno celeste per gli uomini, giusto nel caso uno non si ricordi il proprio sesso di appartenenza. E vogliamo parlare poi delle giacche zebrate-marmorizzate dei finlandesi? Senza contare poi gli stivali di gomma dei cechi (anche se è stata una mossa previdente, visto il clima inglese.)

La Germania e gli arditi abbinamenti cromatici.
La marcia si è conclusa senza altri particolari episodi degni di nota. Qualche alfiere ha rischiato di decapitare un bambino, ma niente di grave.
La cerimonia giunge al termine, confermandosi come la più brutta e noiosa che abbia mai visto, un acquazzone inglese che ha spento in partenza la fiamma olimpica.
Deluso e assonnato, ciabatto in camera da letto, convinto di meritare una medaglia d’oro per la pazienza.
Non oso pensare a cosa hanno in mente di fare le redivive Spice Girls. Ma tanto, peggio di così...

Se proprio volete farvi del male, potete (ri)guardare qui un sunto della cerimonia.

martedì 24 luglio 2012

Quattro famiglie inglesi per Raffy (episodio #4)

Cosa odono le mie orecchie? Pianti, singhiozzi, urla di disperazione...
Ah, ecco, siete voi che non vi date pace per la fine di Quattro famiglie inglesi per Raffy, il primo reality mai trasmesso su un blog. Ebbene sì, oggi busseremo alla porta art decò dell'ultima famiglia britannica, gli Older, ma non disperate! Da adesso, infatti, parte il sondaggio che decreterà il vincitore, e sarete VOI a scegliere la vostra famiglia inglese preferita!
I Thebuckle, gli Stalker, i Normal e gli Older si stanno già mettendo in ghingheri (hanno appena comprato i cappellini da cerimonia!) per la finalissima, che si terrà ad inizio settembre, in modo da permettere a tutti voi di esprimere il vostro preziosissimo voto (eventualmente la data potrebbe subire modifiche, anche su vostro suggerimento). Oltre alla premiazione, vi avverto che ci sarà un piccolo, piccante extra per voi lettori fedelissimi!

Ora che siamo agli sgoccioli, la nostalgia delle mie estati zmuffiane è diventata quasi insopportabile. Assecondo il mio Mal d'Inghilterra sfogliando con tenerezza e commozione le mie foto ricordo: l'istantanea in stile carcerario che Jenny Thebuckle mi ha scattato prima del nostro addio, la foto di Jane Stalker al pic-nic dei gemelli, con una tetta che cerca disperatamente di evadere dal suo top oscenamente succinto, e il servizio fotografico che ho scattato (col mio cellulare a petrolio) ai gatti di casa Normal: il dolce Dusty, con gli occhi fuori dalle orbite, come un VIP immortalato a tradimento dai paparazzi, e la perfida Slinky, una macchia nera raggomitolata sulla mia valigia.
Per ben quattro estati ho vissuto a stretto contatto con queste strampalate ma adorabili famiglie...
I miei vestiti si sono impregnati del profumo del loro detersivo...
In loro assenza ho frugato,  in cerca di marsh-mallow e avanzi di cous cous, con l'avidità di un procione affamato, nelle loro dispense...
Ho scattato foto di ogni stanza (dal bagno alla cucina) per non dimenticare mai quei luoghi (e per mostrarli a quelle inguaribili pettegole di mia madre e mia sorella)...
Ma, vi starete di certo chiedendo chi è questo misterioso fotografo, questo attento osservatore, questo furtivo flâneur dei quartieri residenziali, solerte affrescatore della quotidianità britannica...
Mi presento: il mio nome è Raffy,
E sono l'Esperto di Famiglie Inglesi!

Uno scorcio by night del quartiere degli Older. Ci manca solo
Peter Pan appollaiato sul tetto e la nave di Capitan Uncino
che solca il cielo vespertino.
Prima di ogni altra cosa, devo congratularmi con gli Older: tra tutte le famiglie inglesi che ho conosciuto, vantano il primato dell'igiene, perciò assegnerei loro immediatamente lo Scopettino d'Oro per la pulizia.*
Dopo aver consegnato questo premio speciale, passo a presentarvi i componenti di questa simpatica famigliola: il padrone di casa, Sandy Older, magro e alto come un lampione, con un paio di magnifiche orecchie a banda larga e il guardaroba pieno zeppo di imbarazzanti camicie hawaiane e shorts che lasciano poco all'immaginazione; poi c'è Clementine Older, una sorridente postina munita di bicicletta e giubbotino catarinfrangente, nonché la mia prima host-mother lavoratrice, ma soprattutto la prima host-mother sportiva, appassionata di jogging, vegetariana e con un discreto fisichino; infine, i due figlioletti: Gay, il maggiore, di circa dodici anni (gli ho dato uno pseudonimo volutamente comico, ma quello vero differisce solo per una vocale), e Dewey, il più piccolo, di circa sei anni (l'ho ribattezzato così perchè è identico a Dewey, il fratellino un po' svampito di Malcolm).
Mai conosciuti due bambini più snob di loro. Soprattutto il minore, Dewey.
Riuscire ad avere sguardo così altezzoso, a sei anni, è davvero un risultato che ha dell'incredibile. Avrà sicuramente origini normanne.
Gay, per quanto leggermente più affabile, con me si è sempre espresso a monosillabi e grugniti: forse la sua paghetta è troppo esigua per comprare una vocale.
Somigliano entrambi alla mamma: capelli biondo paglia, lentiggini, incisivi sporgenti... i Chipmunks, per intenderci. Anche Sandy, a suo modo, è un po' roditore, ma in modo più virile: più castoro che scoiattolo.
I ragazzi Older, però, oltre alle tasche guanciali per conservare ghiande e nocciole, hanno ereditato dalla madre il palato esigente: Gay è vegetariano come Clementine, Dewey, invece, si nutre sostanzialmente di pulviscolo atmosferico ingoiato accidentalmente e rugiada. Non sono riuscito a capire se volesse essere il nuovo Gandhi o se semplicemente, dall'alto della sua boria, considerasse il cibo umano troppo volgare per lui, abituato com'è al nettare e all'ambrosia.
Comunque il fatto che i miei fratellini inglesi non fossero proprio dei gran compagnoni non mi è mai dispiaciuto molto: dopo essere stato perseguitato per un mese da Alec Normal (so che è orribile, ma una volta ho finto di dormire pur di evitare l'ennesima, interminabile partita ai Mostronzoli), essere ignorato non è stato affatto male.
Quanto ai membri adulti della famiglia, ho da subito adorato Clementine: così posh, così chic, così colta! Non dimenticherò mai le nostre chiacchierate serali, davanti a una tazza di tè bollente (l'estate inglese equivale al nostro autunno), a parlare di letteratura ed enogastronomia (una sera mi ha mostrato la ricetta delle orecchiette alle cime di rapa sul suo libro di cucina regionale italiana).
Anche Sandy è un tipo a posto, ma decisamente più monotono. Con lui si può parlare solo di cinque argomenti:
- Moby e "famosissimi" cantanti inglesi mai sentiti nominare;
- Il clima e la temperatura: ogni giorno si preoccupava di fornirmi il bollettino meteo di Bari. In realtà, però, non è l'unico. Tutti i miei padri inglesi erano ossessionati dalla meteorologia: controllavano giornalmente quanti gradi ci fossero in Via Sparano e quanta escursione termica tra l'interno della Basilica di San Nicola e l'esterno;
- Camper e roulotte, o, come li chiama lui, camper-van;
- Silvio Berlusconi: ogni mattina c'era la rassegna stampa di Sandy, con tutti gli articoli e le vignette satiriche sul nostro adorato ex-premier. Non potete immaginare quanto sia bello iniziare la giornata con i quotidiani cinque minuti di vergogna!
- La chitarra. Le mie orecchie non hanno più smesso di sanguinare dalla serenata che improvvisò per sua moglie durante il barbecue: Oh my darling, oh my darling, Clementine...♫ (In realtà Clementine è un nome falso, la canzone originale è Sweet... Okay, per motivi di privacy non posso dirlo esplicitamente: pensate al nome tipico di una mucca, traducetelo in inglese e metteteci davanti sweet. Il testo di questa canzone è pieno di tocca-tocca.)

Ci sono volute settimane di allenamento per ottenere
una così bella spirale di maionese per il mio veggie sandwich.
I membri della famiglia che non riuscirò mai a dimenticare, però, sono loro: il meraviglioso set di coltelli di Clementine...
Affilatissimi...
Lucenti...
Sexy...
Chef Tony si strapperebbe i baffi a mani nude pur di metterci le mani.
Con quei coltelli, anche solo affettare un bel pomodoro rosso inglese (grosso come una mela) per il mio sandwich** si trasforma in un'esperienza mistica, un'incommensurabile estasi dei sensi.

Prestigiose premiazioni, patetici piagnistei e tanti aneddoti porcelli vi aspettano nella finalissima di... Quattro famiglie inglesi per Raffy! (Vai col jingle: ♪ We are family! I got all my sisters with me! ♫)
Ma intanto... dichiaro aperto il televoto! Prendete pure d'assalto il riquadro apposito, collocato in alto a destra: tre delle famiglie inglesi in gara rimarrà a bocca asciutta e la colp... la decisione sarà solo VOSTRA!


*Come mi ha ricordato la mia amica Anny, mia compagna di avventure anche nelle isole britanniche, gli inglesi (inclusi gli Older) hanno la curiosa e anti-igienica abitudine di lasciare i vestiti puliti sui gradini delle scale. Puntualmente salivo in camera mia e trovavo le mie t-shirt lavate, piegate (stavo per dire stirate, ma sarebbe una bugia) e adagiate sull'ultimo gradino, col risultato che sono tutte da rilavare. Inutile sottolineare quanto questa pratica sia contraddittoria.
E' un po' come lucidare l'argenteria con degli slip usati.


*In inghilterra esiste una precisa filosofia del sandwich. Mentre noi italiani non abbiamo assolutamente nulla da obbiettare davanti a bel un panino farcito solo con due veli di prosciutto, per gli inglesi (e per i popoli nordici in genere) le fette di pane devo essere saldate insieme, unite per l'eternità, finchè bocca non le separi, attaccate anche con la colla a presa rapida, tutto purchè siano sempre viscine viscine. I collanti preferiti sono la maionese (e posso concederlo) e (orrore) il burro. Mangiare un panino al prosciutto e burro è un'esperienza raccapricciante. Tanto vale infilzare un maiale con una cannuccia e succhiarne il grasso sottocutaneo.

venerdì 20 luglio 2012

Pubblicità insopportabili #9 - Casi clinici

L'espressione fanatica della tizia strafatta di Gyno Canesten
non mi fa chiudere occhio da mesi. 
Attenzione: questo post contiene tracce di clotrimazolo. Può causare effetti indesiderati. Non sottoministrare ai bambini di età inferiore a 12 anni. Leggere attentamente il foglietto illustrativo.
Mi ero ripromesso di non parlare mai in Pubblicità insopportabili degli spot dei medicinali. E' un po' come se un critico cinematografico non avesse nient'altro di meglio da fare che recensire un cinepanettone: si sa già che fa schifo. E' troppo facile gettarci fango!
Oggi, però, devo fare un'eccezione.
Iniziamo dal primo caso clinico, davvero preoccupante. Vi chiedo di non urlare, però. Potrebbe diventare aggressiva.
Sto parlando della tizia di Gyno Canesten. Sì, quella con la micosi vaginale.


Finchè quella barra nera le copre pudicamente il viso, è tutto okay. Ma non ero preparato a quello che si nasconde sotto: due occhi spiritati, allucinati, da eroinomane in crisi d'astinenza, con quel sorriso isterico e le fossette nervose. Credo sia uno sorrisi più inquietanti della televisione (e diciamo pure del cinema, esclusi quelli di Joker e dello spostato di Psycho).
Che poi la micosi vaginale significa avere i funghi... , no?
Ma siamo sicuri che non se li è fumati?
No, sai... ha le pupille così dilatate che potrebbe partorirci (chiedo scusa, questa è la battuta più ripugnante che abbia mai concepito, ma è inutile dirvi che questa pubblicità mi ha turbato nel profondo dell'anima).
La mia diagnosi finale: crisi d'astinenza da funghetti allucinogeni;
Trattamento consigliato: prolungare l'utilizzo della salvifica barra nera sugli occhi e livellare le fossette inquietanti con l'aiuto di un chirurgo plastico competente. Ah, e poi, naturalmente, entrare in rehab.


Ora passiamo alla cartella clinica di miss Amuchina, altrimenti nota come Grazie-Sorellona!, o La-Donna-Dalla-Mascella-Così-Prominente-Da-Uccidere-Solo-Con-Un-Bacio-Volante (vedi minuto 0.04)
Quella lì non è una normale mascella... è una specie di tagliola per conigli!
Non ho mai visto un bacio così violento.
La mia diagnosi: mascella contundente.
Trattamento consigliato: con l'aiuto di Clio, mescolare fondotinta e crema idratante e sfumare sulla mascella assassina fino ad ottenere un effetto chiaroscuro in modo da nascondere il difetto.


In questo speciale med di Pubblicità insopportabili non può mancare lei, la regina delle malattie imbarazzanti: la Stitichezza. La paziente in questione è una donna che ormai ha perso la faccia. Nel senso che sembra un quadro di Picasso: non ho capito se sono gli occhi e la bocca ad essere troppi piccoli o se è il resto del viso ad essere troppo grande. Oppure è il collo che è sottile come un catetere? La scienza medica non è ancora riuscita a dare una risposta a questa domanda.
Certo è che quel vestito color arancia marcia è tremendo. Con i suoi capelli sarebbe di gran lunga più indicato un bel verde Tantum Verde (la speranza non si perde).
E comunque, signora, io non accetterei mai medicinali da uno che di cognome fa Erba (e che si veste come un droghiere dell'Ottocento).
La mia diagnosi: fisionomia totalmente allo sbaraglio e sospetto daltonismo.
Trattamento consigliato: ritiro a vita privata.


Ma avete notato che tutte le malattie più imbarazzanti, nelle pubblicità, se le beccano le donne? Recentemente c'è un nuovo spot sull'alitosi, e indovinate chi è che ha l'alito mefitico? Una donna. E' un evidente caso di maschilismo pubblicitario.
Io, che, come di certo sapete, non faccio differenze tra uomini e donne (l'umanità mi irrita in toto), vi sottopongo il caso disperato del dottor Follador, che ha prestato il volto, ma sopratutto la voce soporifera al nuovo spot del dentifricio Sensodyne Ripara e Proteggi. Ebbene, posso affermare che il dottore è chiaramente l'erede legittimo di Lisia, Demostene ed Isocrate, la reincarnazone di Cicerone, o almeno il gosth writer dei suoi celebri discorsi al Senato. Come resistere alla sua accattivante voce atona?
Ma forse la domanda giusta è "per quanto ancora, Catilina dottor Follador, abuserai della pazienza nostra?"
Non ci resta che aspettare il prossimo testimonial Sensodyne. Incrocio le dita affinché sia uno spazzolino elettrico ronzante.
Ah, dottor Follador, lo sa che il suo cognome, in spagnolo, significa "colui che fotte"?
La mia diagnosi: lettura senza espressione.
Trattamento consigliato: ripetere le elementari.

 
Ma insomma... li avete visti? Questa coppia di fidanzatini convinti che una specie di I-Phone possa permettere loro di fare i fuochi d'artificio evitando l'inconveniente di rimanere incinti? Basta solo programmare a tavolino la propria vita sessuale in base al ciclo mestruale!
E perchè non sintonizzare la propria attività fornicatoria ai movimenti planetari?
E' un metodo altrettanto affidabile: "caro, oggi possiamo farlo: c'è Venere in trigono."
Poveri illusi.
Sorvolando su queste tecniche anticocenzionali magico-superstiziose, si vede che i due si amano tanto. Non finiscono nemmeno di spiegare come funziona l'aggeggio che cominciano già con i preliminari. Il segnale è verde e loro ne approfittano strappandosi i vestiti: cavolo, aspettate almeno che lo spot sia finito! Dura solo trenta secondi al massimo!
La mia diagnosi: proverbiale ritrosia del maschio a indossare il profilattico ed esibizionismo di coppia.
Trattamento adeguato: sterilizzazione chimica per entrambi.

L'orario di visite è terminato. Raffy, il medico della mutua, vi saluta e vi dà appuntamento per le prossime Pubblicità insopportabili!

martedì 17 luglio 2012

Quattro famiglie inglesi per Raffy (episodio #3)

 Ora che siamo gunti alla terza, attesissima puntata di Quattro famiglie inglesi per Raffy, mi sento in dovere di avvertirvi: per quanto possa sembrare verdeggiante e idilliaca, l'Inghilterra non è sempre un posto tranquillo.
Uscire di Venerdì Sera, per esempio, per noi studenti stranieri è sempre stato un tabù, poichè le strade, nelle serate pre-festive, pullulano di ubriaconi, che marciano sbilenchi lungo la via crucis dei pub, e brulicano di ragazze brille che dicono addio al nubilato mostrandoti le tette, senza alcun motivo apparente, se non per il gusto di sconvolgere un ignaro passante (storia vera).
Insomma, anche l'Inghilterra ha un lato oscuro, ma, almeno fino alla mia terza avventura a Portsmouth (o Zmuff), pensavo che le mie host-families avrebbero garantito la mia incolumità...
Mi illudevo che il pericolo si trovasse fuori...
Che si manifestasse solo dopo il coprifuoco, nel Venerdì Sera dei Peccatori...
A volte, invece, il demone è dentro le mura, e anche la casa più confortevole può nascondere terribili insidie...
Persino una famiglia amichevole e accogliente come quella dei Normal, di cui vi parlerò tra poco, può ospitare una presenza malefica ed esserne del tutto ignara...
Oggi vi racconterò di come sono sopravvissuto.
Vi racconterò di come sono sfuggito alle Forze del Male.
Ma prima, vi chiederete di certo chi sia questo eroe, colui che ha affrontato immani perigli ed è sopravvissuto per raccontarlo.
Mi presento: il mio nome è Raffy,
e sono l'Esperto di Famiglie Inglesi!

Questa è la colazione all'inglese che mi ha preparato
Clark il mio primo giorno a casa Normal.
Strano: è molto simile alla cena all'italiana di
mio padre.
Direi di cominciare dagli elementi "sani" della famiglia Normal. Prima di tutto la padrona di casa, Anya Normal, una florida donna di ascendenza russa, imponente, ma anche cordiale e premurosa, sebbene la sua somiglianza con Miss Piggy dei Muppets mi abbia sempre un po' inquietato (può sembrare strano, ma da piccolo avevo il terrore dei Muppets, e forse ancora oggi). Anya ha il tipico volto porcino alla Dursley, al contrario del suo compagno, il filiforme e docile Clark. Anche loro rispettano il consueto binomio inglese moglie grassona e marito grissino (so che "grassona" non è un termine molto gentile, ma l'assonanza era troppo azzeccata per rinunciare). Il bello, poi, è che Clark lavora per un'agenzia di modelle di intimo!
Giustamente, a furia di vedersi sculettare davanti strepitose modelle in baby-doll e reggi-calze, ha optato per una matrioska come Anya, attratto dalla sua genuina e boteriana opulenza. E' evidente che è innamorato perso: lo vedi sempre sul divano, accuattato come un gatto, a fare le fusa, mentre Anya lo accarezza dolcemente.
Anche Anya, come Jenny Thebuckle, ha scelto il divano come suo habitat naturale e anche Anya, come Jenny Thebuckle, ama i reality show, ma preferisce quelli truculenti in stile La Talpa. E' stato questo ad avvicinarci: guardare insieme persone costrette a mangiare uteri di maiale è un'esperienza che ti unisce per sempre.
Un altro membro della famiglia con cui ho legato particolarmente è il piccolo Alec, un putto di otto anni. Non mi capita spesso di entusiasmarmi per i bambini (o, almeno, è raro che dimostri entusiasmo per loro), ma quando il bambino in questione ha una corolla di capelli biondi, il viso rotondo e paffuto, e, per di più, stringe tra le braccia un gattino grigio di nome Dusty, è quasi impossibile rimanere indifferenti. Ogni volta che lo vedevo riuscivo a stento a trattenere l'impulso di pizzicargli le guanciotte come una vecchia zia.
Certo, come tutti i bambini, Alec tende a ripetersi: la sua unica ragione di vita è giocare con i suoi pupazzetti simil-Gormiti, perciò quando ci siamo conosciuti ha capito subito che si trovava di fronte ad un potenziale compagno di giochi.
Non ricordo bene come si chiamassero, questi mostriciattoli, perciò li ho ribattezzati "Mostronzoli".
Tu dici, ecche ce fai? Ci giochi come con le biglie,un passatempo demenziale ed estremamente noioso. In più, i Mostronzoli non sono mica sferici come le biglie, bensì bitorzoluti e pieni di arti, corna e lingue in vista, il ché vuol dire che ti si stacca un'unghia dopo neanche un minuto di gioco.
Grace, la figlia di primo letto di Anya, è la solitaria della famiglia. Non credo mi abbia mai trovato particolarmente simpatico, probabilmente perchè ha dovuto cedermi la sua cameretta fucsia in stile Winx.
Ricordo che passava ore ed ore nella stanza di Alec a cantare la stessa canzone (qualcosa su "Philadelphia"). Perciò, o prende lezioni di canto, o semplicemente è l'adolescente più noiosa di tutte le isole britanniche.
Un membro (d'adozione) della famiglia che non ho mai potuto sopportare è l'arrogante Wahid, un ragazzo arabo, griffato da capo a piedi, che, essendo coinquilino dei Normal da mesi, faceva un po' troppo il primo della classe. All'inizio si era messo in testa di farmi da fratello maggiore, poi ha cominciato a vedermi come un rivale e si è impegnato a marcare il territorio, non perdendo occasione per sottolineare il fatto che lui era lì da molto più tempo e il suo rapporto con i Normal non poteva essere paragonato al mio. Tutto questo non l'ha mai detto esplicitamente, ma glielo ho letto tante volte nel sguardo trionfante, come in occasione del compleanno di Alec, quando io gli ho regalato una fornitura annua di Mostronzoli, mentre lui ha voluto fare lo splendido con un'enorme pista per macchinine, con tanto di vampate di fuoco e innesto per schizzare champagne sul vincitore.
Perchè mai un rampollo dell'Arabia Felix (che, a giudicare dalle foto che mi ha mostrato, è più ricco di Alì Babà) dovrebbe affittare una stanza in una casetta di periferia sperduta nello Hampshire, non è dato sapere.
Ma in casa Normal ci sono presenze ben più moleste di uno sceicco in esilio...
Nascosto nell'ombra, un essere demoniaco si prepara all'agguato...
Un orribile creatura fatta di tenebre e pura malvagità...
Un abominevole mostro chiamato...
Slinky.
Da' i brividi, non trovate?
Immaginatevi la scena: di ritorno dalla mia lezione di inglese, apro il cancello, attraverso fischiettando il vialetto di casa, apro la porta, saluto Anya e salgo le scale, deciso a rilassarmi un po' sul mio letto rosa Schiapparelli prima di cena. Entro nella mia stanza, lascio cadere il mio zaino sulla moquette e mi affaccio alla finestra guardando con aria amorevole Anya che si sdraia sull'erba del giardino, a braccia e gambe spalancate come una donna vitruviana, godendosi gli ultimi raggi di sole. con una tazza di tè in equilibrio precario sulla sua pancia*.
Sorridendo a quello spettacolo, distolgo lo sguardo dalla finestra e il mio cuore si ferma.
In agguato, sulla sommità del mio guardaroba, due occhi verdi mi scrutano, studiando ogni mio movimento.
Boccheggio di fronte a quella immagine orrorifica, mentre il demone sguaina gli artigli retrattili e soffia con aria minacciosa, pronto a saltare. Il mantello nero come la notte si confonde nell'oscurità crescente.
Le mie gambe sono paralizzate dal terrore, ma, con mio sommo sforzo, riesco a indietreggiare di qualche passo. Lentamente, guadagno la porta, scendo di corsa al piano di sotto, tremando come un pudding, raggiungo Anya in giardino e, cercando di mantere un certo contegno (in realtà sono sul punto di svenire), balbetto: "Anya... c'è... una... una pantera in camera mia."
A quel punto lei mi spiega che si tratta di Slinky ("Sinuosa"), l'enorme gatta nera di casa, che (aggiungerei io) probabilmente è la cugina inglese di Plutone, Il gatto nero di Edgar Allan Poe.
Da quell'episodio ho sempre avuto cura di chiudere bene la porta della mia camera, anche se una misera porta di legno mi è sempre sembrata una protezione insufficiente contro la furia omicidia della tenebrosa Slinky.
Malgrado Anya abbia fatto di tutto per convincermi del contrario, ho sempre pensato che Sfigatt... ehm, volevo dire, Slinky... mi odiasse. Ogni volta che ero in cucina a prepararmi un sandwich lei si appostava vicino all'uscio, per poi pararsi davanti a me e soffiare con fare aggressivo, impedendomi di raggiungere la sala da pranzo.
Era evidente che mi vedeva come il Nemico.
Il che era un gran peccato, perchè, passato il principio d'infarto del nostro primo incontro, ho dovuto riconoscere che era davvero una bella miciona sexy.
Bestie feroci a parte, la mia terza estate a Zmuff è stata anche l'estate degli shock culturali.
Innanzitutto, per qualche inspiegabile motivo, la regola numero 1, a casa Normal, era levarsi le scarpe all'ingresso, alla nipponica. Il ché vuol dire che per cercare le mie Converse color malva dovevo metterci almeno una buona mezz'ora ogni mattina (perchè, chissà come, le mie scarpe finivano sempre nei più remoti angoli del sottoscala... e ho la sensazione che ci fosse lo zampino della mefistofelica Slinky). All'interno di questo rigido sistema igienico, però, non si possono non notare contraddizioni grosse come case e clamorosi favoritismi: perchè costringere tutti a togliere le scarpe quando invece la bicicletta di Clark è ammessa in sala da pranzo?
Le differenze culturali tra inglesi e italiani, poi, emergono da elucubrazioni come la seguente, opera di Anya: "Raffy, ti preparo un panino al formaggio? Ti piace il formaggio? Ah, ma che dico! A chi non piace il formaggio?!"
A metà degli adolescenti italiani, forse?
Dulcis in fundo, l'ultimo shock culturale, reciproco, è avvenuto nel momento in cui davo il mio ultimo bacio a Grace Normal. Io aveva appena finito di interpretare un castello incantato nella recita di fine corso e lei stava per partire in Spagna per una vacanza tra amici. Eravamo entrambi imbarazzatissimi, perchè quasi tutti gli host-parents erano ancora seduti e, finito lo spettacolo, pensavano che quel timido bacio d'addio fosse un momento da non perdere.
Lei mi dà un bacio sulla guancia, io, non contento, cerco di baciarle l'altra guancia, cosa che lei non si aspettava affatto, visto che il doppio bacio è un'abitudine tipicamente italica.
Per poco non ci siamo baciati sulle labbra in mondovisione. Se solo uno di noi due avesse spostato di qualche millimetro la faccia, probabilmente oggi il bacetto da scolaretti delle elementari di William e Kate novelli sposi sarebbe già finito nel dimenticatoio, non reggendo il confronto col nostro.
Fortunatamente, siamo riusciti ad evitare il peggio, e i reali inglesi hanno tirato un sospiro di sollievo.
E così con un bacio io ho concluso la mia terza avventura zmuffiana, con sommo tripudio da parte di Slinky e Wahid. Di certo avranno festeggiato insieme, magari orinando per tutta la casa per marcare il territorio ed eliminare ogni traccia del mio odore.


Ragù fasulli, serenate imbarazzanti e tanti altri aneddoti d'ordinaria follia vi aspettano nella prossima puntata di... Quattro famiglie inglesi per Raffy! (Vai col jingle: ♪ We are family! I got all my sisters with me! ♫)
Non perdete l'ultima, pazza famiglia: gli Older!
Si avvicina il momento della votazione!


* Gli inglesi bevono tè continuamente. E voi direte: capirai che novità!
Il fatto è che gli inglesi, esattamente come il Cappellaio Matto e la Lepre Marzolina, preparano tè ininterrottamente, anche se non hanno ancora finito di bere la loro tazza. Il risultato è che la casa finisce con l'essere disseminata di tazze ancora mezze piene e abbandonate da giorni. A casa Normal, una volta, ne ho trovata una poggiata sull'orlo della vasca da bagno, mentre in giardino ho rinvenuto un tazzone di tè e latte imputridito e lasciato lì chissà da quanti eoni: dentro ci sguazzava già una colonia di girini strafatti di teina e c'erano cresciute pure delle robuste canne palustri.

giovedì 12 luglio 2012

Un biglietto per "Biancaneve e il Cacciatore" e una mela avvelenata, per favore

Voglio ricordarla così: catatonica.
Non voglio più sentir parlare di Biancaneve almeno fino al prossimo decennio. E non fatemi più vedere Kristen Stewart con una mela in mano... che sia avvelenata o quella rosso sangue di Twilight. Anzi, non fatemi vedere più Kristen Stewart.
Per lei recitare, respirare e ansimare sono praticamente la stessa cosa. La regina cattiva l'ha rinchiusa in una torre? E lei ansima disperatamente. Si è appena risvegliata da un sonno avvelenato? E ansima per la sorpresa di essere ancora viva. L'hanno appena incoronata regina? E ansima per l'emozione.
Avrà sicuramente problemi di respirazione, oppure pensa che simulare un attacco asmatico ogni cinque secondi sia la chiave per l'Oscar. Ci sei quasi, Kristen, continua così e vedrai che presto, ansante e felice, stringerai la tanto agognata statuetta.
Il bello è che lei si crede anche un'esperta di pranayama...
Un nanetto rimane ferito e lei che fa? Lo tranquillizza invitandolo a fare dei respiri profondi (e, naturalmente, gli fa vedere come si fa). A' Biancaneve, ma guarda che il nano è stato ferito da una freccia, non sta partorendo due gemelli...
Ma andiamo con ordine: partiamo dalla trama: si voleva aggiungere a tutti i costi qualcosa in più alla story-line tradizionale, ma il risultato è un polpettone poco digeribile, un continuo oscillare tra l'horror e la noia. Insomma, o ti viene un infarto, o cadi in catalessi.
Il plot consiste in una continua fuga dagli artigli della perfida regina Ravenna (Charlize Theron). I protagonisti non hanno un attimo per respirare (o, nel caso di Kristen, ansimare).
Senza contare poi le scene del tutto inutili nelle quali assistiamo ai raccapriccianti rituali di bellezza della Regina. Ci metterò un po' di tempo a dimenticare l'immagine di Charlize che emerge dal suo bagno in stile Cleopatra, ricoperta di yogurt magro dalla corona ai piedi.
D'altronde, il film è tutto uno sgocciolio disgustoso: gente che si scioglie in pozze di catrame, lo specchio che si liquefa in una sinistra creatura d'oro fuso...
Insomma, sembra la versione dark dello spot di J'adore, le neveu parfum de Christian Dior.
Se Biancaneve di Tarsem Singh si salvava per gli effetti visivi, i colori sfavillanti dei costumi e le scenografie iperboreo-barocche (clicca qui per la recensione), Biancaneve e il cacciatore è una fiaba andata a male, un trionfo di fango, liquami, muschio e muffe in quantità.
Da Dior a Müller: Charlize Theron fa l'amore con il sapore.
(Da qui in poi potreste incontrare tracce di spoiler.)
Biancaneve finisce prima in un marcescente, paludoso bosco degli orrori, brulicante di insetti e alberi tentacolari, e poi si rifugia in una radura incantata che sembra a metà strada tra il pianeta Pandora e la foresta de Le Cronache di Narnia: funghetti occhiuti, fiori di farfalle, tartarughe coperte di muschio e le fatine più brutte che siano mai apparse su uno schermo cinematografico. Mi è piaciuto però il grande cervo bianco: possente ma vellutato e coccoloso. L'Aslan della situazione, insomma, ma, per fortuna, privo di favella.
Del tutto insensata, poi, è l'aggiunta del piccolo villaggio di palafitte: un cavolo a merenda.
Quanto alla caratterizzazione dei personaggi, la Regina, nella sua misandria e ossessione per la bellezza, può anche essere credibile (soprattutto grazie alle doti recitative di Charlize Theron), mentre Biancaneve è un involucro vuoto, una bella addormentata senza un briciolo di personalità. Gli autori si sono sforzati di giustificare la malvagità di Ravenna ricostruendo un'infanzia traumatica, ma questa accuratezza psicologica manca nel personaggio dei Biancaneve: una che è rimasta chiusa in una torre per tutta l'adolescenza, come minimo un po' sociopatica lo è.
Era stata presentata come una novella Giovanna D'Arco, una Biancaneve guerriera, che lotta per il suo popolo, senza aspettare di essere salvata dal bel Principe Azzurro. In realtà se non muore dopo cinque minuti di film è solo perchè viene salvata da mezzo mondo. Non fa altro che fuggire e ansimare, e la si vede anche recitare il Padre Nostro (che, diciamocelo, stona un po' con l'atemporalità della fiaba). Capirai che eroina femminista...
Kristen Stewart sembra condannata al ruolo della donzella in pericolo. Se nella saga di Twilight è contesa tra il vampiro Edward e il licantropo Jacob, qui ad innamorarsi della più bella del reame sono il cacciatore (Chris Hemsworth, Thor) e il principe (Sam Claflin). Chi dei due sarà il fortunato?
Non fidatevi del titolo: il film lascia molti punti in sospeso, e indovinate perchè?
Biancaneve e il Cacciatore è solo il primo episodio di una trilogia (sento già le vostre urla di disperazione).
Della serie, "come possiamo spillare altri soldi ai fan di Twilight?"

lunedì 9 luglio 2012

Quattro famiglie inglesi per Raffy (episodio #2)


Nella scorsa puntata di Quattro famiglie inglesi per Raffy abbiamo fatto la conoscenza dei Thebuckle, i primi concorrenti della nostra gara tra famiglie...
Oggi, invece, spicchiamo un salto in avanti nel tempo, fino alla mia seconda estate zmuffiana, durante la quale sono stato ospite dell'eccentrica famiglia Stalker (ovviamente questo non è il loro vero cognome... ma è molto simile a quello reale e quasi altrettanto inquietante. Per motivi di privacy non posso rivelarlo esplicitamente, ma vi darò un indizio: per quanto ne so, potrebbero benissimo essere imparentati con l'autore di Dracula... Okay, è come se ve l'avessi detto.)
Forte della mia passata esperienza, durante questo secondo mese in Inghilterra ho potuto finalmente demolire (quasi del tutto) la fastidiosa barriera linguistica, unico ostacolo alla mia piena comprensione della realtà antropologica britannica. Il primo anno, infatti, è stato per me una vera sfida comunicativa e la mia unica arma, ahimè, era l'inglese scolastico. Vi basti sapere che il mio primo giorno a Zmuff, Jenny Thebuckle (che, ricorderete, è stata la mia prima host-mother) mi aveva chiesto semplicemente "are you catholic?", e io cosa vado a capire? "Are you catleek?"
Non le ho risposto subito... sono rimasto a fissarla come un ebete per mezz'ora, pensando: "Catleek...? Cat-leek...?! 'Porro-di-gatto'...?!"
Qualche giorno dopo, le chiedo in prestito un paio di forbici, ma avevo pronunciato scissors con la "sc" italiana (per gli amici, "consonante affricata palatale sonora") e lei ci ha messo tre ore per capire cosa volessi, nonostante gliele mimassi con le dita. Voi fareste tante storie se vi chiedessero in prestito un paio di forbisci?
Senza contare la volta in cui mi aveva riso in faccia dopo che le avevo chiesto un air-dryer ("asciuga-aria") anzichè un hair-dryer ("asciuga-capelli").
In effetti, ripensandoci, non è che Jenny fosse poi così simpatica. Decisamente meglio Jane Stalker, che vi presenterò tra poco...
Dicevo... avevo  già alle spalle un mese in Inghilterra, ero ormai sedicenne e mi sentivo molto più cosmopolita e self-confident.
Per dirla breve, gli inglesi si erano sempre vantati di non aver subito altre invasioni straniere dopo i Normanni, ma non avevano fatto i conti con un nuovo, insospettabile Conquistatore.
Di chi sto parlando?
Lasciate che mi presenti.
Il mio nome è Raffy,
e sono l'Esperto di Famiglie Inglesi.

Piccola premessa: tutto quello che leggerete riguardo gli Stalker è assolutamente vero, per quanto assurdo possa sembrare.
Se dopo la lettura di questo post avrete
ancora voglia di patatine (ne dubito),
vi consiglio di provare le Walkers Sale &
Aceto. Non c'è niente di meglio, per me,
in Inghilterra.
La famiglia Stalker è senza dubbio una delle più strane che abbia mai conosciuto, a partire dalla capo-famiglia, Jane, una donna dai tratti orientali, sempre sorridente e dotata di un umorismo contagioso. Quando è venuta a prendere me e il mio conquilino dall'aeroporto, ha ammirato le nostre coloratissime valigie stipate nel bagagliaio e ha commentato, in tono lezioso: "Un arcobaleeeeno!". In quel momento ho pensato che fosse strafatta, poi ho capito che è così di suo. Più tardi ancora, ho capito che è così per via dei calici di vino che ama degustare ogni sera in cucina con aria meditabonda...
Giunti a casa, ci presenta i suoi tre figli: i gemelli (sei anni in due) Moses e Moab, e sua figlia Sherman, di undici anni o giù di lì, con i suoi occhi leggermente a mandorla e il caschetto di capelli castani. Se i nomi di questi poveri bambini vi sembrano assurdi, sappiate che quelli veri sono anche peggio: se volete sapere come ha avuto il coraggio di chiamare sua figlia, vi basta cercare "sciamana" su un vocabolario d'inglese (per un bel po' di tempo non ho potuto fare a meno di ridere ogni volta che Jane la chiamava, visto che la pronuncia è molto simile a quella di "scema".)

Quanto ai gemelli, gli Stalker hanno optato per dei nomi biblici: Moses, ovviamente da Mosè, e Moab, un tizio che (testuali parole) "compare in un paio di pagine della Bibbia". E meno male che i nomi li hanno pescati dalla Bibbia e non da qualche altro best-seller... D'altronde Stephenie Meyer ha chiamato la figlia di Edward e Bella Renesmée, perciò il pericolo è terribilmente reale...
Jane, comunque, sembra essere fiera delle sue scelte onomastiche e mi ha confidato che in famiglia ne sono tutti invidiosi: "Mio cugino ha chiamato i suoi figli Skylark ["allodola"] e Sparrow ["passero"]... chiaramente voleva battermi in originalità, ma non c'è riuscito."
Durante il giro turistico per la casa (che sarebbe sembrata lussuosa se non avesse avuto l'aria di essere stata appena travolta da un uragano... anzi, a giudicare dall'arredamento animalier del salotto, qualcuno doveva aver giocato a Jumanji, lì dentro...), noto nella credenza una tazza con su scritto "Whitney" e, roso dalla curiosità, domando: "Chi è Whitney? L'altra tua figlia?"
"Ehm, no, è mio marito."
"Ah."
Segue qualche minuto di silenzio imbarazzante. Poi mi spiega che Whitney è usato come femminile soprattutto in America, mentre in origine nasce come nome maschile (in realtà il signor Stalker non si chiama realmente Whitney, ma ha comunque un altro nome bisex... non ve lo dico, ma, se proprio insistete, ve lo lascio capire: è stato battezzato come il biondino per cui Rossella O'Hara si prende una sbandata tremenda in Via col vento.)
Whitney, che era stato via per lavoro, torna a casa pochi giorni dopo il mio arrivo.
E' un militare. Aristocratico, brizzolato, atletico e terribilmente snob (ho sempre pensato di stargli sulle scatole: la moglie deve avergli detto che pensavo fosse una donna).

Un giorno ho avuto anche l'immenso piacere di conoscere sua sorella Karina: dall'aspetto non si direbbe che sono parenti. Lui è un ufficiale gentiluomo, lei è una specie di Woody Allen in gonnella. Per quanto si chiami Karina, i suoi modi sono tutt'altro che carini... anzi, è un'impareggiabile cafona. Ha fatto irruzione in cucina insieme al suo caro fratellino e, appena ha visto me e il mio coinquilino, ha chiesto a Whitney: "Cosa sono questi?" (Ha detto proprio "cosa"... "What are they?").
E lui risponde: "This is Student A and this is Student B."
Ah. Ah. Ah!
Simpatia portalo via... via col vento, proprio.
Come dicevo, non si direbbero fratelli a giudicare dall'aspetto, ma per tutto il resto sono praticamente gemelli. Siamesi. Un mostro mitologico a due teste.
Ma sarà meglio tornare a Jane, visto che ho ancora un po' di cose da dire su di lei. Come definirla se non come la perfetta donna di casa? L'incarnazione dell'"angelo del focolare" di memoria vittoriana? Jung aveva chiaramente in mente lei quando ha definito l'archetipo della Madre.
Cosa rende Jane una così formidabile puericultrice?
Innanzitutto il suo abbigliamento, sempre impeccabile. Esempio: un bel giorno, io e il mio coinquilino eravamo spaparanzati sul divano con Sherman, concentrati sulla complicatissima trama di un episodio di Raven, quando Jane fa la sua apparizione con un aderentissimo vestito nero a prova di visita ginecologica, stretto in vita da una cinta in stile cow-girl (con conseguenziali esondazioni adipose sui fianchi). Rimaniamo a bocca aperta davanti a tale visione, mentre Jane fa roteare la chioma fluente con la disinvoltura di una cubista consumata, ci lancia uno sguardo da pantera e, con fare seducente, ci informa: "Ragazzi, vado a prendere i bambini dall'asilo."
Ah... non al night-club qui vicino?
Un altro motivo percui Jane meriterebbe il titolo di madre dell'anno è la sua maestria ai fornelli. Non si perde d'animo neanche di fronte a difficoltà per altri insormontabili: hai dimenticato di salare l'acqua dei ravioli? No problem! Basta macinare il sale direttamente nel piatto!
Sono rimasto così tanto disgustato da questa scena che non ho tollerato la vista del sale per almeno una settimana.*
Jane è da lodare anche per l'equilibrato regime alimentare a cui sottopone i suoi figli. Basta qualche sua citazione per rendere l'idea: "Bambini! Avanti, finite tutte le vostre patatine!", oppure "Bambini! E' l'ora della frutta!" (e ficca nei loro esofagi delle pillole zoomorfe a base di vitamine). Ditemi voi se non è quello che direbbe qualsiasi dietologo competente! Luciano Onder non fa che tessere le lodi delle patatine come base della nostra piramide alimentare.
Ma, a proposito di patatine... dimenticavo un sesto componente della famiglia, decisamente molesto: il Fantasma Formaggino. In realtà non l'ho mai visto, ma credetemi... l'ho sentito. Mi spiego meglio: trattenere il respiro è l'unico modo per attraversare incolumi il terzo piano. In quel preciso punto di casa Stalker l'aria è appestata da un perenne, mefitico odore di patatine al formaggio che proviene dalla stanza dei gemelli, ormai del tutto assorbito dalla moquette verde muffa. Ogni santo giorno, ho dovuto attraversare quel piano di corsa e in apnea per raggiungere il quarto piano e rifugiarmi nella mia principesca (e inodore) camera total white. Non so come facciano quei benedetti bambini a vivere in quella specie di Palude Stinfalia, nuotando nei loro liquami come due pesci rossi in una boccia troppo a lunga trascurata. Questo va ben oltre il comune "spirito di adattamento". Se esitono i ciechi, i sordi e i muti... è possibile che qualcuno sia privo d'olfatto? Rapida ricerca su Google: sì, le persone anosmiche.
Che la pulizia non fosse proprio la priorità degli Stalker, comunque, avrei dovuto intuirlo dall'auto di Jane: una jeep invasa da confezioni di biscotti semivuote, scatole di pizza pietrificata e fossili di Morganucodon, il tutto cosparso da una fine polverina gialla: all'inizio ho cercato di convincermi che fosse polline o polvere di fata appena caduta dal sederino sculettante di Trilly, ma poi ho dovuto riconoscere che si tratta di uno spesso strato di patatine smolecolarizzate.
Senza contare poi il box dei gemelli in cucina: una specie di cuccia per cani.
Ma diamo un colpo di spugna alla faccenda dell'igiene (questa sconosciuta!)...
Jane sarà anche un po' negligente, ma sa come richiamare all'ordine la sua prole. Aneddoto horror: una volta io e il mio coinquilino abbiamo incautamente accettato di giocare con Sherman. All'inizio è anche stato divertente, non lo nego, ma  lo è stato decisamente meno quando, qualche minuto dopo, ci siamo ritrovati a correre a perdifiato per la casa immersa nel buio, con lei che ci insegue brandendo un coltellaccio da macellaio e ridendo come una pazza (giuro che non sto scherzando). Ci siamo nascosti, tremanti, dietro l'isola della cucina, attendendo col cuore in gola l'adempimento del nostro tragico destino, quando la luce si è accesa e Jane è intervenuta in nostro soccorso, facendo passare un brutto quarto d'ora a Samara... ehm, volevo dire Sherman.
La famiglia Stalker, in ogni caso, non smette mai di sorprendere. Misteri, rivelazioni agghiaccianti, agnizioni e colpi di scena sono all'ordine del giorno. 
Dopo quasi tre settimane di convivenza, Jane annuncia: "Sai che domani Sherman parte? Va in America."
"Wow! In America! Ma è fantastico!" (in realtà ho pensato: "Ma vedi un po' questa! Una squinzia di undici anni se ne va in America e io invece rimango qui in Inghilterra a fare la muffa, chiuso in casa a cucire e a scrivere lettere come una ragazza in età da marito in un romanzo di Jane Austen!")
"Va a trovare suo padre" puntualizza Jane.
"Suo padre? In America? Ma l'ho visto un attimo fa... è in salotto..."
"Intendo suo padre biologico..."
E a quel punto ogni mia certezza si sgretola.
Chiedo spiegazioni, e Jane, senza neanche farselo ripetere due volte, si lancia nel racconto del suo turbolento passato, che io ho riassunto in questo alberello genealogico:
Fatta eccezione per Hoa, Ryan, Mike, Tom e Thea (che non mai conosciuto di persona), tutti
gli attori o tizi random che ho scelto sono effettivamente somiglianti ai reali Stalker.
Le foto le ho prese da internet, perciò se tra questi tizi ci siete voi o riconoscete qualche vostro
parente, amico o conoscente, fatemelo presente e provvederò a rimuoverle
(pigrizia permettendo).
Il padre di Jane, che ho deciso di chiamare Ryan, come il soldato, è, appunto, un soldato americano, veterano del Vietnam. Lì, in quella terra lontana e ferita, rimase abbagliato dallo sguardo color salsa di soia di un'incantevole fanciulla del posto, che chiameremo Hoa ("fiore" in vietnamita). Così la portò con sé negli Stati Uniti e qui, dalla loro unione, nacque Jane, frutto puro e innocente di un'orribile guerra.
Una volta cresciuta, Jane sognava di vivere un amore autentico e indistruttibile come quello dei suoi genitori, ma la fortuna tardò a sorriderle. Dapprima conobbe Mike, lo sposò ed ebbe da lui la sua prima figlia, Thea, ma ben presto fu chiaro che quel matrimonio non poteva funzionare. La delusione, però, non impedì a Jane di sperare che la felicità fosse a portata di mano, e presto si convinse che il suo vicino di casa, Tom, potesse essere l'uomo della sua vita. Ahimè, si sbagliava: neanche la nascita di Sherman potè mantenere unita una coppia male assortita.
Un bel giorno, però, Jane conobbe lui... Whitney, affascinante soldato inglese. Fu trafitta dal suo sguardo penetrante e altero, e capì: esattamente come suo padre, anche lei avrebbe trovato il vero amore solo in terra straniera. Così, senza alcun indugio, salutò sua figlia Thea, ormai adulta e vaccinata, prese per mano la piccola Sherman e volò via, al fianco del suo amato, verso l'Inghilterra, correndo incontro ad un futuro carico di promesse. Poco dopo, due piccoli angeli, Moses e Moab, benedirono col loro arrivo questa coppia, nata sotto stelle propizie. Allora Jane seppe che la sua ricerca si era finalmente conclusa...
Non so voi, ma io mi sono quasi commosso nel rivivere questa romantica fiaba moderna (è tutto vero, però: croce sul cuore.)
L'unico aspetto della vicenda che mi lascia perplesso è il caso di Thea: per quanto possa essere indipendente, per quanto sia perfettamente in grado "di allacciarsi i sandali e tutto il resto", io non so se sarei riuscito a mettere un intero oceano tra me e mia figlia.
Dilemmi etici a parte, gli Stalker sono la più larga famiglia allargata del mondo, o, almeno, rientrano nella top ten.
Si può dire dire tutto su di loro, ma non che trascurino i rapporti internazionali.

Bestie feroci, sceicchi disgustosamente ricchi e tanti altri aneddoti d'ordinaria follia vi aspettano nella prossima puntata di... Quattro famiglie inglesi per Raffy! (Vai col jingle: ♪ We are family! I got all my sisters with me! ♫)
Non perdete la terza, pazza famiglia: i Normal!

* Salvo episodi (per fortuna unici) come questo, non ho mai mangiato così male in Inghileterra. La cucina inglese è piuttosto semplice e poco ambiziosa, ma qualche volta riserva insospettate squisitezze come il pane all'aglio, i sandwich tonno & mais e le deliziose torte della caffetteria della biblioteca di Portsmouth.
La cuoca peggiore, in ogni caso, rimane Jane: non ho ancora digerito (metaforicamente e non) la sua insalata di broccoli duri come pietre (venivano da Cernobyl, suppongo). Il trucco è tracciare una croce col coltello alla base del broccolo, altrimenti non si ammorbidiscono.
So che alcuni di voi non saranno molto interessati alla cosa, soprattutto ora che ho appena finito di parlare di cibo, ma devo dirvelo: come si digerisce in Inghilterra, non si digerisce da nessun'altra parte. Appena tocchi il suolo inglese il tuo metabolismo si sincronizza automaticamente col Big Ben (da noi, invece, è impostato sugli orari di Trenitalia.)



mercoledì 4 luglio 2012

Quattro famiglie inglesi per Raffy (episodio #1)

E' arrivata la stagione calda e mi sento nostalgico: ripenso con commozione alle mie estati felici nella Vecchia Cara Inghilterra, quando ero ancora un giovane e innocente liceale in cerca di avventure. Come dimenticare il cielo inglese, grigio e imbronciato, ma così vicino alla terra e così carico di quella misteriosa, pulsante magia? O i quartieri residenziali con le ortensie rosa, lilla e azzurre che esplodono oltre i cancelli delle villette in mattoncini rossi? Ma soprattutto come dimenticare Portsmouth (o, come la chiamo io, Zmuff) e le quattro famiglie zmuffiane che hanno avuto l'onore di ospitarmi?
Sì, ho trascorso un mese all'anno (per un totale di quattro) nella città natale di Dickens, e infatti ho cambiato più famiglie di Oliver Twist. I miei stessi host-parents mi hanno insignito del titolo di "esperto di famiglie inglesi". "You could write a book!" è una frase che mi sono sentito ripetere spesso, così ho deciso di seguire il suggerimento e raccontarvi TUTTO di loro, senza tralasciare alcun dettaglio orrorifico e scabroso.
Ho vissuto a stretto contatto con loro. Ho mangiato il cibo della loro tavola. Ho calpestato la loro moquette*. Ho valutato ognuno di loro in base a parametri scientifici quali simpatia, cucina, igiene, gusto estetico e bizzarria.
Sono quattro famiglie, ma una sola sarà la vincitrice.
Solo una di loro potrà portarsi a casa l'ambito cratere della vittoria e il titolo di Nuova Famiglia Reale d'Inghilterra.
Mi presento: il mio nome è Raffy,
e sono l'Esperto di Famiglie Inglesi!

(Fa' molto promo di un reality americano trasmesso su Real Time, vero? Ho imitato lo stile spocchioso de Il boss delle torte, con un tocco di adrenalina da Quattro matrimoni.)

In realtà sarete VOI a votare la vostra famiglia preferita tramite sondaggio, il primo nella storia de Il Tè. Insomma, sarete VOI i giudici del primo reality mai trasmesso su un blog: Quattro famiglie inglesi per Raffy!
Emozionati? Mai quanto me!
Ma iniziamo subito con le presentazioni: ecco a voi i Thebuckle (i cognomi di tutte le famiglie sono stati storpiati in modo caricaturale.)

Vista la sua ossessione per Star Wars, questo zerbino yodato è
una perfetta idea regalo per il signor Thebuckle. Che la forza
sia con lui (e con il suo spirito).
I Thebuckle (pr. come il francese débâcle) sono la prima famiglia ad avermi accolto, tremante e appena quindicenne, in suolo inglese e non devono essere stati così male se poi ho deciso di ritornarnci!
Certo, il primo impatto è stato traumatico, ma col passare del tempo mi sono abituato alla moquette viola (con sopra i personaggi di Winnie the Pooh) della mia claustrofobica camera e ai bottiglioni di succo d'arancia abbondantemente diluito.
Ma chi sono i Thebuckle?
La signora Thebuckle, per gli amici Jenny, con il suo volto rubizzo, il sorriso da scoiattolo e i capelli biondi e alla spina, non può che suscitare simpatia. La sua vita è frenetica: ventiquattr'ore su ventiquattro arenata (con la sua consistente mole) sul divano a sferruzzare e a guardare il Big Brother.
Io e Jenny abbiamo legato quasi subito, mentre c'è voluto un po' più di tempo per conquistare l'uomo di casa, Ewan (i padri sono sempre difficili), ma, dopo qualche giorno di timidi monosillabi, ci siamo ritrovati a conversare amabilmente di cioccolato extra-fondente e del traffico di droga in Colombia, come se ci conoscessimo da anni.
Una costante in quasi tutte le famiglie inglesi è il binomio marito in forma e moglie informe: in quasi tutte le mie host-families i padri sono tutti dei bei pezzi d'uomini (DILF, in gergo), mentre le madri sono spesso delle Veneri... di Willendorf, però. Questo è un bizzarro fenomeno che sto ancora studiando.
Tornando a noi, il terzo e ultimo componente della famiglia è la mia host-sister Judy, mia coetanea o giù di lì, bionda e un po' vanesia, così entusiasta del suo vestito nuovo da indossarlo per una cena qualunque nel giardino di casa sua (mia madre le avrebbe detto qualcosa che in italiano standard suonerebbe come "sei una chiocciola! Tutto quello che hai te lo metti addosso!").
Un giorno il signor Thebuckle porta me e Judy a vedere Pirati dei Caraibi - il forziere fantasma (all'epoca non ci capii una benemerita, perciò ebbi due ore buone per innamorarmi perdutamente di Keira Knightley). Tornando a casa, strada facendo capto qualche brandello di conversazione fra padre e figlia e ben presto realizzo che stanno parlando di me: sicuro di non essere capito, Ewan osserva con Judy che il giallo, secondo lui, è un colore un po' gay (era l'età d'oro delle Converse e io ne portavo un paio giallo splendente). A quel punto mi volto verso di lui e borbotto qualcosa come: "Senti chi parla! 'Il giallo è un colore un po' gay' disse l'uomo che sfoggiava una t-shirt rosa confetto!"
Chiaramente il dibattito sull'orientamento sessuale dei colori è finito lì, all'acqua di rose, con le fragorose risate di Ewan. Ma avrei potuto continuare, volendo: non sono esattamente un taglialegna quanto a virilità, ma sentirmi dare della femminuccia da un uomo che nelle ultime due settimane non ha fatto altro che canticchiare Nelly Furtado con la figlia...!
She's a Maneater... na na na na na! ♫
Quello che non potrò mai dimenticare dei Thebuckle, però, è la parete delle scale, quella tappezzata di fotografie incorniciate. Sì, perchè anche gli inglesi, come gli americani, sono ossessionati dai servizi fotografici di famiglia. Uno scatto in particolare mi è rimasto nel cuore, ed è un romantico ritratto coniugale: su un squallido fondale traslucido color pervinca il signor Thebuckle punta i suoi occhi azzurri verso lo spettatore, con accanto, raggiante, sua moglie Jenny. Fin qui, nulla di strano, se non fosse che quando dico accanto, intendo da entrambi i lati: il fotografo, in uno slancio di virtuosismo (probabilmente aveva appena scaricato Photoshop e non vedeva l'ora di usarlo) ha duplicato la signora Thebuckle (che di per sè è già un bell'ingombro), ponendola alla destra e alla sinistra del marito. Dovreste proprio vederla, questa foto, per capirne la comicità: nel bel mezzo dei due sfavillanti sorrisi gemelli di Jenny, il sorriso tirato di Ewan, che sembra dire: "Ma una non bastava?"

Odori molesti, mamme in minigonne mozzafiato e tanti altri aneddoti d'ordinaria follia vi aspettano nella prossima puntata di... Quattro famiglie inglesi per Raffy! (Vai col jingle: ♪ We are family! I got all my sisters with me! ♫)
Non perdete la seconda, pazza famiglia: gli Stalker

* una casa inglese richiede per la sua costruzione essenzialmente due materiali: moquette e legno scricchiolante. Il fascino dell'abitazione britannica consiste infatti nell'apparente instabilità e nell'inconsistenza. La casa inglese non è ferma e salda come le monotone, marmoree case italiane, ma ondeggia: salire una rampa di scale, in Inghilterra, significa comporre una sinfonia di scricchiolii lignei. Non so quanto vi sia familiare la sensazione, ma è un po' come salire sul ponte di un vascello pirata nel bel mezzo di una tempesta, col rischio di ricadere giù dalla stiva da un momento all'altro.

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