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Ora che la guardo meglio, questa intestazione sembra il logo iniziale di Capri.
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Sentiamo, cosa direste voi se vostra madre un bel giorno vi chiedesse: "Ti va di venire con me e Grace a Córdoba? Andiamo anche a Siviglia, se hai voglia." L'unica risposta accettabile dinanzi a una siffatta allitterazione è: "¡Claro que sí!"
Innanzitutto perché l'Andalusia è il cuore pulsante della Spagna, ma anche perché Mary e Grace sono due delle più adorabili svitate con cui si possa desiderare di viaggiare. Così, dicho y hecho, siamo saliti sul primo aereo e abbiamo invaso l'appartamento spagnolo della nostra amica Selena, l'altrettanto adorabilmente svitata figlia di Grace, cordovese d'adozione grazie al progetto Erasmus.
Appena arrivati, Selena ci ragguaglia subito su ciò che realmente serve sapere di Córdoba:
- Fa un caldo che si schiatta, e luglio è probabilmente il peggior momento per visitare l'Andalusia. Non è un caso che qui siano stati girati molti film del genere spaghetti western;
- A Córdoba si chiamano tutti Rafael, nome che viene puntualmente contratto in Rafa. La nostra guida di Medina Azahra si chiama Rafa, diversi amici di Selena si chiamano Rafa, il suo vicino di casa si chiama Rafa, il cameriere del ristorante dove abbiamo cenato la sera del nostro arrivo si chiama Rafa... persino io mi chiamo Rafa, o quasi.Pare che nel Cinquecento l'arcangelo Raffaele sia stato paparazzato mentre svernava in questa torrida città andalusa e da allora i suoi abitanti si possono riparare sotto la rinfrescante ombra della sua ala protettiva. Ancora oggi, basta urlare "Rafa!" per la calle e metà della popolazione cordovese si volterà sentendosi chiamare. In più ci sono immagini dell'arcangelo praticamente ovunque. Almeno un paio di statue di Raffy si mantengono in equilibrio su altissimi obelischi, ma potete trovare l'angelo custode per eccellenza dipinto su coloratissime maioliche disseminate sulle facciate delle case, o ancora intrappolato in un'infinità di boule de neige terribilmente kitsch reperibili in qualsiasi negozietto di souvenir.Non serve dire quanto tutto questo mi renda orgoglioso. E' giusto che Raffy abbia la sua fetta di popolarità, visto che di solito non se lo fila quasi nessuno. In qualche vecchia icona ed opera d'arte medievale l'ho visto persino essere ingiustamente sostituito dall'apocrifo Uriele nella triade degli arcangeli! Ditemi voi chi diamine è questo impostore! Raffaele compare solo nel Libro di Tobia, è vero, ma con un ruolo di primo piano, quasi una parte da supereroe. Altro che L'uomo d'acciaio o Wolverine (quest'ultimo, a giudicare dalle locandine, è conosciuto nella penisola iberica col nome di Lobezno). Raffaele guarisce il vecchio (zio) Tobia dalla cecità grazie al fiele di un pesce (se vedete un angelo con un bel pezzo di merluzzo in braccio, o è un pescatore particolarmente avvenente o è una rappresentazione dell'arcangelo Raffy), senza contare che, da perfetto cupido, ha aiutato la sfigatissima Sara a tenersi stretto almeno uno straccio di uomo, visto che, come Liz Taylor, ha avuto ben sette mariti, ognuno di loro fatto fuori dal terribile demone Asmodeo: da qui inizia un inseguimento mozzafiato intorno al globo in stile Prova a prendermi, finché, giunto in Egitto, Raffy riesce finalmente ad agguantare Asmodeo per la collottola e a immobilizzarlo con una catena d'oro. C'è da chiedersi come mai proprio una catena d'oro. Probabilmente si trattava di un vecchio regalo sgradito, riadattato a lazo per accalappiare diavoli sanguinari. Sì, perché, non so come la pensiate voi, ma per me la catenina d'oro al collo di un uomo fa incredibilmente cafone;
- La cucina andalusa è un trionfo di frittura, insaccati, frittura d'insaccati e aglio a volontà. Dopo esserci ingozzati di tortillas, revueltos e chorizo al sidro di mele, aver addolcito il palato con le berenjenas a la miel (melanzane fritte nel miele), esserci immersi nel salmorejo (una zuppa fredda a base d'aglio, pomodori, pane, olio, aceto e sale che credo piaccia solo a me) e aver spolpato fino all'osso un rabo de toro (coda di toro) dopo l'altro, abbiamo già cominciato a sentirci dei veri cordobesi, ma soprattutto degli obesi.
Ma la vera specialità del luogo, ciò di cui gli andalusi vanno davvero ghiotti è senz'altro la "s". Ci farciscono il loro bel bocadillo e se la mangiano come tapas. Chiunque perseveri ad insultare noi studenti di lingua spagnola rifilandoci la solita, irritante battutina del "basta aggiungere la s" dovrebbe farsi un giro in Andalusia. Qui, più che español, si parla "eppagnò".
Abbiamo iniziato il giro della città con il piatto forte: la Mezquita, la moschea costruita con l'intento di riprodurre un'oasi di pace nel deserto dello spirito, splendido edificio moresco cui è stato incorporata successivamente una cattedrale parassitica. Più che a Córdoba si ha l'impressione di trovarsi ad Agrabah.
Non so se ricordate il primo episodio di Raffy&Grace (la risposta italiana a Will&Grace) e le nostre avventure madrilene... No? In tal caso, è sufficiente immaginarvi zia Mame con la voce di Karen Walker, e avrete un'idea abbastanza fedele di che tipo è Grace, l'amica di famiglia che tutti mi invidiano. Il bello di viaggiare con lei è che non si limita ad ammirare le attrazioni turistiche, ma va in deliquio anche per le piccole cose, in piena conformità col suo spirito zen. A volte si entusiasma talmente tanto da non riuscire quasi ad esprimersi a parole: "Oh oh Rafa... guarda oh oh... fai la oh!", frase che significa, a seconda dei casi, "Guarda, un soldato a cavallo che si esibisce nel paso andaluz! Fagli una foto!" o "Uuuh, guarda quei due cani! Non sembra che stiano parlando tra loro? Fagli una foto!"
Non che sua figlia Selena manchi di esuberanza. Esperta di movida ed eccellente imitatrice degli spagnoli che imitano gli italiani, di tanto in tanto la sentite improvvisare motivetti malinconici ma ritmati, tipo "Anamaría, Anamaría me ha dejado, y Rosalía, Rosalía no me quiere..."
E' inoltre una campionessa mondiale di "messa in posa" acrobatica. Sì, perché le foto in piedi, ritti davanti a un monumento sono decisamente superate...
Mia madre, stanca di vedermi imbronciato e girato di tre quarti come Lory Del Santo in tutte le foto, mi ha più volte esortato a imitarla ("Alza le braccia anche tu! Vuoi il mio ventaglio per fare scena?"), ma a differenza di Selena, sono tutt'altro che fotogenico, oltre al fatto che le sue sinuose pose da soubrette non mi donano poi molto.
Durante il viaggio in autobus verso le rovine di Medina Azahara (ribattezzate "Pompei" da un'accaldata Grazia), ho indicato a Selena una delle locandine de I Puffi 2: "Guarda, i Puffi qui si chiamano..."
Selena segue il mio dito e, senza togliersi le cuffie dell'iPod, esclama a voce altissima, con genuino entusiasmo: "¡LOS PITUFOS!"
Questa uscita suscita la risa di tutti i passeggeri e il vivo interesse del nostro guía turistico, di nome (ça va sans dire) Rafa, curioso di sapere come si dicesse pitufar in italiano.
Da quel momento in poi abbiamo ribattezzato pitufos tutte le nostre figuracce. E io ne ho presi proprio tanti, di pitufos. Roba da far schiattare d'invidia Gargamel. Vi dico solo che ho quasi fatto una proposta indecente a un cameriere. Ho appreso troppo tardi che paja significa tanto "cannuccia" quanto "titillazione genitale". Alla luce di questa scoperta vi consiglio di usare il termine pajita. O di bere dal bicchiere come fanno gli adulti. Tutta colpa di Mary che ha fatto le bizze per avere la sua cannuccia colorata e suggere così tutto il mio tinto de verano.
In ogni caso, è difficile evitare le allusioni sessuali se si parla spagnolo, visto che praticamente ogni parola ha una doppia vita. Come mi capita sempre quando sono all'estero, ho ben presto avvertito il bisogno impellente di un burro cacao (che non si trova mai quando se ne ha bisogno) e ho scoperto, con una certa sorpresa, che lo chiamano vaselina. Non ho ben capito se lo usano solo per le labbra screpolate o anche per riprodurre la scena più famosa di Ultimo tango a Parigi.
Sarà uno stereotipo, ma qui hanno un po' tutti il pallino del sesso. Come quel latin lover di Antonio (ribattezzato da Grace "il bell'Antonio"), cioè il cocchiere marpione che ci ha trasportato in carrozza per tutta Siviglia. Quando gli abbiamo chiesto il nome del cavallo, ci ha risposto che si tratta di una cavalla, Pantoja, e si è premurato di sollevarle la coda per mostrarci le sue pudenda. Gli avremmo creduto sulla parola anche senza l'esame intimo. Vergam et testiculos non habet. "Alla vostra izquierda, la Catedral de Sevilla..." ci informa poi Antonio, una volta partiti, atteggiandosi a cicerone.
"E invece che cosa c'è lì, a destra?" ho chiesto, ingenuamente, visto che mi sembrava ben disposto a illustrarci le bellezze architettoniche della città. "Guapísima" risponde lui, rivolgendomi uno sorriso sornione, "¡Una chica guapísima!" ("Una ragazza bellissima!")
Degno concittadino del più famoso sciupafemmine letterario, Don Juan.
Per quanto fosse divertente farci scarrozzare ("come dei milordi", direbbe Grace), chiediamo ad Antonio di lasciarci sul lungofiume. "Noo... Non tornate conmigo a Plaza de España?" protesta lui, mettendo il broncio. "Mi lasciate solo adesso?"
"Ma non sei solo" ribatte prontamente Grace, "c'è la cavalla che ti fa compagnia, no?"
"¿Ella? No, no habla" risponde Antonio, mollando uno schiaffetto sul perlaceo didietro della yegua, "Questa chica vuole solo fare sexo, sexo y sexo!"
La cosa buffa è che Antonio, con questa battutaccia da bar, ha citato inconsapevolmente una hit di Grace, colonna sonora di un viaggio ad Amsterdam, intitolata, per l'appunto, Sesso, sesso, sesso. La prima strofa inizia così: "Sesso, sesso, sesso/Non è mai lo stesso/Anche se sei un cesso/Puoi farlo con te stesso..."
E poi dicono che il cantautorato italiano è morto.
Intanto, su queste note, si conclude il primo e penultimo ricordo cordovese.
Continuará...