lunedì 2 settembre 2013

Angherie in Ungheria

"La capitale del porno a basso costo!" è la definizione di Budapest che mi sono sentito ripetere più spesso da quando ho annunciato la mia partenza. L'impatto iniziale, d'altronde, è stato desolante, quasi quanto il sopracitato, prosaico titolo, ma non c'è voluto molto perché iniziassi ad apprezzare la bellezza della Parigi dell'Est, anche se un po' maltrattata. D'altronde sfido qualunque città a tenersi i suoi bei palazzi ancora freschi d'intonaco e le sue statue tutte linde e tirate a lucido dopo essere passate da una dominazione straniera all'altra, poi sballottate dal regime nazista a quello comunista e nel frattempo bombardate qua e là. Forse sarà stata la ferita lasciata aperta dalla Storia, non ancora del tutto rimarginata, a rendere questa vacanza più turbolenta del solito per il nostro collaudato gruppo di vacanzieri: mai viste così tante lotte di potere, guerre intestine e disturbi intestinali in soli sette giorni. D'altronde me la vado anche a cercare, scegliendo di partire con la solita comitiva senior (più cuginetto pre-adolescente). Ammetto di essermi sentito un po' orfano del gruppo teen: ora capisco come deve sentirsi Edmund Pevensie, che è ancora abbastanza giovane per vivere nuove avventure a Narnia, mentre i fratelli maggiori ormai sono costretti vedersela col mondo reale.
Insomma, me la sono vista brutta, tra golpe, conflitti generazionali e corse al mosdo (il bagno), ma vi risparmio l'elenco completo delle mie disavventure: vi basta sapere che, come sempre, sono stato costretto a tradurre in inglese qualunque domanda e curiosità balenasse nella mente dei miei sadici compagni di viaggio, anche le più retoriche, ridondanti o imbarazzanti. Fortunatamente, dopo almeno tre ore di conversazione forzata, mi sono fatto amico il concierge di notte, un ragazzo affabile con una pazienza da martire e un simpatico musetto da husky. Ecco cosa sono arrivato a dirgli, a un certo punto, esasperato, contando sulla sua complicità: "Perdonami, mi hanno chiesto di farti alcune domande che non ho per nulla voglia di tradurre, ti dispiace se facciamo finta di parlarne e poi mi invento una risposta evasiva? Grazie mille... anzi, köszönöm."
Anche il concierge di giorno, d'altronde, era molto simpatico e solare, come un Ungaro Spinato.
Nonostante faccia ancora fatica ad abituarmi al ruolo della Cassandra turistica ("Non credo sia una buona idea visitare prima il Museo dell'Agricoltura e poi la Chiesa di Mattia. Anzi, non credo sia una buona idea visitare affatto il Museo dell'Agricoltura..."), sono comunque riuscito a rispettare la mia scaletta delle priorità e visitare le attrazioni di Budapest, dal Castello di Buda, vegliato dalla minacciosa statua di Turul, il rapace mitologico che protegge il popolo ungherese, alla basilica neorinascimentale dedicata Santo Stefano, di cui qualcuno ha pensato di conservare la mano morta, senza tralasciare la splendida Grande Sinagoga, dalle ricche decorazioni geometriche, l'illuminazione da crociera e i kippah distribuiti all'ingresso che ho scoperto, mio malgrado, non essere usa-e-getta (perciò verosimilmente risalenti ai tempi della Genesi). All'ombra del Castello di Vajdahunyad, costruito per l'Esposizione Universale nel 1896 come sintesi degli stili architettonici ungheresi (lo scorcio gotico-barocco attraverso i pini faceva molto i primi cinque minuti de La Bella e la Bestia), ho potuto anche toccare con mano tremante la penna magica della Statua dell'Anonimo, gesto che, paradossalmente, si vocifera sia di buon auspicio per gli aspiranti scrittori, sebbene la solennità del momento sia stata infranta da un vecchio violinista un po' suonato che ha costretto mia madre ad accompagnarlo con la voce sulle note di 'O sole mio. Di conseguenza, è stato quasi più emozionante sgraffignare la penna a sfera (inventata dell'ungherese László Bíró) dalla camera dell'hotel.
Ma è valsa la pena penare un po' per tornare a casa col ricordo indelebile dei colori di Budapest:
  • Il fucsia decisamente chiassoso dei vestiti succinti in cui erano strizzate le mie vicine di bracciolo in aereo, degne compatriote (e chissà, magari anche colleghe) di Cicciolina, coperte di strass dagli incisivi alle unghie dei piedi. Per non parlare della tinta sbagliata, color glicine, di molte vecchiette ungheresi (ecco cosa succede quando si va dal salone di bellezza dei MyLittlePony anziché da un parrucchiere esperto);
In alto, i tetti dell'Università di Tecnologia ed Economia
di Budapest (come se avere il posto di lavoro assicurato non fosse sufficiente,
dovevano anche avere un palazzo da fiaba), al centro, le tegole smaltate
della Chiesa di Mattia e un dettaglio della decorazione stencil delle colonne,
in basso, una veduta fluviale del Parlamento illuminato dal tramonto.
Tenete d'occhio il mio profilo Instagram per altri scorci di Budapest. 

  • La caleidoscopica Chiesa di Mattia, col tetto multi-color come il cubo di Rubik (altra invenzione ungherese), l'interno completamente tatuato e, tutt'intorno, i "castelli di sabbia" del Bastione dei Pescatori;
  • I colori pastello dei palazzi, giganteschi dolcetti alle mandorle color rosa confetto o al gusto pistacchio, guarniti, secondo il capriccio del pasticcere di turno, da stucchi barocchi o curve e infiorescenze art nouveau. Poi le infinite sfumature di giallo di certi vecchi edifici: dal color zafferano all'ocra dei crauti, dal senape al biondo tokaij. E ancora, altri palazzi solo un po' trascurati, che sembrano fritti in pastella, come un dorato e croccante French toast, o l'imponente Parlamento, coi suoi tetti spolverizzati di paprika...
    Fame, eh?
  • il bianco della panna acida e, soprattutto, l'insolito candore dei peperoni, protagonisti incontrastati della cucina magiara e schiaffati un po' dappertutto, a colazione, pranzo e cena. Certi peperoni, poi, si comportano anche in modo strano, specialmente se conservati sotto aceto. Per esempio: camminavo tranquillamente per il Mercato Coperto, pensando ai fatti miei, quando improvvisamente mi sono sentito osservare da qualcuno. Giro la testa di scatto, ed eccoli lì: dei sottaceti mi fissano dai loro barattoli (probabilmente già pieni di botulino), con un beffardo sorriso al peperoncino stampato in faccia. Chissà che ci mettono, nel liquido di governo...
    E a proposito di governo, credo proprio che sentirò la mancanza del mio regime alimentare alla ungherese: questa mattina mi sono svegliato con un'irresistibile voglia di goulash e salsicce da annegare in un mare di lecso;
I sottaceti sorridenti come axolotl in un acquario.

  •  l'indaco e il rosso corallo, i colori preferiti rispettivamente da Sissi e Francesco Giuseppe. O almeno così ci è stato detto a Gödöllö, sede estiva della coppia imperiale, dalla signora Helena, la nostra guida turistica, ultrasettantenne decisamente sprint, che si autodefinisce "un bull-dozer" e si gloria di aver appreso l'italiano guardando la Clerici e quel tizio "con le mustacce ke va a kjiedere qvanto costa le pomodori" (Alessandro Di Pietro di Occhio alla Spesa.) Il castello, a dir la verità, non è un granché, soprattutto per chi ha fresco in mente il ricordo di Schönbrunn, ma ne è valsa la pena solo per la visita guidata, o meglio, recitata: malgrado l'italiano stentato (mi sa che seguiva anche Luca Giurato), Helena ci ha intrattenuto con le sue formidabili doti istrioniche, inscenando davanti ai nostri occhi l'incontro fatale tra Sissi e Franz, dando voce all'ultima preghiera di Sofia che, sul letto di morte, implorò la nuora di perdonarla per essere stata un mostro di suocera (o "sorcera", come direbbe lei) e descrivendo con dovizia di particolari l'emorragia interna che uccise Elisabetta di Baviera, quando un anarchico le lacerò il ventricolo sinistro con una lima, neanche avesse fatto lei l'autopsia. Ciò che più mi ha divertito, però, è stata l'eccitazione svetoniana con cui ci ha raccontato i dettagli più succosi della vita privata della malinconica Sissi, delle sue ossessioni e delle sue manie, come quella per il fitness e la cura del corpo: per mantenere le sue misure da urlo (90-50-90 per un metro e settanta d'altezza), che le hanno garantito il titolo di Miss Impero Austro-Ungarico a vita, Elisabetta si dedicava ad estenuanti esercizi ginnici e passeggiate forsennate. Se il suo bel visino richiedeva maschere a base di fragole e carne di vitello crudo (avrebbe dovuto aggiungerci un goccio di aceto balsamico: la morte sua), la folta chioma esigeva impacchi di uova e cognac, mistura che, oltre a donare lucentezza ai capelli, conferisce loro quel profumo di distilleria che fa tanto aristocratico. Al risveglio da un pigiama party organizzato dalla sua amica del cuore, niente meno che la regina Vittoria, Sissi stupì la corte britannica con la sua colazione ipocalorica, un centrifugato di frutta e verdura che metterebbe tristezza anche a Jill Cooper, facendo sentire tremendamente in imbarazzo sua maestà, che si era già servita di una doppia porzione di bacon. E' indubbio, però, che Vicky fosse molto affezionata a Sissi, tanto da prestarle il suo yatch privato per un viaggetto a Madeira, lontano dal fedifrago Franz, anche se il nome della barca, Victoria and Albert, non poté non ricordare all'infelice imperatrice quando facesse schifo il suo matrimonio in confronto all'idillica vita coniugale dei sovrani inglesi, i Brangelina del diciannovesimo secolo. Eppure Sissi si prese la sua rivincita, almeno secondo le maldicenze di sua sorella, Maria Sofia, l'ultima regina napoletana, esiliata in Inghilterra, che spifferò al figlio Rodolfo i particolari del presunto affaire di sua madre con l'istruttore di equitazione, un ometto irlandese (forse un lepricauno), durante il suo soggiorno britannico. Sissi giurò di non aver corso la cavallina con altri se non col suo cavallo Avalon e da allora tenne il broncio alla sorella impicciona, alla quale pure era stata molto legata, specie una volta varcata la soglia degli "anta", visto che le faceva da beauty counselor;
Malinconico scorcio del Ponte della Libertà con tram.
Tenete d'occhio il mio profilo Instagram per altre foto da Budapest. 

  • Il giallo intenso dei tram, di cui avrò scattato almeno un centinaio di foto. Credo di aver trovato in loro il mio mezzo di trasporto preferito, specialmente quando il cielo promette pioggia e puoi osservarli guizzare come raggi di sole nel grigiore urbano. Da evitare, invece, i bus turistici, dove finisco sempre per incontrare l'ennesima giovane coreana in vacanza da sola (non credo ci sia niente di più deprimente, specie per me che da solo non riuscirei nemmeno a giocare al solitario) o mi ritrovo a scambiare banalità con altri turisti italiani, tra cui si nasconde gente che non prova alcuna vergogna ad esclamare: "Ah, ma voi parlate come lino Banfi?! Adoro il vostro accento! Avrò visto Spaghetti a mezzanotte almeno duecento volte!"
    Ah sì? Io neanche una. Colgo l'occasione per chiarire all'Italia intera che il capoluogo pugliese da noi viene chiamato "Bari" in italiano o Bér in dialetto. Bery lo dice solo Banfi.
    Quanto al rispetto del codice stradale, però, devo spezzare una Lancia Ypsilon in favore del Bel Paese: non mi era mai capitato prima di marcire chiuso in un pullman fermo per mezz'ora davanti ad un'auto della polizia parcheggiata in doppia fila, aspettando che il poliziotto si degnasse di uscire dal bar. Gli mancava solo la doughnut in mano.
Stile Liberty a Budapest (o, in ungherese, Szecesszió): in alto,
tetti e vetrata del Museo delle Arti Applicate,  al centro e in basso,
interni delle terme Gellért. (Quest'ultimo collage

  • Il verde rame del Ponte della Libertà, che si sbraccia oltre il bel Danubio bl... ehm... grigio-verde per fare il solletico al colle Gellért. A due passi dalla cascata artificiale che ricorda l'entusiasmante sport nazionale degli antichi magiari (gettare giù dai monti santi ed evangelizzatori), ci si può tuffare nelle calde acque delle illustri terme Gellért, un tempio stile Liberty consacrato al benessere, dove "lampade, vetrate, doccioni e palme contribuiscono a creare una piacevole atmosfera tipicamente borghese" (cito il dépliant). Helena ci ha spiegato che le acque sorgive di Budapest sono particolarmente indicate per incrementare la fertilità femminile, proprietà che fu scoperta quando qualcuno ebbe l'idea di farci sguazzare dentro un'ippopotama dello zoo e questa partorì poco dopo una sporca dozzina. Così quando ho chiesto un asciugamano e una cuffia all'addetto dello staff - un omone dallo sguardo decisamente intimidatorio, un Un-happy Hippo col faccione più spaventoso di una maschera busó - ho scoperto che almeno uno degli ippopotamini è cresciuto e ha per giunta trovato impiego presso le terme in cui è nato. Dopo un tale incontro, per smettere di tremare mi ci sono voluti una nuotata nella piscina di Gatsby, una sauna, una capatina nel bagno turco alla camomilla più bollente in cui abbia mai messo piede e infine un massaggio aromatico di Zita, non proprio la masseuse più avvenente in circolazione. Diciamo che di Venere aveva solo lo strabismo. In ogni caso non si può negare che abbia il tocco magico.
    Penso proprio che tutti dovrebbero concedersi un massaggio, di tanto in tanto, specie quella donna le cui urla isteriche, rimbalzando sulle mattonelle, si sono propagate per tutto lo spogliatoio: "MI MANCA L'IGIENE! IO HO BISOGNO DI IGIENE!"
    Igiene mentale, di sicuro.

Dato che i miei Ricordi cordovesi si erano conclusi con un'analoga crisi di nervi, per coerenza stilistica credo sia il momento di mettere un punto fermo a questo lungo, ma spero gradito, Buda-post.

7 commenti:

  1. A me Budapest piacque un botto, mi stavo già auto-flagellando quando ho letto di Gödöllo perché non sapevo ci fosse una cosa del genere nelle vicinanze,però se dici che il castello non è un granché mi consolo!
    Tanta solidarietà per te che devi tradurre ogni volta perché a me capita di fare lo stesso, con mia madre che si appiccica e mi interrompe in continuazione quando parlo per sapere "se ho detto quello e anche quello..."

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    1. Anche a me è piaciuta molto, ma non è stato un colpo di fulmine: ci siamo dovuti conoscere meglio e me ne sono innamorato. Confermo su Gödöllö, la struttura è in parte in ristrutturazione e gran parte dell'arredamento è andata perduta... molto meglio inseguire Sissi a-Vienna e Corfù ;)
      Ti ringrazio tantissimo per la solidarietà, a volte mi sento poco apprezzato per gli sforzi che faccio :(

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  2. Come al solito sei grande. Sai raccontare le cose descrivendo esattamente quelle che sono le sensazioni provate. Mi piacerebbe riuscirci soprattutto con la tua ironia. Ogni tanto esci le unghie e difenditi dalle angherie in Ungheria......e altrove. Sei troppo bravo vai avanti gira il mondo......e un mondo si aprirà.

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    1. Grazie mille bobo, come direbbe Helena, d'ora in poi sarò "un bul-dozer"! :) O almeno ci proverò.
      Bacio :*

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  3. Non sapevo tutte queste cose così colorAte sulla vita di Sissi... Però l'epilogo del tuo racconto fa quasi paura ( non fosse che probabilmente potrei essere io quella scoppiata in preda alle crisi di nervi per la moquette inglese)

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    1. :) Ahahah io incontro sempre gente strana, quanto all'igiene delle moquette inglesi, non so se hai letto i post "4 famiglie inglesi per Raffy"... nessuno può capirti più di me, solidarietà assoluta ;)

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    2. Sì, sì, mi ricordo! E ricordo che quando li lessi non ero ancora approdata in UK.... Anche in quel caso sei stato una guida rivelatrice ;-)

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