Visualizzazione post con etichetta Sarah Jessica Parker. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Sarah Jessica Parker. Mostra tutti i post

sabato 6 ottobre 2012

Todo sobre mi Madrid (capitolo terzo)

Statua di Filippo III e Real Casa de la Panederia, Plaza Mayor

Come promesso, oggi vi presento la più pazza dei miei compagni di viaggio, ovvero Grace, l'amica di famiglia che tutti mi invidierete per la sua doppia anima da signora un po' vamp e da adolescente scapestrata. 
Grace mi ha dato grosse soddisfazioni nell'apprendimento dello spagnolo: sono riuscito quasi a farle imparare a memoria la Legge di Marta, senza contare che ha acquistato non poca familiarità con gli avverbi deittici. In realtà, però, col suo savoir-faire, è perfettamente in grado di abbattere ogni barriera linguistica. Eccovi un esempio.
Il burro cacao è un oggetto di per sè dispettoso, in quanto piccolo e facile da perdere o dimenticare. Normalmente lo trovi dappertutto: in bilico sulla mensola della cucina, infiltrato tra i trucchi delle donne di casa, mimetizzato nel portapenne o semplicemente gettato lì sul letto. Ma quando c'è bisogno di lui, è introvabile. E' matematico: ogni qualvolta che abbandono il suolo natio, le mie labbra si screpolano fino a cadere a pezzi, bruciando talmente tanto che mi stupisco di non vederle lampeggiare come l'insegna di un night-club. Disperato, corro alla ricerca di una farmacia. Il mio vacabolario tascabile non mi aiuta, visto che c'è solo la voce "screpolato" (agrietado) e non "burro cacao", perciò, fatta irruzione nella farmacia più vicina, sono costretto a lanciarmi in un acrobatico giro di parole, che suona più o meno come: "Salve, mi servirebbe qualcosa per le labbra screpolate. Mi scuso, ma non conosco la parola adatta a descrivere tale oggetto." Il farmacista, con un sorriso bonario, mi dà quello che mi dice chiamarsi labél ("Ah, come il Labello!" collega poi mia madre, fiera di tale eccezionale scoperta etimologica).
Qualche giorno dopo, sarà per la forza della suggestione o per il solleone madrileno, anche Grace lamenta un insopportabile bruciore labiale. Senza perdere altro tempo, si dirige a passo sicuro verso la stessa farmacia. Al suo ingresso, l'aria condizionata gonfia il suo foulard a stampa floreale dandole un'aria botticelliana, mentre incede eterea verso il bancone e, facendo sfoggio di innato charme, mima il gesto di mettersi il rossetto, riuscendo ad ottenere in pochi secondi il burro cacao tanto bramato.
Due approcci diversi: zelo linguistico da "maestrino" versus linguaggio del corpo. Stesso risultato. Ma in fondo è questa diversità che fa di me e Grace una coppia vincente: Raffy&Grace, la risposta italiana a Will&Grace.

Plaza de las Ventas, la terza plaza de toros del mondo. Inspiegabile la presenza
di Sarah Jessica Parker vestita da torero sul cartellone pubblicitario all'ingresso.

Alla ricerca del duende (letteralmente "folletto", ma qui nel senso lorchiano di "anima, estasi, arte, autenticità" spagnola), ci siamo avventurati a Plaza de las Ventas, teatro di quello che Hemingway chiama (a ragione) "magnifico incubo": la corrida. Lo spiritello ci guida poi in un teatro diverso, a Plaza de Tirso de Molina, dove assistiamo estasiati a Carmen, spettacolo in cui Bizet duetta meravigliosamente con il flamenco del Ballet de Madrid: una corrida danzata, dove piedi scattanti diventano zoccoli di toro in corsa, e il battito del cuore segna il ritmo di una danza tellurica, fatta di euforica disperazione, amore, morte e follia (il tutto impreziosito dai commenti di Grace sulle grazie del primo bailaor).
Il duende, non ancora soddisfatto, ci spinge ad ammirare il Guernica, intenso e struggente capolavoro di Picasso, re incontrastato del Reina Sofia, museo importante, interessante, ma non più entusiasmante del Museo del Prado, almeno per me, che sono tanto rivoluzionario nella vita quanto reazionario nell'arte. Tralasciando il microclima artico (le opere andranno pure conservate a basse temperature, ma quantomeno il costo del biglietto dovrebbe comprendere una tenuta da samoiedo),  mi ha stupito soprattutto l'audio-guida offerta all'ingresso. La prima audio-guida filosofica. La prima audio-guida pensante, ma soprattutto questuante: "Lei, gentile visitatore, cosa ne pensa di questo quadro? Quali sono, secondo lei, i colori predominanti?" domanda la voce registrata, "Quali emozioni le suscita?"
Non so voi, ma io non sono abituato a rispondere alle domande di aggeggi tecnologici a cui non interessa veramente la mia risposta. A un certo punto, più che una visita guidata, mi sembrava di essere in un episodio di Dora l'Esploratrice.
Reina Sofia. Il monumento di Pablo Picasso alla disperazione e all'ira, Guernica, dipinto
dopo il bombardamento tedesco della città durante la Guerra Civile Spagnola,
nell'aprile del 1937.
Ma le stranezze non finiscono qui. Gesti apparentemente semplicissimi come spedire una cartolina possono diventare quasi mortali in una grande città come Madrid. Vi domanderete chi è che invia ancora cartoline a questo mondo: io e Grace.
Dopo aver cercato francobolli in lungo in largo per tutta la capitale spagnola, grazie ad una soffiata, cingiamo d'assedio El Corte Inglés per raggiunge una tabaccheria, apparentemente l'unico tipo di negozio provvisto di sellos. Gli orari dei negozi a Madrid sono molto rilassati: prima delle dieci e mezza non si apre niente, se non la credenza per tirar fuori le tazze da colazione. Così io e Grace, giunti davanti all'ingresso del grande centro commerciale, ci troviamo il passo sbarrato da una burbera guardia di sicurezza. Bersagliato per ben cinque minuti dagli sguardi in cagnesco di Grace, Cerbero finalmente ringhia qualcosa come: "Vale, potete entrare."
Ora, trovare una tabaccheria ne El Corte Inglés non è impresa da poco, viste le luci abbaglianti, gli espositori e le vetrine sirenesche, ma fortunatamente troviamo molti commessi pronti ad aiutarci e a darci indicazioni (che assomigliano terribilmente alle istruzioni di un ballo di gruppo). Dopo mezz'ora di arriba e abajo, raggiungiamo, muovendo la colita, il piano inferiore, dove, però, la tabaccaia, simpatica come una sigaretta spenta sulla pelle, ci annuncia che possiamo comprare dei francobolli solo nell'ufficio postale, nel piano sotterraneo.
Io e Grace ci avventuriamo giù per una squallida scalinata in stile Guillermo del Toro e inizia così la nostra catabasi negli Inferi. Ci ritroviamo, spaventati e smarriti, in una specie di fosco parcheggio sotterraneo, di quelli dove ricattatori o strozzini danno appuntamento alle loro povere vittime, là dove osano i ratti. Mezzi asfissiati da fumi sulfurei, tremando all'idea di essere coinvolti da un momento all'altro in una sparatoria, finalmente avvistiamo la luce. Un'insegna luminescente, gialla, con su scritte parole di salvezza: Correos, ufficio postale. Io e Grace ci scambiamo un sorriso incerto, ma, sollevati, come topi scampati all'incendio, corriamo verso la fine della nostra avventura ipogea, un viaggio spirituale che è metafora dell'umana esistenza. Poi, improfumate, baciate e spedite le nostre cartoline, usciamo a riveder le stelle.
Continuarà...

sabato 3 marzo 2012

La piccola Carrie Bradshaw? Non prendetemi per il... naso!

Sarah Jessica Parker è Carrie Bradshaw da adulta, AnnaSophia Robb è
l'adolescente Carrie. Nel frattempo cosa sarà successo a quel povero naso?
Tutti i fan della serie cult Sex and the City sanno benissimo che Carrie Bradshaw è una compratrice compulsiva di scarpe. Ironia della sorte, a fare le scarpe a Sarah Jessica Parker (Carrie) è stata una  diciottenne, AnnaSophia Robb, che interpreterà la giovane Carrie in The Carrie Diaries, il prequel (ancora in gestazione) sugli anni del liceo dell'ormai iconica fashionista.
Ora dovete ammettere che la scelta è stata geniale: Sarah Jessica e AnnaSophia sono praticamente due gocce d'acqua. Spero solo che nel corso della serie scopriremo cos'è successo al naso di Carrie... puntura d'ape? Rinoplastica mal riuscita? Schianto frontale con una porta-finestra?
Insomma, mi appello a quei geniacci che hanno ingaggiato AnnaSophia: ma non vi siete accorti che la faccia da levriero afgano di Sarah Jessica Parker non ha niente a che vedere col visino delicato di questa benedetta ragazzina? Insomma, Carrie è un'icona proprio perché è la dimostrazione che non serve essere perfetti per avere fascino, e voi che fate? Smussate quel bel faccione squadrato (più appuntito di un tacco Manolo Blahnik) e lo sostituite col visino lezioso di una bambola di porcellana?
Per carità, "non ho nulla" contro AnnaSophia (parafrasando Gianni Morandi), se mai ce l'ho con i suoi genitori che evidentemente non sanno che due nomi in maiuscolo non vanno attaccati ("Anna Sophia" o "Annasophia" facevano così schifo?). Lei è una giovanissima attrice che ha solo avuto la sfortuna di recitare in film bruttissimi, come il soporifero La fabbrica di cioccolato (Tim Burton ha fatto senz'altro di meglio) e Un ponte per Terabithia (il trailer lo presetava come un bel fantasy in stile Narnia, e invece era solo un piagnucoloso film drammatico dove, banalmente, l'unica "magia" era la "fervida immaginazione" dei due protagonisti).
Detto questo, torniamo a The Carrie Diaries... cosa dobbiamo aspettarci? Un tuffo negli anni '80  dove vedremo un'inedita Carrie alle prese con sorelle rompiscatole, mise ancora più kitsch di quelle indossate dalla Parker, compiti di matematica, le solite cheerleader antipatiche e il quarterback belloccio.
Detto così sembrerebbe Lizzy McGuire... e quasi quasi c'è da sperarlo, visto che, ahimé, a mettere mano alla serie sarà Josh Schwartz, papà di prodotti "tutto fumo e niente arrosto" come The O.C. e Gossip Girl (prima serie decente, tutte le altre spazzatura).
Chiaramente Charlotte, Miranda e Samantha non ci saranno, perchè qui Carrie è ancora una "ragazza di periferia".
 Insomma gli appassionati della serie di fine anni '90 dovranno mettersi l'anima in pace e dimenticare l'umorismo corrosivo delle "ragazze".


Se invece siete troppo giovani per aver visto Sex and the City (ad onor di cronaca io stavo ancora imparando le moltiplicazioni a due cifre mentre Carrie si passava mezza Manhattan) ecco qui in breve perchè e come dovreste vederlo: innanzitutto, saltate la prima serie. E' una schifezza. Diversamente dai telefilm odierni, che vanno a male in fretta, un telefilm come Sex and the City migliora con l'età.
Per quanto riguarda la trama, il titolo dice già molto, ma mi rimetto alla definizione fornita dalle sorelle di Marge Simpson: "uno show in cui quattro donne single si comportano da uomini gay", oppure al commento di Brian de I Griffin: "Cos'è? Un film su tre prostitute e la loro mamma?".
Oltre a questo, la serie è in realtà un'esaltazione dello shopping selvaggio e dell'amicizia, e finisce col nutrire abbondantemente le aspettative romantiche degli spettatori, peggio di un film Disney. Come non adorarla, dunque?

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...