lunedì 30 dicembre 2013

A volte vale la pena di sciogliersi per "Frozen"

Elsa, erede al trono di Arendelle, convive sin dalla nascita con un grande segreto: è capace di
creare ghiaccio e neve, un potere straordinario ma anche oscuro. Dopo che, senza volerlo, la sua
 magia ha rischiato di uccidere Anna, sua sorella minore, si è chiusa in se stessa, isolandosi
nel dolore, nella paura e nel senso di colpa. Finché le emozioni prendono il sopravvento
 e la sua magia congela l'intero regno, costringendola alla fuga, convinta com'è che nessuno possa 
salvarla da se stessa, nemmeno l'amore di sua sorella...

Quando lo spirito natalizio scarseggia, quando mi viene voglia di fare harakiri col puntale dell'albero, quando non ci sono fantasmi del Natale passato, presente e futuro a disposizione, l'unico modo per cancellarmi dalla faccia il grugno di Scrooge è mettermi comodo sul divano e godermi una bella fiaba Disney. Perciò non poteva esserci regalo più apprezzato di Frozen, prodotto fresco, anzi freschissimo, della casa di Topolino, che è riuscito ad attizzare il fuoco dei buoni sentimenti alla pari dei grandi classici, questa volta raccontandoci una storia d'amore fraterno, quello che lega Anna e sua sorella Elsa, "La Regina delle Nevi." Anche qui ritroviamo gli elementi vincenti di Rapunzel, come la sete di libertà, l'antagonista non immediatamente riconoscibile, lo spirito di sacrificio e la predilezione per i personaggi maschili senza un titolo nobiliare, senza contare la leggera ossessione degli autori per i capelli che cambiano colore.
Sebbene la trama forse non sia così ben intrecciata quanto quella della Raperonzolo disneyana e la somiglianza delle due sorelle a volte rischi di innescare mortificanti paragoni con i film tv di Barbie, le critiche positive continuano a fioccare come neve per quello che è stato definito, probabilmente a ragione, come il miglior film dai tempi del Rinascimento Disney, ovvero il fortunato periodo che va dal 1991 (La Sirenetta) al 1999 (Tarzan) includendo capolavori come La Bella e la Bestia e Il Re Leone. In altre parole, Frozen si è rivelato una provvidenziale boccata d'aria fresca di montagna, perfetta per rinvigorire una lunga tradizione come quella dell'animazione Disney. La modernità sembra aver finalmente riscoperto l'incanto dei grandi successi del passato, tanto che si potrebbe persino parlare dell'inizio di un nuovo canone.
Gli echi e le auto-citazioni sono innumerevoli. Un esempio: la pinacoteca del palazzo reale, in cui Anna pregusta l'inizio di una nuova vita e canta la sua disperata brama d'amore (For the first time in forever, in italiano Oggi per la prima volta), non è che l'equivalente della grotta dei tesori sommersi di Ariel. Se la sirenetta cercava risposte alle sue domande contemplando La Maddalena penitente di Georges de la Tour, la principessa scandinava sogna feste e balli davanti ai banchetti paesani di Bruegel, evade dalla realtà saltando su L'altalena di Jean-Honoré Fragonard e si impratichisce nelle danze dell'amore civettando coi busti di marmo e i galanti musici di quadri rinascimentali. Un'occasione ho, il successivo duetto pop (quasi stile "bimbiminchia") in cui si esibisce con Hans è una gustosa auto-parodia dei pas-de-deux delle sue antenate, decisamente più svenevoli. La storia della protagonista, d'altronde, è quasi uno studio sul processo evolutivo della principessa Disney: questa ingenua e fiduciosa Polly-Anna si risveglierà gradualmente dal ruolo tradizionale di "bella addormentata" per armarsi di determinazione e coraggio. Il suo è il percorso "femminista" già timidamente iniziato dalla teenager ribelle Ariel e portato avanti da Pocahontas e Mulan. Ma una tale, impegnativa eredità è controbilanciata dall'autoironia, la goffaggine e l'umanità di Anna, per cui è impossibile non sciogliersi.

L'altalena o I fortunati casi dell'altalena è un dipinto rococò di Jean-Honoré Fragonard
che aveva già ispirato alcuni bozzetti iniziali di Rapunzel. Una ragazza dondola sull'altalena,
spinta da suo marito, mentre uno spasimante si bea della sua vista nascosto tra i cespugli:
questa citazione pittorica sembra quasi anticipare il triangolo austeniano 
in
 cui si troverà coinvolta Anna.

Se Frozen è rimasto così tanto tempo nel freezer, spiega il produttore, è soprattutto per gli interrogativi e gli ostacoli posti da una fiaba così criptica come La Regina delle Nevi. Della storia originale rimane ben poco, salvo qualche giochino onomastico (il triangolo Hans-Kristoff-Anna è un richiamo al nome di Hans Christian Andersen) e l'immagine del "cuore di ghiaccio", ma attraverso i tormenti interiori di Elsa, apprensiva e atterrita dai suoi stessi poteri, la Disney riesce a raccontare una realtà a noi più vicina: quella dell'incomunicabilità, l'isolamento, la disperazione vissuta nel silenzio della propria stanza. E' questa la "porta chiusa" che sempre più spesso separa fratello e fratello, genitori e figli, riducendoli ad estranei. E' questa la "porta chiusa" che Anna cerca con tutte le sue forze di spalancare, sapendo che "Love is an open door".
Elsa, prigioniera di se stessa e dei suoi conflitti alla X-Men, è senza dubbio uno dei personaggi più complessi mai ritratti dalla Disney, dato che riunisce in sé il ruolo di co-protagonista, antagonista e aiutante magico: una tripla natura che basterebbe a far venire un cerchio alla testa a chiunque. 

Se proprio volete rovinarvi la sorpresa, cliccate qui.
 Col suo canto liberatorio, mentre il prodigioso castello di ghiaccio si cristallizza di fronte ai nostri occhi e l'algida regina si trasforma in una scintillante diva della dance anni '80, assistiamo anche al grande ritorno del musical disneyano. Let it go (All'alba sorgerò) regge il confronto con la celebre Defying gravity di Elphaba, futura malvagia Strega dell'Ovest di Wicked, per quanto le traduzioni italiane dei testi siano decisamente meno efficaci degli originali. Quanto al resto della colonna sonora e alle amenità grafiche, i motivetti più orecchiabili si accostano con disinvoltura ai canti lapponi e alle suggestioni musicali del Nord, portandoci tra i fiordi dell'immaginario regno di Arendelle, dove approdano navi vichinghe, svettano stavkirke, e sorgono le torri del magnifico castello ispirato ai palazzi reali di Oslo e Trondheim. A regnare, oltre il gelo, sono i colori dell'aurora boreale (verde, azzurro e porpora), e la cura dei dettagli è, come sempre, maniacale: ovunque non fioriscano fregi di ghiaccio, germogliano le decorazioni floreali in stile Rosemåling.
Per tutti questi motivi e per tanti altri, per essere un brillante compromesso tra passato e futuro, Frozen è l'equivalente cinematografico di un cristallo di neve: simile a tanti altri venuti prima di lui, eppure unico.


Caldi abbracci e tanti auguri di felice anno nuovo! 

lunedì 23 dicembre 2013

Un Tea Party nel deserto

Aver interpretato uno dei Re Magi nella recita natalizia dell'asilo ha avuto un considerevole impatto sulla mia giovane mente. Mi ha lasciato innanzitutto un lacerante dubbio, tuttora irrisolto, circa il singolare di "Magi" (tre Magi, un "Magio"?) e, più in generale, un vivo interesse per queste misteriose figure del presepe.
Perciò, dovendo scegliere un tema per il mio secondo tea-party natalizio e 
non essendo ancora riuscito a trovare un utilizzo pratico per quel bazaar di souvenir che ho accumulato negli anni, ho pensato di omaggiare l'Oriente, le terre da cui questi saggi astrologi (o "astrologhi") sono giunti in groppa ad un cammello con una cometa per GPS e un carico di doni un po' deludenti (benché l'oro rosso sia tornato di moda.)
A dir la verità un tè nel deserto è adatto a tutte le stagioni: se non ai Re Magi, potete sempre dire di esservi ispirati a Le Mille e una Notte e invitare le amiche del corso di danza del ventre.
A meno che non troviate un posto last-minute su un tappeto volante per Dubai, sarà meglio che sia il deserto, parafrasando un detto su Maometto, a venire da voi. Luci soffuse, un tavolino basso, radiatori a palla, tappeti, sciarpe paisley e un mare di cuscini damascati è tutto quello che serve per creare un'indolente atmosfera da spot di Tesori d'Oriente. Ovviamente la comodità viene prima di tutto: se stare seduti su sette guanciali vi fa venire una gobba da dromedario, potete sempre adagiarvi sul divano, facendo notare a chi dovesse protestare che si tratta di un'invenzione orientale, tanto più che "divano" deriva dall'arabo-persiano diwan.


In alto, califfi-matrioska dagli Emirati Arabi allineati sul pianoforte.
In basso, il tavolino da tè imbandito e decorato. 
La prima delizia che ho voluto sottoporre ai miei ospiti sono i famosi turkish delights, o lokum (delle golose gelatine alla frutta ricoperte di zucchero a velo.) Pur di averli sarei stato disposto a vendere i miei fratelli alla Strega Bianca come Edmund. Non è stato semplice, ma alla fine sono riuscito a procurarmene un po', anche se mi sono dovuto spingere fino alla fiamminga Bruges, a più o meno sei mesi di cammello da Istanbul (due mesi, se avete un Katalicammello ad energia solare). Comunque voi metropolitani riuscirete a reperirli con facilità. Se, invece, come me, vivete in aride solitudini dimenticate da Allah e dalla globalizzazione, sono certo che sarete così volenterosi da prepararli in casa (in rete sono disponibili diverse ricette.)
Un banchetto da nababbi, poi, richiede oasi di datteri, dune di albicocche disidratate e scrigni di fichi secchi, anche se sanno di pot-pourri e probabilmente nessuno li toccherà.
Il "piatto forte" non c'entra un dattero con l'Oriente, ma ha un nome decisamente evocativo: le Rose del Deserto. Dei dolcetti degni delle più sontuose merende dello sha di Persia. Una ricetta leggendaria, che io stesso ho rinvenuto dopo anni di ricerche rovistando nelle sabbie roventi del Rub al-Khali, scritta in antico persiano su una consunta pergamena che ho dovuto strappare dalle mani mummificate di Jafar. Delle leccornie che le mie abilissime amiche food-blogger non riuscirebbero a preparare nemmeno esaurendo tutti e tre i desideri del genio della lampada (come no... le sento già ridere.)



Su questo vassoio persiano persino i miei sgorbi sembrano
vagamente appetitosi. 

Il posto d'onore di ogni tea-party è senza dubbio riservato al tè. L'ideale sarebbe quello alla menta, ma personalmente non riesco a berlo senza farci i gargarismi. Io opterei per un tè alla mela turco o un tè nero al profumo di gelsomino, da versare ancora bollente in un set di bicchierini da tè come quelli in foto, che ho comprato in un negozietto andaluso da un tizio col mascara, probabilmente di ascendenza moresca. Se non ne avete in casa, potete sempre usare dei bicchierini da liquore non troppo piccoli, ma nessuno vi vieta di usare delle semplici tazze e giustificarvi ricordando che la parola "tazza" è di origine araba (tassah).
Quanto all'intrattenimento, non so perché, ma quando si parla di Oriente la mente si abbandona quasi automaticamente a scenari di lascivia. Per il momento mi sono venuti in mente solo cose turche e giochi che il muezzin non approverebbe, tipo Le belle beduine, Scopri il finto eunuco o Strip-scacchi. Ma oltre a sfogliare Le Mille e una Notte in cerca di passaggi pruriginosi, potreste ammazzare il tempo facendo girare un narghilé o una striscia di mirra, sfidarvi a ripetere mille e una volta di seguito il nome originale della sposa di Aladino (Badroulbadour, "luna piena delle lune piene"), proiettare film a tema oppure piroettare come dervisci fino a perdere i sensi. In alternativa, chi vorrà, potrà esibirsi nella Danza dei Sette Veli, seguita dalla decapitazione del convitato più antipatico. 

In alto, la teiera d'argento della mamma di Anny, bicchierini da tè andalusi e
 tovagliolini a tema (Tiger.) In basso, festone turco con piccoli dromedari
di pezza e un assortimento di lokum al limone, arancia, fragola, rosa e menta.
Insomma, per l'Epifania, accogliete conturbanti odalische, sceicchi coi turbanti e sovrani di terre lontane nella vostra personale Caverna delle Meraviglie! Per sicurezza, meglio avere due eunuchi di guardia all'ingresso se volete tenere lontano i soliti imbucati. La parola d'ordine? "Apriti, sesamo!"
O forse no, vi conviene pensare a una password che i quaranta ladroni non sappiano già.


Gli incantatori di serpenti sono già tutti prenotati?
Ecco una playlist arabeggiante (con qualche ironica aggiunta.)


Per altri suggerimenti...
Un Tea Party natalizio con lo Schiaccianoci

Il Tè - il blog volutamente ozioso e inutile vi augura un magico Natale e un felice anno nuovo!

lunedì 16 dicembre 2013

Premio Giovanna 2013: Il Galà delle Pubblicità Insopportabili (le nomination)

Anche quest'anno siete tutti invitati alla seconda edizione del prestigioso Galà delle Pubblicità Insopportabili! Sarete voi, naturalmente, a decretare il vincitore: su quale odioso spot pubblicitario calerete, come l'ascia del boia, il telecomando?
L'esuberante Giovanna, la cameriera tutta pepe di Fernovus Saratoga, ritorna anche questa volta nelle succinte vesti di madrina dell'evento. Non è stato facile riuscire a rubarle un po' di tempo, ma alla fine i suoi datori di lavoro le hanno concesso una giornata libera, che dopotutto si merita: è così brava Giovanna, brava! Per i loro perversi giochini erotici moglie e marito dovranno fare a meno di lei, e chissà che non riescano a dare una mano di vernice al loro matrimonio!
Ma entriamo subito nel vivo della gara e cominciamo col presentare le sette categorie di quest'anno, che non mancano di novità:

1. Testimonial Più Insopportabile
Guarda la playlist delle 4 nomination:


Quale tra questi avanzi di avanspettacolo si aggiudicherà la Giovannina d'Oro?
Chiara Galiazzo per Tim (rileggi l'articolo) è una new-entry che in fatto di Pubblicità Insopportabili ha già dimostrato di avere X-Factor da vendere.
Però dovrà vedersela con una veterana della nostra kermesse: la snodabile Belén Rodriguez per WeChat (rileggi l'articolo), che ormai sta al Premio Giovanna come Meryl Streep agli Oscar. Lo spot di quest'anno è la riprova che anche il suo corpo, come quello dei lepidotteri che si tatua addosso, è nettamente diviso in capo, torace e addome, tutte componenti che può muovere l'una indipendentemente dall'altra. Il suo contorsionismo le varrà la vittoria?
Oppure sarà Emanuele Filiberto per FumOk (rileggi l'articolo) a trionfare?
Magari sarà la volta buona che il principe riesca farsi incoronare, anche se solo come Peggior Testimonial. Non so cosa ne pensiate voi, ma da quando l'ho visto aspirare dalla sua sigaretta elettronica e sbuffare anelli di fumo mi è sembrato improvvisamente molto "più sexy" del solito. Quasi quanto il Brucaliffo.
2. Mentecatto Più Insopportabile
Guarda la playlist delle 4 nomination:

E' stata un'impresa, ma alla fine siamo riusciti a mettere in gabbia questi quattro stralunati. Mai come quest'anno i più preoccupanti casi psichiatrici sono stati sulla cresta dell'onda. Chi però avrà l'onore di essere eletto Re dei Folli?
Approda per primo in questa categoria Angelo Parodi per il Tonno Parodi (rileggi l'articolo), l'uomo che sussurra ai pescespada, il vecchio lupo di mare che evidentemente ha bevuto un po' troppa acqua salata. "E' fuori come la zanna di un tricheco" ha dichiarato il capitano Findus, dopo aver smentito una volta per tutte le voci su una possibile parentela.
Che non sia il commesso stakanovista di Conad (rileggi l'articolo) a incassare il premio? Lo abbiamo visto tutti alzarsi nel cuore della notte per palpeggiare melanzane, misurare banane e titillare ravanelli. Più che al reparto ortofrutta, io lo trasporterei d'urgenza su un carrello della spesa al reparto psichiatrico più vicino.
Potrebbe sempre essere il coniglio di Galbusera (rileggi l'articolo), però, a saltellare sul podio e rosicchiare il premio. Comunque vada, temo che non basti infilarsi un costume rosa shocking per scongiurare una denuncia per stalking.
Chi ha già vinto invece è il villeggiante canterino di Kayak (rileggi l'articolo), talmente entusiasta del suo sito di viaggi da volercisi riprodurre. Grazie al cielo lo spot si interrompe prima che si cali l'asciugamano e si tuffi in questo insolito atto procreativo.
3. Coppia o Gruppo più Insopportabile
Guarda la playlist delle 3 nomination:



Ora è il momento di decretare la coppia, triangolo, gruppo, mandria, sciame, branco o stormo più insopportabile dell'anno, cominciando da Belén Rodríguez e famiglia per WeChat (rileggi l'articolo): nel loro ménage familiare, tra incidenti domestici e trascuratezza, di smart ci sono solo gli smart-phone.
Non possono mancare in questa sezione anche Brooke e Ridge per per Impero (rileggi l'articolo) e Chiarelli (rileggi l'articolo), che ricorderemo sempre come una coppia behellihissihimah, malgrado l'uscita di Ronn Moss dal cast di Beautiful. Cosa li ha tenuti insieme per tutti questi anni? Senz'altro una rovente passione... o era una vampata di calore?
Delle loro avventure tra università e palcoscenico non potrebbe importarcene di meno: parlo naturalmente della saga pubblicitaria di Chiara e le sue coinquiline per Tim (rileggi l'articolo). In caso di vittoria, insieme al premio, si vedranno consegnare anche una borsa di studio Erasmus per il periodo di un anno in una capitale europea a scelta tra Chisinau, Lubiana e Vaduz (con un po' di fortuna riusciamo finalmente a levarcele di torno.)

4. Peggior Trucco e Parrucco
Guarda la playlist delle 2 nomination:



Non tutte hanno la fortuna di sfoggiare una lussureggiante criniera vermiglia come quella della nostra Giovanna. Quale volto della pubblicità avrà scambiato l'antro della fattucchiera per il salone della parrucchiera?
Le modelle di Brosway meritano un posto d'onore in questa categoria: non so se siano peggio le treccine di Pippi Calzelunghe o il muso leonino della mascellona bionda.
Dà segni di indecisione anche la top-model brasiliana Isabeli Fontana per Stroili Oro (rileggi l'articolo), che passa con disinvoltura da un caschetto stile Caterina Caselli all'effetto estrema unzione.

5. Peggior Doppio Senso
Guarda la playlist delle 4 nomination:


Per concepire la pubblicità della Dreher Lemon Radler fior fior di pubblicitari si sono spremuti le meningi come limoni. Il risultato? Un'ondata di tipi da spiaggia con le bocche a ventosa che si esibiscono in ogni tipo di sbaciucchiamento: acrobatico, in bicicletta, subacqueo e persino pigmalionistico. Della serie "'o famo strano?"
Quanto all'ultima trovata delle patatine Fonzies, l'invito a leccarsi le dita per non godere solo a metà non era già abbastanza disgustoso? L'allusione andrologica ammoscia del tutto l'appetito. 
Ritroviamo poi lo spot di Emanuele Filiberto per FumOk (rileggi l'articolo), che è stato salutato dalla critica (gli sfaccendati che commentano i video di YouTube) come l'erede di "Brava, Giovanna, brava", nonché "uno dei più squallidi in circolazione". "Dopo aver visto questa roba" ha dichiarato una fumatrice, "ho deciso di iniziare a drogarmi."
Infine, impossibile non candidare l'ammucchiata bucolica di Müller Mix (rileggi l'articolo), in cui i fermenti lattici dello yogurt fanno fermentare anche le inconfessabili voglie di un gruppetto di donne in vestaglia. Che preferiate la fragola, il lime o il mirtillo, sappiate che il fico è sempre di stagione.
6. Peggiori Slogan
Guarda la playlist delle 3 nomination:



"Accadì, mi sa che domani torno qui" (rileggi l'articolo), lo slogan, muggito da un'intollerante al lattosio, che sto ancora cercando di digerire.
Il discorso del materasso Dorelan, un'interminabile manfrina ad alto tasso glicemico che fa venire voglia di comprarsi un futon. Perché di sicuro un futon non ti rinfaccerebbe mai tutto quello che ha fatto per te e non cercherebbe certo di farti sentire in colpa per aver sopportato "senza fare una piega" acari, molle saltate, episodi di incontinenza infantile o puzzette sottocoperta...
"E' tempo di limonare!", Dreher Lemon Radler.

7. Pubblicità più Insopportabile
Tutte le sopraccitate
La pubblicità che proprio non riuscite a sopportare, la réclame per cui vi prendereste la briga di inviare un reclamo, il consiglio per gli acquisti che siete ben felici di non seguire...

Allo scoccare della mezzanotte del 10 gennaio il televoto sarà ufficialmente chiuso. Fino ad allora, votate numerosi! Vi basta commentare qui sotto riportando la lista dei vostri beniamini (si fa per dire...)
Non dimenticate: al comando... ci siete voi!

lunedì 9 dicembre 2013

Una serie di accademici accadimenti VI - C'era una svolta

"Se volete conoscere un cretino, salite su un autobus." (Salvador Dalí)
Il mezzo di trasporto più celebrato dalla letteratura è senza dubbio il treno (prima che ci fosse Trenitalia, ovviamente), ma anche l’autobus, per quanto più prosaico, ha le sue storie da raccontare. Ho voluto presentarvene sei, tra aneddoti, sketch e stralci di conversazione, tutti avvenuti lungo il mio quotidiano pellegrinaggio studentesco verso CanterBari: tre storie per l’andata e tre per il ritorno. Salite a bordo anche voi?
Sono rimasti soltanto i posti in fondo, però... te pareva! Vedrete che tra neanche due fermate si riempirà di ragazzi dell’Industriale: come sempre faranno un chiasso infernale, grideranno le più truci oscenità in dialetto stretto e appesteranno l’aria con le loro secrezioni ormonali.
Vi invito a mettervi comodi, per quanto possibile. Intanto sarà meglio che vada ad obliterare i biglietti: dallo specchietto vedo già il broncio da duro dell'autista, che ha inforcato i suoi occhiali da sole a specchio e si è avvolto al collo la pashmina. Il piede è già lì che freme sull’acceleratore...

I Sanniti

"Maledetti sanniti, garibaldini e comunisti!" è l’imprecazione con cui una bellicosa vecchietta sale sul mezzo e annaspa tra i sedili, stracarica di buste della spesa. Sotto la gonna spuntano due gambette ossute, imballate in un paio di collant rosso vermiglio: due zampe di ibis che fanno pendant col naso a becco. Ai piedi, a sorpresa, porta delle scarpe da ginnastica, innovazione calzaturiera che di recente ha conquistato molti anziani, tra cui anche mio nonno.
La vecchietta, in preda ai suoi borbottii marziali, adocchia il posto libero accanto a me, ma poi ci ripensa e passa avanti, rivolgendo un’occhiata sospettosa alla mia incolta barba da bolscevico.
"Che avrà contro i sanniti?" domanda Anny, che era dietro di lei, dopo essersi seduta al mio fianco.
"Non ne ho idea. Forse si è legata al dito la storia delle Forche Caudine. Certe umiliazioni bruciano anche dopo secoli..."
"Fa tutto un brodo con garibaldini e comunisti."
"Probabilmente capirò meglio quest’associazione di idee dopo l’esame di Storia..."
"Pesantuccio, eh?”
"Il prof è ossessionato dalle date, altrimenti non sarebbe così male. La Storia Contemporanea è affascinante dopotutto..."
"Be', su, le date sono facili... la Seconda Guerra Mondiale lo sanno tutti che va dal 1939..."
"... al 1945, lo so. Il problema è che lui pretende anche che gli si dica il mese e il giorno della più insignificante scaramuccia tra il piccolo Churchill e i bulletti del suo quartiere... tipo, quando inizia esattamente la Guerra? A giugno? A febbraio? Che faccio, tiro a indovinare?"
A queste parole una ragazza appostata sul sedile davanti si sporge in modo plateale dalla suo schienale - i biondi capelli a spaghetto che frustano l'aria - e ci riserva una smorfia scandalizzata, poi, con visibile disprezzo, getta una perla a noi porci incolti: "Il primo settembre millenovecentotrentanoveee!"
“Okay, grazie” ringhio, silurandola con lo sguardo.
Colpita e affondata, la wikipedante mette il broncio e batte in ritirata, rinunciando alla sua crociata contro l’ignoranza
Io e Anny rimaniamo per un po’ in offeso silenzio, mentre la divulgatrice torna a trincerarsi nella sua irritante saccenteria. E che ci creda o no, la parola 'saccenteria' esiste per davvero.
I tragitti in pullman sono lunghi ed estenuanti, in più il biglietto costa sempre di più: bastava dirlo subito che voleva essere mandata al quel paese, gratis.
"Maledetti sabini, sanculotti e sapientoni!"

Pullmansia
Odio quando il pullman è pieno da scoppiare. Posso sentire i pendolari rimasti in piedi che mi alitano sul collo, e, a meno che tu non sia Gesù Bambino al freddo e al gelo in una grotta, non è mai una bella sensazione.
"Eh, e cos’è questo, il pullman degli studenti? Tutti studenti sono..." commenta una signora imbottita di piume d'oca, aggrappandosi al ripiano portabagagli. Mi sforzo di inghiottire tutte le possibili risposte polemiche che mi affiorano in bocca. Sì, siamo studenti, e dopo la laurea rimarremo col sedere a terra, perciò le mie chiappe non si muovono di qui, capito?
Lei e altre quattro o cinque senza sedile se stanno lì, incastrate con tutta la loro ingombrante mole in mezzo al corridoio, a farti sentire in colpa perché non hai intenzione di cedere il posto. L’inefficienza dei mezzi pubblici mi rende scorbutico e rancoroso, lo so. Ma, prima di tutto, se offrissi il mio posto ad una di loro, oltraggerei le altre, e poi se avessi voluto rischiare la vita ad ogni sterzata sarei salito sul Nottetempo.
Intanto però le passeggere in piedi, allineate come antiestetiche cariatidi, continuano a gravare minacciose su di me, che cerco invano di leggere un racconto di Buzzati. Parlano di banalità degne del palinsesto pomeridiano di Canale5, ma io le vedo ergersi a taciti giudici della mia condotta vergognosa.
Il senso di oppressione lievita a poco a poco, fino a farsi insopportabile. Come se non bastasse, alla radio danno i Carmina Burana. Fortuna imperatrix mundi

Non so come possa venire in mente a qualcuno di trasmettere canzoni così ansiogene. Ma chi è il deejay, Dario Argento? In latino, poi! Una canzone in latino!
Il mio respiro si trasforma presto in un rantolo. Dalla radio ribollono con ctonio risentimento le invettive del coro contro la sorte crudele. 
L'Inferno. Questo è sicuramente l’Inferno di Dante.
Sors immani! Et inanis! Rota tu volubilis!
Le voci si innalzano di colpo come un getto di lava.
Istintivamente mi rannicchio in posizione fetale, cercando di non sfiorare il gomito del mio vicino di sedile. Ho... bisogno... di... più... spazio. Potrei mettermi ad urlare.
Status malus! Vana salus! Semper dissolubilis!
La signora accanto a me sta per schiacciarmi. Tra poco i suoi enormi seni mi si riverseranno addosso con la peccaminosa abbondanza di Mammona. Mi contorco come un dannato, mi giro e un volto grifagno da Belzebù incombe dietro di me, gli artigli che affondano nella tappezzeria screziata e polverosa del mio sedile. Un vecchio Asmodeo ansima in preda all'asma e Bafometto bofonchia insensatezze all'orecchio di Mefistofele, mentre da qualche parte, infondo al pullman, risuona la risata gracchiante di Lilith.
Mecum omnes plangite!
Il caldo è una morsa intollerabile. Le tende  rosso sangue mi lambiscono come lingue di fuoco. Corpi sudati e aggrovigliati sussultano e si rimescolano ad ogni buca nell’asfalto. La borsa a tracolla grava sul mio petto come l'Incubo di Füssli. Calore, polvere, sudore… troppa umanità! Invio un SOS al cellulare di Anny. In una scala da zero a Munch la mia ansia schizza a livelli kirkegaardiani. Aria! Fatemi uscire! Ho bisogno d’aria!
Poi le porte automatiche finalmente si schiudono, con uno sbuffo da solfatara. La bolgia scorre via lenta e con immensa fatica risalgo il baratro demoniaco in cui ero precipitato. Il mio cuore torna a battere a velocità regolare, man mano che riemergo dalle tenebre asfissianti di sciarpe, piumini e ombrelli.
Dalla radio ora si leva, leggera come una colomba, la voce di Cher, angelo della salvezza, senza sesso e senza età, spirito benefico dai capelli ultra-lisci che diffonde speranza e invita a credere ancora nella vita.

Strane creature che meriterebbero di essere esposte in un acquario
"Anny, ti ho preso il posto!" la chiamo, facendole cenno con la mano dal fondo del bus. "Che bello che ci sei, Bobo! Quando viaggio da solo mi viene la pullmansia..."
"Ciao Raffy, anche per me è bello vedere una faccia amica” sospira Anny, immobilizzando col laccetto le ali palpitanti dell’ombrello. “Oggi sono andata dal tutor... simpatia portalo via! Ma via proprio..."
"Perché hai un tutor? Anch’io voglio un tutor! Come faccio a procurarmi un tutor?"
"Ad ogni studente di Medicina viene assegnato un professore che gli faccia da mentore" esala lei,  liberandosi dalla stretta assassina della sciarpa. "Qualcuno a cui chiedere consiglio, insomma. Ma il mio non è un granché come nume tutelare."
"Be', sempre meglio di niente, Bobo. Io mi accontenterei anche di un animale guida che mi appaia in sogno e mi suggerisca come ottimizzare i tempi di studio."
"Non immagini che rottura: sono stata lì seduta per ore nella sua sala d’aspetto. Per quanto fossi circondata da gestanti non è stata una così dolce attesa..."
"E che ci facevano lì?"
"Scusa, non ti ho detto che è un ginecologo, il mio tutor. C’era solo una donna a non essere in stato interessante. Però era parecchio interessata a me: non faceva che fissarmi. Poi a un certo punto si è fatta avanti e mi ha chiesto che ci facessi lì. Forse mi ha presa per una futura ragazza-madre..."
"Con quel faccino angelico? Ma dai, a te le visite ginecologiche viene a farle direttamente l’arcangelo Gabriele..."
"Io le ho spiegato che sono una studentessa e che aspettavo il dottore per un colloquio. Lei mi ha sorriso, non senza una punta di malizia, poi si è ravviata i capelli biondi, ha incrociato le gambe e mi ha rassicurata, in tono suadente: ‘Vedrai, lo riconoscerai subito. E’ identico a George Clooney...'"
"E lo era?" domando, piuttosto scettico.
"Forse dopo una decina di Martini, sì."
"E questa signorina così ginecologicamente socievole non era incinta, hai detto, vero?"
"No, mi ha detto di no."
"Mmm… mi sa che si aspettava che il dottore si occupasse anche di quello."
Anny sembra ponderare a fondo su questa possibilità.
"Ti sei accorto che siamo in un acquario mobile, comunque?"
Io la guardo con aria interrogativa, poi butto un occhio al finestrino: piove talmente forte che l’acqua chissà come si è infiltrata nel doppio vetro.
"Fantastico. Sembra di stare in una quelle penne che regalano come gadget... sai, quelle piene d’acqua e con i glitter che fluttuano appena le muovi." Solo che in questo caso a turbinare ci sono solo i granelli di polvere accumulati nei secoli...
Per almeno cinque minuti rimaniamo a fissare come ebeti le increspature dell’acqua attraverso quello che ormai sembra l’oblò di un sottomarino. "Ricordi Disco Stu?" domanda poi Anny, ridestandosi dal torpore ad una brusca svolta del torpedone.
"Quel tizio strambo che si crede Michael Jackson? Che ha fatto, è entrato di nuovo in sala lettura di Medicina a passo di moonwalk?"
"No, ha sfondato la porta con un calcio alla maniglia e ha annunciato: 'Ragazzi, sono tornato! Sono stato un po' in prigione, ma adesso sono di nuovo qui!'"
"Quando dice 'prigione' intende 'reparto psichiatrico'?"
"C’è dell’altro. Si è seduto, ha tirato fuori i suoi libri e poi…"
"... ha tirato fuori qualcos’altro?!” incalzo, temendo il peggio.
"... si è alzato il dolcevita bianco per mostrare gli addominali."
"Oh Dio mio, che cosa orribile! Il dolce vita bianco... come quei maniaci sessuali degli anni '70 che volevano darsi un tono da intellettuali per rimorchiare qualche ingenua liceale di provincia! Che indumento viscido..."
"Ehm... già" mi asseconda Anny. "Comunque non era un bel vedere: i muscoli sono pronunciati, ma per il resto è rachitico..."
"Scommetto che è pallidino, pieno di nei..." tiro a indovinare, rabbrividendo. "E con pochi peli ma scurissimi! Bleah!"
Cerco di reprimere le vivide immagini mentali che sono così bravo a creare. Intanto che l’autista scala le marce l’acqua si arriccia con uno schiocco sul bordo del finestrino, per poi essere respinta indietro dalla risacca. "Ma non fa Medicina, giusto?"
"No, mi ha detto che sta seguendo un corso da magazziniere."
"Ma come? E che ci sta a fare lì da voi, allora?"
"Nessuno l’ha ancora capito. Ha portato un cd house a una mia amica. Dicono che l'anno scorso volesse fare il carabiniere, o il vigile..."
"Sì, l'astronauta... ma poi cos’è che fa esattamente, un magazziniere?" mi domando. "Comunque  per fortuna nella biblioteca della mia facoltà tipi del genere non ne ho visti... a parte forse il Nano."
"Il Nano?"
"Sì, credo che il termine politically correct sia 'persona piccola'. La prima e unica volta che l’ho visto non faceva altro che leggere a bassa voce, cosa che normalmente trovo snervante. La sua però sembrava una specie di litania, come una profezia... a un certo punto ho creduto che stesse per rivelarmi chi ha ucciso Laura Palmer."
"Da noi invece c’è un altro strano tipo che passa tutto il tempo in biblioteca a scribacchiare cifre e calcoli senza senso" rilancia Anny. "Secondo me è uno studente di Medicina mancato che dopo il tracollo nervoso finge solo di studiare. Oppure è una Beautiful mind all'opera."
"Un po' come me, che fingevo di prendere appunti nell’ora di fisica per non dare un dispiacere alla professoressa.”
"Non parlarmi di appunti…" mi prega Anny, alzando gli occhi al cielo. "Tocca a me sbobinare la lezione di oggi."
"Bobo, sai quanto io adori i verbi ridicoli, ma cosa intendi dire esattamente?" inquisisco, grattandomi il mento.
"Ad ogni lezione registriamo tutto ciò che dice il professore e poi lo trascriviamo al computer. Siamo un gruppo, ma piuttosto elitario, perciò anche se facciamo a turno è comunque una faticaccia. Poi ci sono delle norme molto rigide a cui dobbiamo attenerci..."
"Oh!" esclamo, affascinato. "Quindi siete una specie di sorellanza? La Sorellanza delle Sbobinatrici! Wow, che cosa eccitante! Vi immagino già con un filo di perle al collo e un twin-set rosa confetto, che sorseggiate tè corretto su una veranda e organizzate brunch e galà di beneficienza."
"Sì, ma il gruppo originario era molto più nutrito di adesso. Prima dello Scisma, intendo."
"Lo Scisma?"
"Sì, una gravissima rottura che ci ha messo le une contro le altre: amiche contro amiche, compagne di corso contro compagne di corso. E' stato terribile. Alcune sono state espulse dal club perché le loro trascrizioni erano illeggibili, praticamente dei flussi di coscienza alla Joyce, degli ammassi di parole senza né punteggiatura, né divisione in paragrafi. Pensa che non usavano nemmeno il grassetto per le parole chiave!"
"Che barbarie!"
"Così le hanno mandate via, e loro hanno formato un gruppo tutto loro."
"Le Emule di Eco" ribattezzo prontamente, non potendo resistere alla tentazione di dare nomi altisonanti a qualsiasi cosa.
"Dopo un po’ però alcune delle ripudiate hanno insistito per tornare nella Sorellanza, ma hanno dovuto subire pesanti umiliazioni: audizioni, sfide incrociate, sbobinature di prova… solo coloro che hanno dimostrato di possedere l’X-Factor sono state riammesse, cioè un’esigua cerchia di Elette."
"Ma chi ha deciso tutto questo... il regolamento, dico? Qualcuna è scesa da una montagna con delle tavole di pietra?"
"In teoria la nostra sarebbe una democrazia, ma il potere di fatto è detenuto da una lobby piuttosto ristretta. La leader indiscussa è senz’altro una. E' stata Lei a introdurre le pene corporali per chi non si attiene al canone: ogni trascrizione deve essere in Helvetica, grandezza 12, con un’interlinea di 1,15 centimetri. Ah, e il testo deve essere giustificato, naturalmente."
"Naturalmente."
"Lei controlla personalmente tutte le sbobinature."
"Maniacale! Quindi se scrivi in Arial, con grandezza 11 e interlinea di 1,14 centimetri, che succede, le esplode la testa?" ipotizzo, allibito. "Ma come fa di nome questa dittatrice? Paris Geller?"
Anny abbozza un sorriso, ma continua a guardarsi intorno impaurita, come se temesse di vederla spuntare a testa in giù fuori dal finestrino.
"Comunque che schifo di carattere, Helvetica. Non era meglio un semplice Times New Roman? Il mio preferito, a dirla tutta, è Georgia, ma..."
"No, io lo adoro!" replica Anny, con ardore. "Ho votato Helvetica al referendum…"
"Oh, povera bambina, ora ho capito cosa ti hanno fatto: mostri tutti i segni di un lavaggio del cervello!" – cerco di abbracciarla, sentendomi maledettamente in colpa per non essermi reso conto prima di quali atroci abusi abbia dovuto subire. "Lei non è qui adesso: puoi dirlo che Helvetica ti fa schifo come font... Davvero, sei al sicuro con me..."
"Oh, smettila, Raffy, mi piace davvero Helvetica!" protesta Anny, divincolandosi.
"Oh, va bene..." chiudo lì, affrettandomi a dirottare la conversazione su argomenti meno spinosi per non alimentare i suoi già laceranti conflitti interiori. "Questa tiranna ce l'ha un fidanzato? C’è un Re di Cuori al suo fianco, o l'ha già fatto decapitare?"
"Sì, il fidanzato ce l'ha, ma è nell’esercito. Chissà dov’è adesso..."
"Ah, ecco, meglio l'Iraq, in effetti. Questo spiega molte cose. Alla poverina evidentemente il sesso telefonico e i messaggini sconci non bastano per distenderle i nervi..."
Anny preferisce non aggiungere altro. Nei suoi occhi leggo il terrore. E’ stata chiaramente plagiata dalla setta a cui si è incautamente unita. Chissà quali irripetibili minacce avrà ricevuto...
Meglio non insistere oltre. Lascio che lo sciacquio amniotico del finestrino la culli per un po' e aiuti il suo animo turbato a ritrovare la pace.
"Comunque, siamo alle solite!" prorompo, vedendola più serena. "Com’è che una squilibrata non fa alcuna fatica a trovare un fidanzato che se le prenda, e io invece sono ancora single? Non sono forse abbastanza psicopatico?"
"Oh, no, Raffy, sei pazzo da legare e tu lo sai" mi rassicura Anny, dandomi una pacca sulla spalla.
"Lo dici solo per farmi stare meglio" borbotto. "Bobo, io e mia madre pensiamo che tu non ti stia impegnando abbastanza per trovarmi un buon partito a Medicina" aggiungo, in tono serio. "Pensavo fosse questo il motivo per cui ti eri iscritta. I patti erano chiari."
"Farò del mio meglio, Raffy" mi garantisce lei, poco convincente. "Te lo prometto."
La guardo per un po’ con aria diffidente, poi mi volto dalla parte, immalinconito. I miei pensieri mulinano come quell’acqua intrappolata nel doppio vetro. "Mi sembra di essere nel cestello della lavatrice" dichiaro, appannando un po' il finestrino con un sospiro.

Maria Magdalena
 

Un ragazzo dall'aria afflitta avanza a fatica tra i sedili straripanti di giubbotti, le maniche matelassé e gli orli di visone sintetico che si sporgono a impedirgli il passaggio. I suoi occhi umidi vagano in cerca di un posto libero. Quando lo vedo puntare al sedile accanto a me distolgo in fretta lo sguardo. Con mio sommo orrore, mentre gli faccio spazio, lo sento piangere sommessamente. 
L'autobus, come sempre, è strapieno a quest'ora. Infatti la sua amica si è dovuta sedere dall'altro lato del corridoio.
Cerco di restare impassibile, mentre lui si lascia sfuggire un singhiozzo. Mi sorprendo a ritrarmi, fino ad addossarmi al finestrino gelido, quasi per paura che la sua infelicità mi contagi. E' un movimento istintivo. Mi dico che lo faccio per rispetto, per non farlo sentire più a disagio di quanto già non sia, ma quello a cui penso è soprattutto il mio, di disagio.
E' una cosa strana, il pudore del dolore.
Per infelice coincidenza la radio trasmette il pop lamentoso di Maria Magdalena, con la pioggia che tamburella a ritmo sul tetto.


"Hai provato a chiamarlo?" domanda l'amica, in un sussurro. Il finestrino riflette il suo volto solidale, sospeso nel grigiore del paesaggio urbano.
"Sì, ma è sempre spento" balbetta lui, la voce tremula come la goccia di pioggia sul vetro su cui mi costringo a concentrare lo sguardo.
Lo sento frugare nelle tasche, o nello zaino, e con la coda dell'occhio lo vedo tirare fuori un cellulare, ma trema così tanto che gli cade per terra. Tra un sobbalzo e una frenata, le sue mani cercano disperatamente di metterne insieme i pezzi, come se da quello dipendesse la sua vita.
"Allora, squilla?" domanda l'amica, con apprensione.
Il ragazzo rimane in silenzio, forse perché sta pensando a quali parole mettere insieme nel caso, sempre più remoto, che dall'altra parte a rispondergli non sia ancora una volta una voce registrata. Prega mentalmente di non dover riascoltare quel messaggio gratuito dell'operatore, che suona come una porta sbattuta in faccia.
La ragazza allunga la mano per afferrare la sua: una cordicella d’amicizia che dondola in mezzo all’angusto corridoio di un pullman.
"E' spento... ma riprovo finché non mi risponde."
A questo punto mi decido a tornare al mio libro. Torvald sta pregando Nora di restare, ma ecco che inaspettatamente una voce metallica emerge da quell’oggetto miracoloso, il talismano che il mio compagno di viaggio tiene premuto sull’orecchio. 
"Ha risposto!" bisbiglia la ragazza, con un sussulto, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
"Ti giuro che non è successo niente..." sta mormorando il ragazzo, facendo un grande sforzo per trattenere le lacrime. "Non lo so… devo aspettare prima di saperlo... Mi dispiace, io… Ma te lo giuro... per favore…"
Non riesco a captare le esatte parole dell'altro, ma le sue risposte sono lapidarie.
"Non lo so... ascolta, ci possiamo vedere per parlarne?... Ah, capisco... ma allora ci sentiamo più tardi…? Mi chiami tu…?"
Lo sento stringere forte quel punto interrogativo come se fosse il suo ultimo appiglio.
L'autista ha cambiato stazione radio e non me ne sono accorto che ora. "E poi l'amore è una cosa semplice e adesso... adesso te lo dimostrerò!" gorgheggia Tiziano Ferro, mancando del tutto di tatto. Sì, Tiziano, dimostralo adesso, che l'amore è una cosa semplice. Sta' un po' zitto, che è meglio...

L'eroe
"Raffy, lo vedi quel tipo là davanti?" mi fa Anny, con voce concitata.
"Ma chi, Testa-di-Luna?"
"No, l’altro pelato."
"Ma chi, mio padre? Senti come russa!"
"Non tuo padre, il terzo pelato!"
"Ah, sì, quello che ha appena chiuso la tendina. Ebbene?"
"Quello è stato il capopopolo della Rivoluzione dell’Anno Scorso" mi ragguaglia, gli occhi luccicanti di ammirazione. "Il pullman era davvero troppo pieno, così lui ha radunato gli altri pendolari insoddisfatti e ha denunciato tutto ai carabinieri. E’ grazie a lui se ora ogni mattina ci sono due pullman delle sette."
"Che benefattore!" considero, vagamente colpito. "Certo, non è al livello di Rosa Parks, ma niente male come sommossa..."
"Io so chi è" afferma Anny, tutta orgogliosa. "Ha fatto conoscere i miei genitori."
"Ah, ma allora è davvero un benefattore!" decreto, a dir poco strabiliato. "Eroe popolare e anche paraninfo!"
No so come, ma la sua pelata ora mi sembra più lucente di prima.

C'era una svolta
"Grazie per aver deciso di sederti accanto a me e non accanto a quel cane laggiù, Bobo"
"Sono allergica al pelo, lo sai" mi ricorda Anny. "Non ho avuto altra scelta."
"Solo io trovo strano che un cane viaggi su un autobus?" domando, voltandomi a osservarlo meglio. Il bestione dal manto color caffellatte ricambia il mio sguardo e accenna un latrato, come a dire 'E beh? Che hai da guardare?'
"C’era anche ieri" mi informa Anny, distrattamente, come se questa fosse una spiegazione esaustiva.
Poi, dato che non sembro soddisfatto, prosegue: "Ha aspettato tranquillamente con noi il pullman alla fermata. Poi all'improvviso, senza alcun motivo, ha aggredito una signora. Hai presente la Signora Chic che di solito prende il pullman delle sette?"
"Tesoro, io mi sveglio ogni mattina alle otto e ogni volta mi sembra di risorgere dalla tomba. Ti pare che sia tipo da prendere il pullman delle sette?"
"Insomma, prima le è saltato addosso, poi è salito sul pullman e si è seduto proprio accanto alla Signora Chic. Lei a momenti sveniva dalla paura - ma sei sicuro di non averla mai vista? E’ una signora davvero chic, è anche molto gentile. Ha dei bellissimi boccoli biondi...  sempre così ben truccata, con tanta cipria... sembra una diva anni ’50."
"Magari avete frainteso tutto, tu e gli altri pendolari delle sette" rifletto, lanciando un’altra occhiata di sbieco al cagnone. "Secondo me si era innamorato di lei. Poverino, non deve essere facile, dichiarare i propri sentimenti quando tutto quello che ti esce fuori dalla bocca è ‘Wof! Wof!’ Per voi la stava aggredendo, ma magari in realtà si stava offrendo galantemente di obliterarle il biglietto. Magari sotto tutto quel pelo si nasconde un gentiluomo in trench."
"Che romantico, Raffy..." commenta Anny, con condiscendenza. 
"Sembra una versione moderna de La Bella e la Bestia."
"In ogni caso è sempre meglio avere un cane per compagno di viaggio che non una narcolettica che ti dorme sulla spalla come mi è successo stamattina. Ogni tanto si svegliava e per l’imbarazzo faceva finta di niente, ma dopo neanche due minuti me la ritrovavo che ronfava senza ritegno sulla mia clavicola, finché il naso non le scivolava sul mio décolleté e allora si svegliava di nuovo!"
"La Bella Addormentata" sospiro, con aria sognante. "Questo è davvero l'autobus delle fiabe!"
"Be', tanto bella non era..." si sente in dovere di precisare Anny. "Non quanto la Signora Chic, almeno."
"Stai rovinando la magia, Bobo."
"Siamo quasi arrivati a casa, Raffy" annuncia lei, per tutta risposta, mentre si stiracchia. "E' il miglior lieto fine che un universitario possa sperare..."

Grazie per aver viaggiato con me! Aspetterò con ansia di sapere quale storia vi sia piaciuta di più e quale invece vi abbia fatto venir voglia di prendere la patente da autista solo per la soddisfazione di investirmi...

Una serie di accademici accadimenti:
Episodio I - Stranieri e strani estranei
Episodio II - Grandi speranze
Episodio III - Legami chimici
Episodio IV - Studenti esasperati
Episodio V - In balìa della balia
Episodio VI - C'era una svolta
Episodio VII - Volver
Episodio VIII - Senza vergogna
Episodio IX - Chiamatemi (un) dottore

martedì 3 dicembre 2013

Pubblicità insopportabili #29 - La Sacra Famiglia

Il nuovo Tondo Doni
o solo tontoloni?
Con questo freddo non avete proprio voglia di andare vagando per boschi in cerca di muschio? Sono due anni che non trovate più Melchiorre? Vi arrovellate chiedendovi se Gesù Bambino sia nato in una stalla o in una grotta? Nessun problema! Perché perdere tempo ad allestire un presepe decisamente kitsch quando da oggi basta accendere il televisore per ammirare la Sacra Famiglia? Naturalmente parlo della diva e donna Belén, la Stella Maris della tv italiana, che nel nuovo spot di WeChat si è trascinata dietro, come la scia di una cometa, tutta quanta l'allegra famigliola. E così, col Natale alle porte, si aprono anche quelle di casa De Martino.
A pensarci bene, tutti e tre si ritrovano dei nomi che sanno già di incenso, oro e mirra: tra Betlemme Rodriguez, Santo Stefano e il piccolo Santiago di Compostela, più che una scena di vita familiare sembra un vangelo apocrifo.


E' già da un po', però, che vediamo la serafica show-girl combinare guai e gettare l'ufficio (?) nel totale scompiglio, troppo occupata a chattare per badare a dove mette (le punte de)i piedi. Poi, grazie all'app WeChat, la Rivelazione: ha finalmente scoperto di poter parlare e flirtare contemporaneamente! Dopo aver provocato un disastro dopo l'altro, la nostra Belén ha ritrovato la sua agilità quasi sovrannaturale. Come non ammirare la flessuosità felina con cui l'In-Corona-ta schiva il cameriere? Il mio sospetto è che sia capace di sganciare il bacino dalla colonna vertebrale e poi rimettere tutto al suo posto quando più le piace, perché a un certo punto si divide letteralmente in due: il busto si protende verso destra e il sedere slitta a manca, come una specie di rimorchio fuori controllo. Assistiamo a una vera e propria deriva dei continenti: Nord America e Sud America tenuti insieme da una manciata di vertebre. Io certi azzardati movimenti centrifughi finora li ho visti fare solo a Meryl Streep e Goldie Hawn in La morte ti fa bella.
Se c'è una cosa che possiamo imparare da Belén è che la seduzione parte dallo stretching.



Quando non è travolta dal lavoro e non travolge i suoi colleghi di lavoro, Belén ancheggia di corsa a casa per stare insieme ai suoi cari. Ma mentre la poverina si affanna in cucina, con un occhio alla padella e l'altro al bebè, Stefano se la spassa alla grande, ostentando uno spirito di sacrificio e un'abnegazione degni del martire di cui porta il nome. Diciamo che più che essere devoto alla Sacra Famiglia, scarica la famiglia per giocare ai videogames coi compagnucci di scuola. Il povero Santiago, ancora in fasce, è costretto ad imparare assai precocemente come usare uno smart-phone e tartassarlo con i referti degli improbabili incidenti della mamma, pur di avere un contatto col padre negligente.
Tra l'altro ci vuole coraggio ad affidare un bambino a una che si arrampica sul guardaroba con i tacchi a spillo e aziona il frullatore dimenticandosi il coperchio, col risultato di rompersi l'osso del collo e infarinarsi come un filetto di persico. A questo punto io mi fiderei più di Erode, o di Emma Marrone, la vecchia Amica di papà...
C'è urgente bisogno di mettere in regola la casa, imbottire gli spigoli vivi e coprire le prese della corrente, e non certo per il proteggere il piccolo, che mi sembra il più responsabile dei tre. Non si capisce bene se si tratti dello spot di un'applicazione o di una pubblicità progresso per la prevenzione degli infortuni domestici...
In ogni caso, per chi se lo stesse chiedendo, quello lì non è il vero Santiago De Martino: sarà anche nato ieri, ma ha pensato bene di farsi sostituire da uno stuntman. Mica scemo.

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