venerdì 8 novembre 2013

Bruxelles, ma belle (capitolo primo)

Ceci n'est pas un post.

Oramai perfettamente calato nel ruolo di Tintin, reporter giramondo, vi presento qui di seguito uno scottante dossier sul mio soggiorno a Bruxelles, l'Olimpo degli eurocrati, la Capitale del Fumetto o, se preferite, la Pescheria d'Europa. Mi ci sono precipitato per portare a termine una missione diplomatica di vitale importanza: convincere Angela Merkel a lincenziare il suo personal shopper. A parte questo ingrato compito, non potevo perdermi l'occasione di fare una capatina nell'unico paese al mondo in cui puoi abbuffarti di patatine fritte (frites) con la scusa che siano un prodotto tipico. E lo stesso vale per i waffle (o meglio, gaufre), cancelletti ipercalorici sommersi da montagne di panna e torrenti di cioccolato fuso (GNAM!)I copaines de voyage che mi hanno affiancato in questa delicata impresa non erano un cagnolino bianco come la neve e un capitano ubriaco fradicio, ma tutto sommato ci vanno vicino: Anny, mia migliore amica, confidente e compagna di merende, e poi loro, l'iperattiva Mary e l'apprensivo Nick, ovvero i miei genitori. Uno degli aspetti più complessi di questa avventura è stato quello linguistico, non tanto per via del mio francese délavé o del plurilinguismo brussellese, quanto perché io e mio padre, proprio come i fiamminghi e i valloni, parliamo lingue diverse. E qui colgo l'occasione per omaggiare (indegnamente) l'arte del fumetto belga con un esempio di quelli che Anny chiama eufemisticamente "sketch di vita familiare", mentre io sono solito definirli "semi-serie lotte generazionali che si concludono quasi sempre con la parola 'ospizio' preceduta da un verbo al futuro."
* "Pisciatello" è il soprannome che Nick ha affibbiato al Manneken Pis, la statua di un putto
che fa pipì,
tra i simboli più famosi di Bruxelles. Per tradizione, i politici stranieri in visita
donano al fanciullino 
il rispettivo costume nazionale in miniatura. 
Malgrado le numerose scaramucce di questa sorta, condite di SGRUNT! e TSK! di sdegno, siamo riusciti ugualmente a visitare la città, e senza alcun patricidio o diseredazione a rovinare l'atmosfera.
Sin dalle mie prime ore a Bruxelles mi è parso di trovarmi con un piede a Parigi e con l'altro ad Amsterdam, circondati com'eravamo dal rigoglio sinuoso dell'art-nouveau e la biscottata architettura fiamminga. Il tour è cominciato, ça va sans dire, con un GULP! di meraviglia davanti alla magnifica Grand Place, quella che Cocteau definì "il più bel teatro del mondo", là dove Victor Hugo scelse la sua dimora da esule (le Pigeon), Karl Marx scrisse il suo manifesto comunista, sorseggiando un tè alla Maison du Cygne, e dove io ho intasato la memoria della macchina fotografica in neanche cinque minuti. Dal gotico dell'imponente Hôtel de Ville e della Maison du Roi, al rinascimento e al barocco, la piazza non si fa mancare davvero nulla: quando non c'è il sole, ad illuminarla e a dar vita al grigio della pietra ci pensa l'oro spruzzato qua e là su ogni palazzo.
Sia io che Anny abbiamo ammirato con particolare entusiasmo le bellezze del posto, e non solo quelle artistiche: per ogni belga particolarmente avvenente partiva in automatico un sentito "chapeau!", accompagnato dal gesto di toglierci il cappello. Per quanto ne abbia calpestata già abbastanza di terra europea sotto i piedi, mai come in questi cinque giorni in Belgio ho visto così tanta bella carne al fuoco!
Tra apparizioni divine e coup-de-foudre, camminando per la città ci si può imbattere anche in Tintin, i Puffi e tutti gli altri personaggi delle bandes dessinées, che fanno capolino dalle finestre e ciondolano per le strade solo dipinte di una seconda Bruxelles, bidimensionale e coloratissima, sovrapposta a quella vera.


Alcuni edifici storici che si affacciano sulla Grand Place, tra cui la Maison du Roi
(in alto a sinistra) e due esempi di street-art dedicati al fumetto belga.
Dopo un primo après-midi a zonzo per il centro, stuzzicati dalle vetrine delle Galeries St-Hubert (con esposti, a mo' opere d'arte, capolavori di haute pâtisserie e macarons di tutte le nuances pastello), ci siamo rintanati in un ristorantino di Rue de Bouchers per un tête-à-tête a lume di candela con un intero secchio di cozze, delizie del Mare del Nord che a Bruxelles mangiano a pranzo, petit-déjeneur e cena. La luce soffusa delle lampade di vetro colorato, le curve serpentine dei grandi specchi Liberty, il crepitare del fuoco nel camino come baci con lo schiocco (SMUAK!): in uno scenario così romantico, io ed Anny, più pettegoli di Obama, abbiamo trascorso l'intera serata ad intercettare la conversazione in corso al tavolo vicino, quella (in inglese) tra un ciarliero danese, sulla cinquantina, stempiato, ma ancora piacente, e il suo amico, un atletico belga di cui siamo riusciti a vedere solo l'ampia schiena. Sembrava si fossero conosciuti da poco, perché quella del danese era sicuramente una parlantina nervosa, in più era paonazzo e faceva uno sforzo evidente per mantenere il contatto visivo col suo giovane interlocutore.
"Raffy, ma secondo te...?" comincia Anny, dopo qualche minuto di attenta osservazione.
"Sì, anche secondo me..." rispondo, mandando giù un sorso di birra lambic alla ciliegia.
"Sarà il loro primo appuntamento..."
"Sì, il danese ha ordinato le ostriche, e si sa che sono afrodisiache..."
"Ma che c'entra?!" protesta Anny, ridendo. Poi, dopo aver spezzettato un po' della sua baguette nel potage des légumes, aggiunge: "Il danese comunque è sicuramente..."
Ci scambiamo uno sguardo sornione, la fiamma della bugie si riflette negli occhioni verdi di Anny, e subito dopo le nostre voci si accavallano: nello stesso istante lei sussurra "serratura" e io "chiave."
E con "chiave" e "serratura" alludiamo non troppo velatamente ai ruoli che quei due potrebbero interpretare una volta calato il sipario delle braghe.
"Non so..." pondera Anny, dubbiosa. "E' che il belga è così muscoloso..."
"Credo dovremmo trovare un double-entendre un po' più elegante di 'chiave' e 'serratura', comunque..."
"Che confabulate voi due?" si intromette mia madre, riemergendo dal suo piatto di waterzooi (sembra il nome di un batterio o di un parco acquatico, ma è solo pollo in salsa alla panna.) "Chiavi e serrature? Cercate un ferramenta?"
E qui si vede da chi ho preso l'abitudine di ficcanasare...
"Certo che no, delfina curiosa, parlavamo di un quadro di Magritte che probabilmente vedremo domani al museo" improvviso. "Sono simboli ricorrenti nella sua pittura, non lo sapevi?"
Mary manda giù un sorso d'acqua, ma, a giudicare dal suo sguardo di divertito rimprovero, non se l'è bevuta.
Segue un momento di meditabondo silenzio (MUMBLE MUBLE), in cui le voci della coppia novella sono coperte dal CLANG! delle posate, il CRUNCH! delle bocche masticanti, lo SLURP! delle vongole risucchiate, gli HIC! di chi ha bevuto troppo e il BLA BLA generale.
"Comunque anche tra Tintin e il capitano Haddock c'è del tenero, per me" sentenzio in un sussurro all'orecchio di Anny, dopo essermi tamponato la bocca col fazzoletto. "E' la classica accoppiata erastès/eròmenos, un po' come Batman e Robin..."
Immemori della tragica fine delle "ostrichette curiose" (per quanto fossimo circondati dai frutti di mare), abbiamo continuato a studiare, con interesse puramente etologico, i rituali d'accoppiamento dei due piccioncini. Vorrei potervi dire che la nostra attività di flâneur vacanzieri si sia conclusa qui, ma sono stati molti altri, invece, i tipi umani che sono passati sotto la nostra lente d'ingrandimento.
Il giorno dopo, per esempio, nell'ala dei Musées Royaux des Beaux-Arts dedicata a Magritte, ovunque mi girassi mi ritrovavo sempre vis à vis con uno strano individuo che sembrava essere uscito da un albo a fumetti, se non dal pennello di un pittore surrealista: calvo, con gli occhietti spioventi, gli occhiali tondi e un sorrisetto lievemente beffardo, attirava l'attenzione soprattutto per il suo impermeabile écru, lunghissimo, praticamente raso terra, con una mantellina cucita sulle spalle, che frusciava a ritmo lento del suo incedere per le stanze dipinte di nero...

René Magritte (1898-1967), tra i maggiori esponenti del Surrealismo, è
definito un saboteur tranquille: insinua dubbi sul reale mostrando realtà plausibili
solo per l'osservatore distratto. La sua è una razionalità talmente ingenua da risultare
disarmante: dipinge una pipa, nega che lo sia e, a fronte delle obbiezioni
, risponde così,
 in tono quasi scocciato: "Chi potrebbe fumare la pipa del mio quadro?
Quella lì non è una pipa." In copertina, la silenziosa rivoluzione de L'impero delle luci,
in alto a sinistra I compagni della paura, in alto a destra Il ritorno (quello al nido materno
o quello della biblica colomba della pace?), a sinistra Sherazade, in basso a sinistra
Il donatore felice e in basso a destra La corda sensibile, un'opinabile lezione di fisica. 
 
Qualche ora più tardi, quello stesso pomeriggio, sotto il tetto di vetro del Centro Belga del Fumetto, mi ero già quasi dimenticato di lui e davo per certo che non l'avrei mai più rivisto, quando mio padre richiama delicatamente la mia attenzione, con una gomitata: "Guarda, c'è il tipo con l'impermeabile che abbiamo visto al museo di Marmitte..."
GASP! Riecco il pittoresco figuro, che mi passa davanti, con le braccia perennemente conserte, la pancia prominente e sempre avviluppato nel suo soprabito da maniaco sessuale, mentre mi sorride come a voler dire: "Ou la la, quant'è piccolo il mondo!" Poi, prima che possa chiedermi se sia il caso di fargli un cenno di saluto o no, si ricongiunge, mormorando qualcosa in francese, ad un gruppetto di persone nascoste alla mia vista da un cartonato di Lucky Luke in groppa al suo destriero.
Mi ci imbatto ancora una volta poco dopo, tra gli scaffali del book-shop, e ne approfitto per lanciargli qualche altra occhiata sospettosa, ma poi, quando se ne accorge e mi sorride, mi affretto ad affondare la faccia in una copia tenuta al contrario di Tintin in Tibet.
Non so perché queste coincidenze mi abbiano tanto turbato, né perché mi sia arrovellato per ore chiedendomi quale fosse la sua storia. A quest'ora sarei di certo scivolato nella follia se, poco dopo, non avessi trovato le risposte che cercavo.
Ma il segreto che si cela sotto il suo cappotto verrà rivelato soltanto nel prossimo post...
Intanto non potevo immaginare che altri due misteri, forse anche più inquietanti, attendessero me ed Anny in albergo: come connetterci alla rete wi-fi e perché un gruppetto di giapponesi sostasse perennemente nel salottino davanti agli ascensori.
Ci abbiamo messo due giorni per capire che ognuno di questi angoscianti interrogativi era la soluzione dell'altro: il wi-fi funzionava solo negli spazi comuni, e si sa, dove c'è tecnologia, ci sono i giapponesi (oltre che i gremlins). Alla fine io e Anny ci siamo ritrovati a dividere la poltrona con uno di loro, un musone perfettamente a suo agio in infradito e pigiama a quadrettoni bianchi e blu. Per quanto ipnotizzati dagli schermi dei nostri cellulari, non abbiamo potuto evitare di fare le nostre considerazioni sugli incontri del terzo tipo che possono verificarsi anche a notte fonda nei labirintici corridoi di un albergo, tipo l'ambiguo via-vai di due possenti culturisti in striminziti completini ginnici, che si saranno inseguiti per tutta la notte senza mai trovarsi. Ci mancava solo la sigla di Benny Hill: quando uno usciva dall'ascensore, l'altro aveva già svoltato l'angolo e sceso le scale. "Per me giocano a nascondino, oppure si mandano messaggi su WhatsApp ma non li ricevono perché il wi-fi non funziona" ha ipotizzato Anny, per poi prendere a scimmiottare il vocione testosteronico dei body-builder: "Aò! Io sto ar quarto piano... tu 'ndo'stai?"
Affascinati dalla vita notturna dell'hotel, dopo una serata di baldoria, abbiamo deciso di riservare le ultime ore della Notte delle Streghe all'esplorazione dei sentieri di moquette del albergo. Naturalmente, memori dell'abbigliamento sfoggiato dal nostro amico, il geek nipponico, ci siamo adeguati al dress-code del popolo della notte: pigiama a fantasia scozzese ed imbarazzanti ciabattine di spugna bianca. Anny, decisa a tutelare la sua vera identità, si è persino fatta la coda al lato, assicurandomi che non c'è modo migliore di spacciarsi per spagnola.
Ci aspettavamo di "vederne di ogni", e invece... calma piatta. Com'era prevedibile, dalle interminabili file di porte numerate non proveniva altro che uno ZZZ... comatoso, qualche RONF RONF e ogni tanto lo SWOOSH di uno sciacquone. Messa una croce sul sesto e quinto piano, al quarto finalmente abbiamo trovato musica per le nostre orecchie. Una combriccola di italiane di mezza età, riunitesi sui divanetti della lobby per due chiacchiere al riparo dalle orecchie foderate di pelo dei mariti, si sono lasciate ingannare dai nostri travestimenti, sicure del fatto che un italiano non avrebbe mai osato girovagare per l'hotel in pigiama e pronte a mettere la mano sul fuoco che una ragazza italiana non avrebbe mai rischiato di farsi vedere in pubblico con una coda al lato. "Una mia amica l'ha provata... la pillola rosa" ha ammesso, ignara di essere ascoltata, la più brilla del gruppo, sghignazzando per mascherare l'imbarazzo. Io e Anny abbiamo attraversato in un lampo l'atrio, sforzandoci di pensare alla disoccupazione giovanile pur di non scoppiare in fragorose risate.
"Ma che ha detto? L'ha provato lei, il Viagra pour femme?" chiede Anny, una volta al sicuro nella tromba delle scale d'emergenza, ancora scossa dalla ridarella.
"No, una sua amica..." rispondo, ansimando. "Cioè lei."
Insieme abbiamo convenuto che era valsa la pena perlustrare l'edificio anche solo per aver captato queste scabrose confidenze alla Sex and the City. Quindi ci siamo decisi ad andare a letto, anche perché molti ospiti ci avevano già visto vagare in déshabillé per sette piani, perciò probabilmente saremmo a nostra volta finiti tra gli aneddoti divertenti di qualche altro blogger. Stavamo tornando in camera, al quinto piano, ancora con le lacrime agli occhi, quando dalla 216 si è levato lo spettrale lamento di un ragazzo, raggelandoci...
All'inizio pensavamo avesse mangiato cozze avariate, poi abbiamo capito che stava solo cantando Lana Del Rey sotto la doccia: "Kiss me hard before you go... summertime saaadneeees!"
Né io né Anny, comunque, ci siamo mai sognati di giudicare le scelte idraulico-musicali di chicchessia, visto che sotto la doccia noi cantavamo l'unica vergognosa canzone in francese di cui conosciamo più o meno a memoria il ritornello. Ricordate Alizée, la ragazza acqua e sapone che nel 2000 cantava Moi... Lolita? Be', probabilmente pochi di voi l'avranno vista ancheggiare con un pesciolino rosso cucito sulla chiappa e sentita vantarsi di avere "la pelle liscia, nel suo bagno di schiuma." J'ai la peau douce, dans mon bain de mousse...

Potete ammirare il pesciolino al minuto 03.06

À suivre...

22 commenti:

  1. ahahahahahahahahah fantasticoooooo! Sto morendo dalle risate :) :) :) che post divertente...
    Raffy volevo chiederti se anche tu non provi un senso di nostalgia e di straniamento nel connetterti a internet con facilità e in pochi nanosecondi, ora che non dobbiamo più risolvere l'enigma del voucher e delle coordinate spazio-temporali... Io sinceramente sì, cioè chiaramente ne sono sollevata ma un po' mi mancano le nostre imprecazioni in francese o gli AAARGH e GRRR quando ignoravamo il grande Segreto dei giapponesi. Secondo te sono ancora li??? Secondo me resteranno ancorati su quelle poltrone, tra l'altro non li vedevo mai a colazione... Troppi misteri in questa vacanza.
    Però devo dire che, per quanto siamo buffi, io trovo sempre più divertenti gli sketch di vita familiare con i tuoi XD ahahahahahaha
    Attendo il seguito...

    PS.grazie per il naso alla francese che non ho, nel fumetto *_*
    e bravissimo, come sempre :*
    Anny

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    1. Ahahahahahah sì, bobo, è così strano connettersi al wifi senza decodificare le risposte laconiche di un concierge-sfinge! Comunque sai che non c'avevo pensato al fatto che i giapponesi non si facevano mai vedere a colazione? In compenso c'era l'allegra famiglia spagnola....
      Quanto agli sketch, fammi sapere se ne ricordi altri! Io c'ho fatto l'abitudine, me ne dimentico...

      P.S. Prego :) Neanch'io ce l'ho, se è per questo :*

      GRAZIE Bobina <3 <3 <3

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  2. Ahn.. ecco cosa c'entrava Alyzée.
    Comunque, al di là di tutte le onomatopee lecite, la tua vignetta mi ha davvero fatto fare GULP! Ma c'è qualcosa che non sai fare benissimo?
    Un'altra domanda è: C'è possibilità che tu ed Annie prima o poi torniate a Londra in uno dei vostri viaggi spettacolari?

    Visto che sei entrato in confidenza con Magritte ti lascio un LINK a tema

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    1. Ahahahah grazie, detto da te significa molto! :) Mi è sempre piaciuto disegnare ma forse non ci ho mai investito molto tempo... Mi sono fermato al livello "disegnatore della domenica" :)
      Comunque a Londra ci si ritorna sempre volentieri! S'ha da fare :) Il mio sogno sarebbe un lungo tour letterario dell'Inghilterra... Sulle orme degli scrittori inglesi *____*

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    2. Wow! Beh però, anche se è fuori dal percorso, passa a farmi un saluto se vieni ;-)

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  3. oggi i link non mi funzionano, guarda qui e facciamo prima:
    https://medium.com/who-needs-art/42b7b57cc78f

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    1. AHAHAH fantastico, fumetti e magritte insieme :)
      Grazie mille ancora! :*

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  4. Ma io voglio sapere cosa nascondesse l'uomo misterioso sotto il suo lungo cappotto!!!! Era forse un rappresentante delle banane Chiquita?
    O vendeva orologi?
    O cuccioli?
    O baguette?
    Miiiii >.<

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    1. Ahahahahahah tutte supposizioni interessanti, ma non osso né confermare né smentire :P Prometto che non ti lascerò in sospeso a lungo ;)

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    2. Miiii,già è un giorno che aspetto la conferma per un lavoro,ci manchi solo tu con il misterioso gnomo dal cappotto lungo :P
      E va beh,aspetterò perchè forse tu mi darai la giusta risposta prima ancora della sopracitata conferma =°)

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    3. Oh, mi dispiace lasciarti ulteriormente sulle spine :( Lo faccio solo per mancanza di tempo, non per sadismo, giuro! ;)
      Intanto, suerte! :*

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    4. Grazie per la suerte e,come dice mia nonna, "il culo alla banana" (la prima volta che si espresse così voleva dire "in culo alla balena",ma sbagliò clamorosamente tra le risate generali)!
      Aspetterò il resto del tuo post :D

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    5. Ahahahahahahahahah allora "in culo alla banana!"
      Speriamo che non "kaki"! :D

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    6. no no,propio IL CULO ALLA BANANA xD Come a dire "porgi il tuo deretano al primo frutto fallico che trovi" xD

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    7. Ahahahahahahahahah
      Le nonne! XD

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  5. Ma la vignetta è fantastica! Io al posto vostro avrei finto di parlare una qualche lingua sconosciuta e sarei rimasta ad ascoltare i racconti hot del gruppo di signore xDD
    E Bruxelles è bellissima, non ha niente da invidiare alle altre capitali europee:)

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    1. Ahahah grazie! :D
      In effetti avremmo potuto, ma io mi vergognavo davvero a stare lì con quelle ciabattine di spugna :P ahahahah
      Sono d'accordo, Bruxelles mi ha davvero sorpreso! :)

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  6. Tu ed Anny dovreste fare più viaggi insieme, siete una coppia formidabile! XD
    Questo reportage con tutto il suo alone di mistero mi è piaciuto davvero tanto e attendo con ansia la seconda parte. Poi, i tuoi post sui viaggi li apprezzo sempre, viaggiare è uno dei migliori piaceri della vita e leggendo quello che scrivi è un po' come visitare queste meravigliose città anche per chi legge.
    Le foto sono come sempre stupende e la vignetta... la vignetta! Sei bravissimo! *_________* (Quando si viaggia con i genitori un po' di scontri generazionali sono la prassi... ti capisco! :P)
    Alla prossima allora! Bacione! :*

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    1. Ahahahah già, il bello è che siamo entrambi dei discreti osservatori: quello che sfugge a me lei lo coglie, e viceversa :)
      Con i miei ci sono scontri, ogni tanto, è normale, ma sono fortunato, mi fanno viaggiare e mi danno materiale su cui scrivere! :P
      Sono contento che anche questo viaggio ti abbia incuriosito e grazie mille per aver apprezzato le foto e la vignetta! :D Un bacione dolce come un gaufre! :*

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  7. Ciao, ti ho appena assegnato una tripletta di premi, passa da me a ritirarli :)
    http://lemusedikika.blogspot.it/2013/11/modacinema-e-nuovi-premi-grazie.html

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    1. Tre volte grazie allora! *_______*
      Avrai notato che la volta precedente non ho preso parte alla procedura richiesta dalla premiazione, ma ti giuro che non è per snobismo o ingratitudine: ho impostato sin dall'inizio questo blog come una specie di rivista, perciò normalmente pubblico le comunicazioni interne e tutto ciò che non sia un articolo in senso stretto sulla pagina facebook, il che suppongo non rientri nel regolamento di queste premiazioni. Perdonami, ti ringrazio davvero tantissimo per il tuo apprezzamento e per pensare sempre a me! Ti capisco perfettamente se alla prossima occasione vorrai dare la tua preferenza a un altro blog...
      Un grande bacio! :*

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