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venerdì 4 aprile 2014

Pubblicità insopportabili #30 - Shakera il tuo intestino!

Un post con appendice.
Al principio fu Alessia Marcuzzi, che, dando prova di grande spirito di sacrificio, ci mise la faccia per il bene della nostra naturale regolarità. Poi Activia chiamò a sé gente a casaccio, da Geppi Cucciari ad Alessandro Borghese finanche Tosca D'Aquino. Chiunque, insomma, purché dotato di apparato digerente.
Ma mai avrei potuto immaginare che il nuovo capro spurgatorio del famigerato yogurt potesse essere Shakira, l'unica pop-star capace di shakerare i glutei come una forsennata senza mai perdere quell'aria serafica e innocente che la contraddistingue. E adesso mi passa dalla Colombia al colon. Da Waka Waka a Vaccagà. La vediamo proliferare come un batterio intestinale su ogni rete televisiva, scissa in decine di cloni che ballano la danza del ventre nel bel mezzo di una verdeggiante flora amazzonica, mentre una specie di Trilly sparge tutt'intorno polvere di fata.


Il mal di pancia, però, me lo dà soprattutto il pensiero che il suo connazionale Gabriel García Márquez, quel buongustaio di un Nobel per Letteratura, avrebbe tanto voluto che vestisse i panni di Fermina Daza nella trasposizione cinematografica di L'amore ai tempi del colera, ma Shakira non si è sentita all'altezza di interpretare un ruolo così importante nella sua prima prova di attrice, scegliendo di limitarsi a lavorare alla colonna sonora. Il che è comprensibile. Tuttavia mi chiedo, se non se l'è sentita di dire di sì al maestro del realismo magico, cosa dobbiamo dedurre dal fatto che abbia accettato invece la proposta di Activia? Si sente una cacca?
E' questo il problema paradossale dei grandi talenti: l'autostima ballerina.


"... Una delle piacevolezze della vecchiaia sono le provocazioni che si 
permettono le amiche giovani che ci credono fuori servizio."
(Gabriel García Márquez)
Avrà anche scansato Il colera, che ricordiamo essere un'infezione enterica, ma il destino l'ha condotta comunque sulla contorta via dell'intestino.
Comunque come sottofondo musicale dello spot ci sarebbe stata bene anche La tortura. Oppure una rivisitazione di Gypsy, cambiando il titolo in Stipsi. Ma magari se le conservano per la nuova campagna pubblicitaria di Enterogermina.

mercoledì 10 ottobre 2012

Todo sobre mi Madrid (capitolo quarto)

Stazione ferroviaria di Toledo, Castiglia-La Mancia 

Immaginate di svegliarvi in una camera d'hotel, accendere il televisione (quasi per sport) e imbattervi in qualcosa di simile:
 
Ora come ora mi conosco meglio di chiunque altro, e so già quel che devo fare. Per questo ora che, con la menopausa, sento che il mio corpo fa un po' il pazzerello, sto più attenta alla mia salute e prendo Savia di Danone. E' una ricetta ideale per me, l'unica con un alto contenuto di proteine di soia, pochi grassi e senza zuccheri aggiunti. Non potete immaginare quanto sia buona, finché non la provate!
Con la menopausa, io scelgo Savia.
Non so se mi faccia più ridere la vocetta da svampita di Verónica, i suoi grandi occhi spiritati, oppure le vampate di calore che la colgono proprio nel momento in cui inizia a parlare di "menopausia". Due interrogativi mi si sono subito parati davanti, impedendomi di pensare ad altro: cos'è Savia e, soprattutto, chi è questa bellezza in bicicletta, Verónica Forqué? Probabilmente sono la risposta italiana a (rispettivamente) Danaos e Stefania Sandrelli. Noi abbiamo Stefania, passata dai film osé alle ossa, gli spagnoli, invece, si sorbiscono Verónica... che forse qualcuno ricorderà per il ruolo della prostituta Cristal in Che ho fatto io per meritare questo? (1984) di Pedro Almodóvar. In effetti il titolo del film sembra preannunciare il crudele destino dell'attrice: scappata in bicicletta dalla casa di riposo, Verónica decide di riposarsi sotto un albero, immersa in un mare di fiori gialli... a parlare da sola, lodando le virtù dello yogurt di soia rubato dalla mensa della succitata casa di riposo.
Vista la mia intolleranza al sempre odiato succo di mucca, uno yogurt di soia take-away l'avrei gradito anch'io, ma il buffet dell'hotel ne era vergognosamente sprovvisto, così io ho dovuto farne a meno e contare sulle mie sole forze per affrontare l'unica gita fuori Madrid del nostro viaggio: Toledo. "La Gerusalemme spagnola", incastonata su sette colli e bagnata dal Tajo, offre un panorama mozzafiato (che è possibile ammirare da un'interminabile scalinata, anch'essa mozzafiato - ma qui in senso letterale. Naturalmente abbiamo scoperto solo una volta raggiunta la cima che c'era anche un ascensore: un classico.)
Una veduta del meraviglioso centro storico di Toledo, capoluogo della Castiglia-
La Mancia. In basso, dei lucchetti attaccati al ponte sul fiume di Tajo come
simbolo di amore eterno: Federico Moccia, ahimè, ha colpito anche in Spagna
con il suo Tres metros sobre el cielo. Su quello azzurro c'è scritto "siempre juntos",
cioè "sempre insieme." In certi momenti non so cosa darei per essere un fabbro...
Salvo l'imponente e ricchissima cattedrale, i luoghi d'interesse  non sono poi granché interessanti, a meno che non vogliate liberarvi il portafoglio degli ultimi fastidiosi spiccioli.
E' stato qui, a Toledo, comunque, che io e mio zio Domingo, visti i continui battibecchi sulle vie da intraprendere, abbiamo elaborato un nuovo metodo, estremamente sofisticato, per raggiungere facilmente le maggiori attrazioni del luogo: seguire i gruppi di griffatissimi giapponesi, che, a quanto pare, non vanno neanche agli aseos (al bagno) senza una guida turistica, possibilmente loro connazionale. 
Tornati a Madrid, decidiamo di concederci un'ultima domenica all'insegna del relax, anche se non è facile rilassarsi quando qualcuno (io) si è messo in testa di andare a caccia di libri antichi nel Rastro, il mercatino delle pulci madrileno noto per i frequenti scippi. Dopo aver rovistato tra volumi polverosi con la foga di un tossicodipendente per un'intera mattinata, rinuncio al mio agognato classico spagnolo (di trattati scientifici e filosifici in francese, chissà perchè, ce n'era una marea), ma a quel punto interviene salvifica mia sorella, che mi telefona dall'Andalusia per comuncarmi, fiera, di avermi comprato una vecchia edizione di una tragedia di García Lorca e un nuovo, misterioso best-seller fantasy caldamente raccomandato da El País.  
Prado 4. Visto che mi sono atteggiato da piccolo Sgarbi per tutti i precedenti
 capitoli, oggi vi presento tre dei quadri più imbarazzanti che ho visto a Madrid.
A sinistra, potete ammirare l'opulenza di Eugenia Martinez Vallejo nuda di Carreno
de Miranda, a destra, San Bernardo allattato dalla Vergine di Alonso Cano
(l'unico commento possibile a questo quadro è: "Ellamadonna, che mira!")
Al centro, una donna barbuta allatta sua figlio: è Magdalena Ventura, donna abruzzese,
realmente vissuta nel XVII secolo, che all'età di ventisette anni si vide spuntare in
faccia una florida barba. Il conte di Alcalà rimase affascinato dalla sua storia e
chiese a José de Ribera di ritrarla. E' impossibile capire che si tratta di una donna finché
non si nota il seno scoperto, anche se, dalla posizione, si direbbe più una tonsilla.  
Soddisfatto dalle straordinarie capacità d'acquisto di mia sorella, decido di sgattaiolare al supermercato più vicino per una empanada al tonno, quando due spagnoli mi chiedono dov'è Plaza de Tirso de Molina...
La cosa straordinaria è che ho saputo fornire loro le giuste indicazioni (io, che ho bisogno del tomtom anche per perdermi.)
Poco dopo un tizio, anche lui spagnolo, mi domanda se "quello laggiù è il Municipio".
Per qualche secondo, ai loro occhi sono stato madrileno. Per qualche meraviglioso secondo, mi sono spogliato dalle antipatiche vesti di guiri ("il classico straniero con un'aria strana") e mi sono sentito un vero gato ("gatto", il soprannome degli abitanti di Madrid). Potete immaginare l'emozione! Più o meno pari a quella che ho provato quella volta che mi hanno scambiato per un commesso di Zara, o quando una signora mi disse che avevo gli stessi occhi di Flavio Insinna (so' soddisfazioni!).
Ecco uno scorcio della cattedrale dell'Almudena, estremamente anonima (specie
all'interno). Ho inserito questa foto solo perchè ne sono schifosamente fiero:
non sembra una cartolina? (assecondatemi)
 Mi mancherà davvero, la rumorosa Madrid (così è stata definita da quel Brontolo di mio padre). Mi mancherà ognuno dei suoi rumori caratteristici: i rami degli alberi gracchianti di pappagalli lungo il Paseo del Prado, i cori notturni dei tifosi del Real Madrid ( ♪ ¿Cómo no te voy a querer? ♫) sotto la finestra della mia stanza, il sottofondo del telegiornale spagnolo che mio padre seguiva assiduamente in attesa che arrivasse il suo turno per la doccia, il lamento del mendicante appostato a Puerta del Sol, senza contare i tormentoni musicali del mio cuginetto Juanito (hit italiane intramontabili come Nostalgia canaglia di Al Bano o Torero Camomillo, il matador tranquillo...)
Il rumore di cui invece non sentirò mai la mancanza è l'imbarazzante applauso dei passeggeri italiani al momento dell'atterraggio. Ma probabilmente l'imbarazzo maggiore me lo sono procurato da solo quando, al momento di sbarcare, non riuscendo a sollevare il bracciolo del sedile (cosa che mi era già capitata all'andata), ho esclamato, ingenuamente: "Oh, ma perchè a me non si alza mai?!".
Vi lascio immaginare l'ilarità che questa mia infelice uscita ha provocato tra i (maliziosi) passeggeri.
Scendo dall'aereo col capo chino, con l'afa peucetica che mi dà il bentornato a casa. 

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