lunedì 17 marzo 2014

Una serie di accademici accadimenti VIII - Senza vergogna

Non per stomaci delicati.
Avete presente quella canzone deprimente di Notting Hill, quando Hugh Grant deve fare i conti col fatto che Julia Roberts l'ha mollato? "Ain't no sunshine when she's gone... only darkness everyday..." Sì? Immaginate di ascoltarla ogni mattina mentre andate all'università, come succedeva a me, al mio primo anno. Ogni giorno, per almeno un mese, la stessa musica malinconica, dai monitor pubblicitari, mi accoglieva nel sottopasso della stazione. E anche quando risalivo lento e sonnolento la scalinata e riemergevo in superficie, quelle tristi parole continuavano a ristagnare nella mia mente. "Ain't no sunshine when she's gone... only darkness everyday..."
Non ero Hugh Grant, ma solo una matricola riluttante, e la strada lungo cui mi trascinavo non poteva essere più diversa da Portobello Road: monotona e squallida, tappezzata da centinaia di manifesti fluorescenti da cui Moira Orfei mi rivolgeva altrettanti sorrisi tirati.
La fine del liceo era arrivata troppo presto: mi ero aggrappato disperatamente al banco che dividevo con le mie migliori amiche, finché non avevano dovuto scrostarmi via come una vecchia Big-Babol fossilizzata e trascinarmi per le caviglie lungo tutto il tragitto fino all'università. Si stava così bene, al liceo... ero così felice, al liceo... ero praticamente il toy-boy di mezza classe, al liceo! E ora che era tutto finito mi sentivo come un ragazzino di Ti lascio una canzone dopo la pubertà, quando è troppo vecchio per intenerire gli anziani. Chi mi avrebbe più coccolato, vezzeggiato, e alle occorrenze anche insidiato, se non le mie adorate compagne di classe? Amanda, Miranda e Veneranda non mi avrebbero più condotto con la forza nelle scale d'emergenza per abusare del mio virgineo corpo, e questo pensiero mi uccideva. Mi sentivo inesorabilmente condannato all'anonimato e alla solitudine.
Ma mentre riguardavo mentalmente gli highlights della mia vecchia scuola, 'sì bella e perduta, non potevo immaginare che per qualcun altro gli anni delle superiori potessero essersi rivelati un vero e proprio inferno. Betulla, la ragazza che avrebbe illuminato come un faro la mia avvilente vita universitaria, portava ancora i segni della collisione tra il suo zigomo e il tacco delle scarpe di una compagna di classe convinta di essere Heather Parisi e ricordava con sofferenza quel "due" immotivato che le aveva dato una professoressa troppo incattivita dal suo divorzio per essere obbiettiva (non è da escludere che fosse stretta di voti anche col coniuge: "non mi soddisfi sessualmente: ti becchi 'due' sul registro!") Eppure, queste disavventure non avevano cancellato il suo radioso sorriso.
Quando ci siamo conosciuti, qualche settimana dopo l'inizio delle lezioni, è stato per delle fotocopie di francese che Betulla si era gentilmente offerta di fare per me. E a quel punto, nella mia mente, è partita She di Elvis Costello. Avevo già notato le ciocche rosa shocking tra i suoi capelli biondo crema, che mi avevano ricordato tanto le venature di una vaschetta di gelato variegato all'amarena. Non mi era sfuggita la forma perfettamente elicoidale del ciuffo davanti agli occhi, né le sue deliziose lentiggini, che le punteggiano le guance come i semini di una fragola ("sheeeee... may be the face I can't forget...") Sarebbe stato impossibile non accorgersi di quella bambolina dalla sciarpa animalier sui toni del fucsia e la borsetta a forma di matrioska, sempre in equilibrio sulle scarpe zeppate e glitterate d'argento, come una novella Dorothy (le scarpette rosse di Judy Garland discordano con la versione originale di Frank L. Baum.) Vedendomi triste e ingessato come un Uomo di Latta poco lubrificato, mi si è avvicinata e mi ha preso caritatevolmente per mano.
Betulla a quei tempi usciva da una storia complicata con Marilagna, una compagna di corso che aveva conosciuto a lezione di inglese e che dopo neanche cinque minuti si era messa in testa di essere la sua amica del cuore. Era stato un colpo di fulmine in stile La vita di Adele, ma non così corrisposto. Col tempo l'attaccamento di Marilagna si era fatto sempre più asfissiante, al punto da esplodere in folli scenate di gelosia ogni qual volta che Betulla mostrasse segno di voler ampliare la cerchia delle proprie amicizie universitarie. Un giorno Marilagna era arrivata persino ad inviarle una delirante lettera in endecasillabi saffici in cui l'accusava di averla crudelmente illusa. D'altronde si sa: frequentare insieme le lezioni, imbucare insieme lo statino per prenotarsi agli esami e sbeffeggiare i professori alle spalle sono tutti inequivocabili segnali d'amore! Per quanto Betulla abbia provato a chiarire le cose, da quando ha stretto amicizia con me, Marilagna le ha tolto il saluto, giurando vendetta e nascondendo l'anemico viso dietro l'unta cortina dei suoi capelli neri. Ancora oggi mi aspetto di essere rapito da uno stormo di scimmie alate da un momento all'altro.
Da allora io e Betulla siamo diventati inseparabili. Tra una lezione e l'altra, ridacchiando della pronuncia del professor Troietta ("The basic form of the past tense in English is the Past Simpollaaaah...") e canticchiando i motivetti delle apine sexy di MielPops, abbiamo scoperto di essere abbastanza diversi da non smettere mai di stupirci l'un l'altro. Betulla, ad esempio, preferisce fragole e i frutti rossi, io quelli tropicali; Lei ha riserve inesauribili di energia, e non ha bisogno di assumere bevande nervine né di dormire per rimanere attiva, mentre io necessito come minimo di otto ore di sonno e un caffè al ginseng per non passare una giornata intera a sbadigliare. A differenza mia, è sempre stata perfettamente in grado di barcamenarsi tra studio e vita sociale, col risultato di essersi laureata col massimo dei voti ed essersi felicemente fidanzata, senza contare che trova anche il tempo di sperimentare nuovi sport come il gravity-yoga o il Batuka, una specie di frenetica Zumba afro-caraibica. Betulla, sempre allegra e solare ("sheeee... who always seems so happy 'n proud..."), si incupisce solo all'approssimarsi di un esame, quando io invece mi lascio travolgere da una strana euforia che mi porta, pochi minuti prima della prova, a ripescare dalla memoria vecchie canzoni degli anni novanta, rivolgermi in modo sfacciato a compagne di corso che non conosco ("Ma te l'hanno mai detto che sei uguale a Prue di Streghe? Sì, quella che faceva anche Brenda in Beverly Hills! Sei proprio identica, hai anche il neo al posto giusto!", oppure "Mi ricordi tantissimo Lucrezia Lante della Rovere, lo sai?") o conversare con i poster appesi in facoltà ("Che c'è, Sam? Perché mi guardi così?" ho chiesto una volta al ritratto di Samuel Beckett affisso nella biblioteca di inglese, ma se dovevo aspettarmi una riposta tanto valeva aspettare Godot.)
Allo stesso tempo io e Betulla siamo abbastanza simili da capirci alla perfezione: anche lei adora inventare auguri di Natale in rima e neologismi come "sfotticitare" (cioè "citare qualcuno con l'intento di prenderlo in giro") o "menatelo" (l'opposto del menarca), in più nessuno dei due prova la benché minima vergogna ad ammettere di dividere il letto con un orso di peluche: io ho adottato Lotso, l'orso color vinaccia e profumato di fragola di Toy Story 3, quando mia sorella è andata a studiare fuori, mentre Betulla ha salvato dall'estinzione un orso polare dal muso così appuntito che il suo ragazzo voleva a tutti costi chiamarlo "Supposta", finché non sono intervenuto io e l'ho convinta a battezzarlo "Siluro", nome più musicale e un filino meno osceno. 
Quando siamo insieme, io e Betulla abbiamo l'insana tendenza a ingozzarci senza vergogna come se la prova costume non dovesse mai arrivare: è ormai tradizione festeggiare i successi accademici da Burger King. E non fate quella faccia: quando ci vuole, ci vuole. Recentemente, poi, dopo una piccola, fallimentare incursione nel mondo dei centrifugati di frutta e verdura, siamo passati dal junk food ai dessert ipercalorici. Ormai non c'è incontro che non cominci in sollucchero con una bella dose di zucchero presso la nostra pasticceria preferita, un posticino raccolto e fru fru, di quelli in cui qualunque maschio si vergognerebbe a farsi vedere. Ma l'imbarazzo di reggere un piattino rosa confetto, ingobbito su un sgabello per lillipuziani, senza sapere bene dove mettere il metro e passa di gambe che mi ritrovo, è pienamente compensato dai superlativi cup-cake. Su questa delizia inizialmente avevo qualche riserva, soprattutto per quanto riguarda il topping, dolce fino alla nausea e impossibile da mangiare senza spalmarselo in faccia. Poi ho guardato una vecchia replica de Il boss delle torte e  Mary, la starnazzante sorella di Buddy Valastro, mi ha rivelato una metodo infallibile per abbuffarsi di tortini senza l'inconveniente della maschera facciale alla crema di burro: basta tagliare il fondo del cup-cake e spiaccicarlo sul topping, così da smorzarne la stucchevole dolcezza e ottenere un piccolo panino, da mangiare in pochi morsi.


Come mangiare un cup-cake secondo il Metodo Mary Valastro. Se volete gustarvelo
 in modo ancora più elegante, potete seguire anche il Metodo Magnifico, inventato 
dalla mia amica Anny: è identico a quello di Mary, ma prevede l'uso del cucchiaino 
o di una forchettina.
Quando si condivide del cibo ad alto contenuto lipidico, si sa, non si può non condividere tutto. Si crea immancabilmente un legame speciale che incoraggia le confidenze. E Betulla è senz'altro il genere di persona con cui è facile aprire il proprio cuore. Qualcuno però esagera, come il collega da lei affettuosamente ribattezzato Cup-Checca, che non perde occasione per raccontarle i dettagli, assolutamente non richiesti, della propria funambolica vita sessuale, non esimendosi anche dall'inventariare davanti a lei tutti gli acquisti fatti al suo sexy-shop di fiducia: "Hey, 'Tulla, devo farti vedere assolutamente il mio nuovo dilatatore ana..."
Avendola scambiata per la sua sessuologa, Cup-Checca si dilunga in dettagliate descrizioni ovunque la incontri, che sia a lezione, al cinema, al pub, per negozi con sua madre o in yogurteria (dove, dopo simili discorsi, diventa difficile non guardare con sospetto il proprio frozen yogurt.) In più, come il Todd di Scrubs,  ha la straordinaria capacità di captare qualsiasi conversazione pruriginosa si stia intavolando a distanza di chilometri.
"Di che parlate?" ci ha chiesto una volta, cogliendoci di sorpresa nei pressi del dipartimento di anglistica.
"Oh, nulla... di un film" ha risposto evasiva Betulla.
"Quale?" ha subito inquisito Cup-Checca, dilatando le narici (forse dal sexy-shop compra anche dilatatori nasali.)
"Shame. L'hai visto?"
La domanda suona alquanto retorica, dato che si tratta di un film sulla dipendenza sessuale, per di più con Michael Fassbender come protagonista, e infatti Cup-Checca ha risposto prontamente, quasi offeso: "Certo! Hai visto quant'è..."
"Enorme? Sì, be', era difficile non notarlo..." ha ammesso suo malgrado Betulla.
"Fass... bender..." ho scandito, pensieroso. "Il nome stesso è evocativo. Fassbender... mi fa pensare a qualcosa di elastico, ma allo stesso tempo robusto e vigoroso..."
Anche Cup-Checca ci ha pensato un po' su: "Sì, solo a dirlo ti riempie la bocca come un pom..."
Vi basta sapere che la parola in sospeso non era "pomodoro." Rimasti agghiacciati per qualche secondo, Betulla e io ci siamo affrettati a congedarci.
Passare ore ed ore seduti attorno a un tavolino shabby-chic, tra quattro pareti tinte di lilla, con in mano una leziosa tazzina a fiori e davanti agli occhi un cup-cake ricoperto di stelline di zucchero ci ha resi evidentemente un po' troppo sensibili alla volgarità verbale. Non che Betulla sia mai stata sboccata: il massimo delle imprecazioni che ho sentito sfuggirle dalla bocca è "che strazio!" Adoro poi i vocaboli forbiti che cerca lodevolmente di riportare in auge nel parlare quotidiano. Basta dire che durante una partita a Taboo ha cercato, sopravvalutandoci, di far indovinare a noi compagni di squadra la parola "meticolosità" spiegandola come "un sinonimo di acribia."
Sono tante le cose che potrei ancora raccontare di Betulla ("Sheeeee... may be the reason I survive..." all'università) Come del fumetto che ho disegnato sulle avventure del suo alter-ego, l'incredibile Y-Girl, o di tutte le volte che mi ha ripetuto di guardare Shameless, una delle sue serie tv preferite. Ed è così che mi sento con lei sottobraccio: senza vergogna, e libero di tuffarmi in qualunque follia. Follie semplici e innocenti, come delle meches rosa neon.
"... me, I'll take her laughter and her tears... and make them all my souvenirs..."



Una serie di accademici accadimenti:
Episodio I - Stranieri e strani estranei
Episodio II - Grandi speranze
Episodio III - Legami chimici
Episodio IV - Studenti esasperati
Episodio V - In balìa della balia
Episodio VI - C'era una svolta
Episodio VII - Volver
Episodio VIII - Senza vergogna
Episodio IX - Chiamatemi (un) dottore

6 commenti:

  1. Betulla!!!! <3 è proprio come l'hai descritta :)
    Fantastico il ritratto del mondo (interiore e non) quando stai per imboccare la strada senza fine dell'università...colonna sonora perfetta!
    PS. Come cavolo hai fatto a creare/trovare l'immagine del cupcake sezionato e cosi complessato col topcoat ?? :O è troppo invitante!

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    1. Non era facile riassumere l'universo Betulla in un post, vediamo un po' cosa ne pensa la diretta interessata :P
      Grazie bobo :) La "scena iniziale è la pura verità, non ho inventato nulla :P
      p.s. ti dirò, non è stato per niente difficile trovare quell'immagine! Non sai quanta gente prima di me si è posta il problema di come mangiare un cup-cake senza perdere la faccia :)

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  2. Ho latitato un po' troppo ultimamente. Mi è mancato leggere il tuo blog.
    Oggi era (è) una giornata un po' così. Mi sono "rifugiata" qui per svagarmi un po'. Sapevo di andare sul sicuro: come sempre è una boccata d'aria fresca leggerti.
    Sono contenta che tu abbia trovato un'amicizia così. Io ci ho messo un po' più di tempo ma è bello trovarsi così in sintonia con una persona quando meno te lo aspetti. Così simili eppure così diversi, in modo tale da condividere interessi e scoprire sempre cose nuove.
    Mi ha commossa un po' questo post :') ... e mi ha regalato come al solito una sana dose di sorrisi sinceri.
    Grazie ♥

    (Ormai lo sai, ho un debole particolare per questa rubrica ;) E in realtà dovrei recuperare anche con i commenti a qualche altro post... arriverò prima o poi, non temere. Sappi solo che ti seguo sempre con piacere. Baciotto con schiocco! :* )

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    1. Ma grazie cara! :) E' sempre bello sapere di non averti delusa e non preoccuparti per la latitanza! ♥
      So bene che questa è la tua rubrica preferita, ma ci credi che pensavo quasi di chiudere qui la serie? :P Ho cambiato subito idea, però: ho ancora del materiale, e poi finché finisco la tesi sicuramente mi capiteranno altre esperienze sovrannaturali... ;) L'università è un delirio continuo...
      Tanti baci accademici! ♥

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  3. Che tenerezza questo post :-)
    Le battute di Cup-checca sono.. Il pizzico di sale che si mette nelle torte perché non siano troppo nauseanti :-D

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    1. ahahahah sì, il contrasto era d'obbligo! :P Sarebbe stato troppo diabetico...

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