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lunedì 16 giugno 2014

Canta che lo passi (l'esame)

Il primo special musicale de Il Tè.
Non è orribile come sembra... di più.
C'era una volta un principe che viveva rinchiuso in un'altissima torre. Il suo nome era Rafferonzolo...
Va be', per farvela breve la storia è la stessa di Raperonzolo, solo che di spropositatamente lungo ho solo la barba e al posto della strega cattiva ho una perfida matrigna che mi ricorda ogni giorno di darmi una mossa a laurearmi, mentre mio padre non nasconde di aver preso in considerazione più volte la possibilità di abbondonarmi in un bosco. Malgrado questo, ci sono così tante cose che preferirei fare anziché starmene qui in clausura a liquefarmi sui libri. Tipo leggere altri libri - di quelli che scelgo da solo - o guardare un episodio dopo l'altro di serie tv e sit-com (cadendo in quel sonno simile alla morte che io definisco 'sit-coma'), o anche solo ciondolare senza meta per la casa con la scusa di sgranchire con le gambe gli ingranaggi del cervello (è quello che io chiamo think-walking.) Oh, e mi piace tanto anche coniare neologismi come sit-coma e think-walking per poi registrarli sul mio Dizionario Raffico-Italiano (che ad oggi consta di circa quattrocento voci, tra vocaboli ed espressioni idiomatiche.)
Per un'altra malsana abitudine che mi tiene lontano dallo studio non ho ancora inventato un termine apposito: confesso che potrei trascorrere ore intere a riguardare su YouTube spezzoni di classici Disney. Non so perché lo faccia, ma dopo averne visto uno non riesco più a smettere, e mi piace soffermarmi soprattutto sugli happy ending. Che ci volete fare? "E' che mi piacciono i lieti fini..." Siano danzanti come nel caso de La Bella Addormentata e La Bella e la Bestia, o "al bacio" come Cenerentola e La Sirenetta, ripassare i finali mi aiuta a dimenticare la data dell'appello sempre più prossima e mi regala una sensazione di felicità e appagamento che dura almeno una mezzoretta buona. Amo in special modo il momento dell'apoteosi dei due innamorati, quando parte a poco a poco un crescendo di voci liriche che riprendono il tema principale del film (tipo Parte del tuo mondo ne La SirenettaE' una storia sai ne La Bella e la Bestia) portandolo ad una chiusa trionfale. Dovrei proprio scrivere una canzone in stile disneyano che descriva la mia avvilente situazione sentimentale in modo che, una volta coronato il mio sogno d'amore, venga reinterpretato da un coro del genere. Ho già iniziato a buttar giù qualche nota, ma per il titolo sono indeciso tra Tutti mi vogliono ma nessuno mi prende e Forse il problema sono io.

Anche le mie dita dei piedi emanano splendenti raggi
di luce dopo la pedicure.

Un'altra mia frequente attività alternativa allo studio, a proposito di duetti coi passerotti, è comporre parodie musicali. Una canzone patetica come Immobile di Alessandra Amoroso, ad esempio, si presta perfettamente a dar voce alla sofferenza di chi vede tra sé e la laurea un'infinita serie di esami ancora da sostenere. E' proprio un pezzo catartico, di quelli da urlare a squarciagola fino a otturarsi le vie respiratorie di lacrime miste a muco:

Non farmi immaginare quanto ancora ho da fare,
forse crescere e studiaaaare...
Quanto ancora ho, da daaaareeee
Quanto ancora ho, da faaaaareeee
Quanti esami ho, da dareeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!


Ultimamente, però, nell'attesa di un Bacio del Vero Amore o magari di un Bacio Accademico, provo particolare diletto nel adattare alla lingua italiana canzonette di discinte pop star, un settore della traduzione ancora poco frequentato dai linguisti.


Ad esempio, se fossero nate in Italia, quelle due principesse sul pisello di Shakira e Rihanna, anziché I can't remeber to forget you, farebbero twerking intonando le seguenti parole:

(Parte di Shakira)
Lascio un biglietto
Sul tuo lato del letto
Ho sbagliato, lo so
Un'altra volta no
Faccio sempre così
Quando sbagli tu
Non ci penso più su
Cancello tutto

Ma non mi pento!
Al mondo, sai
Non c'è nessu-
No
Co-
Me sei tu
(Eccoci qua)

RIT

Sei dentro me, sai
Sei dentro me, sai
Dove
Vai tu,
Ti seguo
Ti seguo
Ti seguo
Oh
Oh oh ooh oh oh
Oh oh ooh oh oh
Non mi ricordo di scordarti
Oh oh ooh oh oh
Oh oh ooh oh oh
Anche se so che dovrei dirti addio
Però se guardi me
Ricordo solo che
Ci baciavamo al chiar di luna...
Oh oh ooh oh oh
Oh oh ooh oh oh
Non mi ricordo di scordarti
Non mi ricordo di scordarti

(parte di Rihanna)
Ritorno al tuo letto,
Che sia maledetto!
Ho giurato, lo so
Un'altra volta no
Non lasciare all'oblio
quello che dico io
Ciò che non ti va giù
cancelli tutto

Ma non mi pento!
Non sono stata così sce-
Ma
Mai
Fin-
Ora
(Eccoci qua)

RIT

Che rubi o che uccida lo voglio con me,
Farei ogni cosa per lui
Darei via mia madre per stringerlo a me, sai,
Farei ogni cosa per lui (x2)

RIT

Oh oh ooh oh oh
Oh oh ooh oh oh
Non mi ricordo di scordarti
Non mi ricordo di scordarti

Dio solo sa perché mi trastulli in simili attività, ma di alcuni versi - concedetemelo - sono piuttosto fiero: "Darei via mia madre per stringerlo a me" è il mio preferito. In più questo hobby mi ha portato a riconsiderare l'utilità di paroline come "sai."
Ora che ci penso questo problema mentale credo di averlo ormai da parecchio, perché già durante il liceo avvertii l'inspiegabile urgenza di tradurre la sigla di Heidi in latino ("Heidi, Heidi, tuus nidus in montibus/ Heidi, Heidi, capellae salutem tibi dicunt / Mehercules, hic mundus amoenus est! / Heidi, Heidi... paupera! Parvula! Cum tanto magno corde!")
Una che ha sempre incoraggiato le mie velleità cantautorali è stata la mia amica Anny, collaboratrice nella composizione di numerose ballate goliardiche. Presa dall'entusiasmo del mio innecessario remake italiano di Dark Horse di Katy Perry ("Sai che giochi con il fuoco?/ Ti farai bruciare oppure no?/ Lo scoprirai solo se osi/ Perché come un'onda ti travolgerò..."), si è affrettata a commissionarmi un rifacimento del più lagnoso successo di Lana Del Rey,  Summertime Sadness.


Un bacio prima di andar via,
Malinconica stagione
Sono certa che tu sia
sempre stata la migliore.


Vesto col rosso delle mignotte,
Ballo sola al buio di questa notte.
I miei capelli belli da regina del ballo...
Via questi tacchi - sì, mi sento uno sballo!


Oh
mio Dio
Lo sento attorno a me
Il filo del
Tele-
Fono da sciogliere
Cuore sì, il fuo-
Co brucia ogni cosa
Ma paura non ne ho!


Un bacio prima di andar via,
Malinconica stagione.
Sono certa che tu sia
Sempre stata la migliore.


Sento la depressio, depressione estiva
Ho la depressio, depressione estiva,
Ho la depressio, depressione estiva
ah, ah-ah, ah, ah
...


Come vedete questo lavoro è ancora incompleto e da rivedere in più punti. Ma parallelamente sto mettendo mani anche una parodia della stessa canzone, tutta incentrata sulla piaga universitaria della sessione estiva. Cosa non si fa pur di non studiare.

Wish me good luck before I go,
Summertime session.
I just wanna you to know,
that, mommy, I'll do my best.
[...]
I've got the summertime, summertime session.
Got the summertime, summertime session...
Ah, ah-ah, ah, ah


Sì, lo so cosa state pensando...
E' meglio che torni di corsa alla mia torre e ci dia dentro con lo studio. Farò il possibile per rimanere concentrato, anche se... (coro lirico) quando sembra che... non succeda più, ti riporta via... come la marea... la voglia di cazzeggiar!

sabato 12 gennaio 2013

"Il seggio vacante" di J.K.Rowling

Il seggio vacante di J.K.Rowling,
Salani, 533 pg., 22,'00 € 
"Il problema del fantasy è che certe cose proprio non si possono fare" ha dichiarato J.K. Rowling, dicendo addio (o arrivederci?) al genere che l'ha resa - meritatamente - famosa. "Non puoi parlare di sesso. Non così vicino agli unicorni. E' una regola incisa sulla pietra."
Non a caso, la mai abbastanza adorata autrice della saga di Harry Potter, nel suo primo romanzo per adulti, Il seggio vacante, appende al chiodo la bacchetta e si dà alla pazza gioia, mettendo in piazza il lato più ipocrita, violento e squallido della società contemporanea. Squallore reso anche dalla coprolalia di molti dei protagonisti (io stesso, leggendo la continua sequela di "cazzo" e "vaffanculo" mi sono ripromesso di spurgare il mio idioletto, nel caso a qualche scrittore venisse la malsana idea di descrivere in termini iperrealistici la mia vita quotidiana. Dubito fortemente che questa eventualità possa verificarsi, ma non si può mai sapere.)
Leggere un romanzo di J.K.Rowling che non abbia nulla a che fare con Harry Potter è un'esperienza bizzarra, e lo è ancora di più trovarci citazioni delle hit di Rihanna. O leggere di elezioni politiche e subito dopo di erezioni adolescenziali (alcuni politici italiani, pensandoci, hanno a cuore le loro erezioni quasi più delle elezioni.)
Ostico l'incipit - affollato com'è di personaggi e parentele difficili da ricordare - e il casus belli - cavillose questioni politico-immobiliari - in un primo momento farà sbadigliare qualcuno. Un sonoro "E chi se ne frega?" potrebbe sorgere spontaneo dinanzi alla notizia della morte (per di più naturale) di un consigliere comunale di una cittadina inglese e della sua battaglia in difesa dei Fields (il detestato quartiere popolare), ma questo avvenimento apparentemente trascurabile per noi uomini di mondo si abbatte con la forza di uragano sui fragili equilibri di un villaggio male assortito come Pagford. Lo scontro politico, tra reazionari e progressisti, dà presto il "la" ad una lotta "senza quartiere", in cui il nemico può avere il volto di tuo figlio o di tua moglie.
J.K.Rowling, in barba ai detrattori ad oltranza, approda con successo nel mondo Babbano: Il seggio non può colmare il posto vacante lasciato nei nostri cuori dalla fine della saga potteriana, ma è senza dubbio un'opera appagante, catartica e magnificamente scritta. L'autrice riesce, da degna ammiratrice di Jane Austen, a ricavare interi universi da realtà claustrofobiche, confezionare un microcosmo perfettamente autosufficiente, credibile e pullulante di personaggi difficili da dimenticare: il sindaco Howard Mollison (di cui, per filisteismo e sovrabbondanza adiposa, Vernon Dursley potrebbe benissimo essere il corrispettivo fiabesco - e anche un po' caricaturale) e la sua zuccherosa metà, Shirley, casalinga disperatamente devota al marito e al figlio Miles (idolatria che le costerà caro); la sensuosa Samantha, insoddisfatta, sarcastica, disgustata dal dover dividere il letto con un uomo sempre più simile al suocero, e poi ancora il dimesso Andrew Price, adolescente afflitto dai brufoli, da un padre tirannico e violento e dall'amore bruciante per la bella e idealizzata Gaia; Ciccio Wall, good boy gone bad, e i suoi genitori, Tessa e Colin, che lo temono e amano al contempo; l'avvocato Gavin Hughes, così terrorizzato dalle donne da non poterne fare a meno; la fragile Sukhvinder Jawanda e sua madre Parminder (inflessibile, anche con se stessa), fino ad arrivare a Krystal Weedon, personaggio scomodo, ragazza ribelle e forte, la cui sguaiata schiettezza e commovente ingenuità attraverseranno le vite di tutti come un lampo chiarificatore. Nessun personaggio è del tutto colpevole né innocente, ma J.K.Rowling riesce a far splendere "la luce" davvero "in ogni anima." Fa tremare parlandoci di responsabilità: responsabilità della propria e altrui felicità.
Tematiche già presenti nei romanzi di Harry Potter, ma seminascoste o ben riposte in metafore (seppure potenti), qui vengono a galla in tutto il loro orrore: povertà, classismo, razzismo, tossicodipendenza, prostituzione, violenza, omofobia, abuso di minori, autolesionismo e, non ultimo, il male, troppo sottovalutato, dell'incomunicabilità. Un'attenzione, quella di Joanne per il sociale, che avevamo già avvertito, non tanto nell'infanzia cenerentolesca di Harry (una scelta letteraria che si confaceva con l'ingenuità de La pietra filosofale) quanto nel racconto della gioventù del suo acerrimo nemico ne Il principe mezzosangue, e nella miserabile vita di Merope Gaunt (madre di Lord Voldemort), protagonista di uno dei capitoli più strazianti dell'intera serie.
Il seggio vacante, magnificato da molti come romanzo sociale nato da uno straordinario connubio di tenerezza e furore, è stato però anche criticato per l'esiguità della trama, vacante di eventi e piena di elucubrazioni. Il prevalere del pensiero sull'azione, tuttavia, obbedisce all'accuratezza psicologica prossima al mimetismo e al gusto per l'introspezione della scrittrice, che, forte del suo oscuro passato di depressione, povertà e solitudine, studia l'umanità dosando acredine e (auto)ironia, avvolgendo i più deboli, gli emarginati e i sofferenti in un abbraccio di dickensiana compassione e, spesso, dell'ancora più preziosa umana comprensione.


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